martedì 16 agosto 2022 - Phastidio

Salvador, calciare più in là default e bitcoin

Nell'inutile attesa del bitcoin, il presidente del Salvador tenta di impedire il default usando la moneta fiat dell'odiato FMI, che serve a pagare le importazioni

Nei giorni scorsi, il presidente del Salvador, Nayib Bukele, ha annunciato l’invio al parlamento di due disegni di legge per definire il riacquisto di due emissioni di debito sovrano, in scadenza a gennaio prossimo e nel 2025. Il paese centroamericano ha rilevanti problemi economici, acuiti dalla pandemia. A dirla tutta, sarà una delle molte vittime del contesto economico globale, tra i paesi emergenti. Un contesto fatto di dollaro forte e shock energetico. Ma questo non significa assolvere la sua leadership.

EMERGENZA DEBITO IN SCADENZA

Come forse saprete, Bukele aveva (ha) in testa un’idea meravigliosa: fare del Salvador l’hub mondiale delle criptovalute, qualunque cosa ciò significhi. Per questo motivo, dopo aver reso il bitcoin mezzo legale di pagamento, pressoché ignorato dalla popolazione, aveva in programma di emettere un improbabile cripto-bond.

La cui funzione era quella di sostituire l’eurobond da 800 milioni di dollari in scadenza a gennaio 2023. Personalmente, mi sono sempre chiesto a cosa servisse emettere un debito ibrido del genere, quando gli investitori in criptovalute possono serenamente accedere alla “materia prima” con pochi click, e senza portarsi a casa il rischio sovrano del Salvador. Questo è il punto centrale, o forse unico, di tutta l’ideuzza.

Dopo di che, come saprete, le criptovalute hanno fatto un bello sboom grazie alla stretta attuata dalle loro madri naturali ma disconosciute: le banche centrali. Da cui sono conseguiti fallimenti a catena, takeover di intermediari da parte di altri, crollo della leva finanziaria, cioè dell’indebitamento, per amplificare i guadagni, e le perdite.

UN FUTURO DA CRYPTO-GAMER

A cosa servirà il bitcoin, da qui in avanti? Come ho anticipato mesi addietro, penso diverrà una sorta di warrant sulla propensione al rischio dei mercati, cioè si muoverà in modo amplificato rispetto agli stessi. Sempre che le autorità nazionali non ne ostacolino il cosiddetto “sviluppo”, già franato di suo.

Con buona pace di quelli che spingono alla tesaurizzazione (tenere, qualunque cosa accada, e sperare che tanti latecomer si aggiungano, per far esplodere le quotazioni), un bel destino da gamification è quello che attende le criptovalute, e finita lì.

Ma torniamo al Salvador. Perché ricomprare il debito sovrano di prossima scadenza? E soprattutto, con quali soldi? Ricomprarlo per mostrare di non essere a rischio default, immagino. E farlo a prezzi che, pur se schizzati rispetto a prima dell’annuncio, sono inferiori al nominale.

Benissimo, ma con quali soldi? Qui al momento ci sono ipotesi. Pare che il Salvador chiederà un prestito da 200 milioni di dollari a un prestatore regionale multilaterale. Sempre che li ottenga, ovviamente. Direte voi: ma perché non chiederli al Fondo Monetario Internazionale? Perché il FMI ha criticato il tentativo di bitcoinizzazione, giudicandolo un assai rischioso diversivo, e perché il Fondo rappresenta l’odiato “Washington Consensus” e la longa manus dei gringos.

UN PRODOTTO DELL’ODIATO FMI

Quindi, il solito percorso argentino-venezuelano ammantato di “anticolonialismo”. Pare tuttavia che l’odiato FMI, o meglio un suo prodotto, tornerà utile. Il Salvador ha ricevuto circa 400 milioni di euro di diritti speciali di prelievo, la “moneta” del FMI, che rappresenta un paniere delle maggiori divise globali, e che serve letteralmente per pagarsi le importazioni, in caso di estremo bisogno. Una moneta delle monete fiat, ironia della sorte.

Ora, accade che il Salvador abbia riserve valutarie sufficienti a pagare circa tre mesi di importazioni, il che è una spia rossa accesa con sirena d’allarme assordante. Questo è il caso di scuola in cui si va dal FMI, il quale prescrive di comprimere l’import e di distruggere la domanda interna, attirandosi l’odio della popolazione. Soprattutto, se l’import è fatto di beni di prima necessità.

Quindi, a quanto pare, il presidente del Salvador vuole usare i diritti speciali di prelievo non per pagare le importazioni in caso di urgente necessità bensì per ripagare una parte di un bond di prossima scadenza. Dimenticavo: i due bond, il 2023 e 2025, assommano a 1,6 miliardi di dollari.

Pare quindi che i soldi non bastino, a meno di trovare altre coperture. Al momento, la banca centrale del Salvador non può stampare moneta a beneficio del governo ma mai dire mai. Soprattutto, non è che il rimborso di un bond chiuda il conto. I debiti in scadenza di solito si rinnovano. Di certo, il Salvador ha bisogno di rinnovare il debito, visto che sta finanziando il deficit fiscale con emissione di eurobond, cosa in sé estremamente pericolosa.

EN ATTENDANT IL BITCOIN

Possibile o anche probabile che Bukele tenti di comprare tempo in attesa che il bitcoin torni a risplendere alto nel cielo e consentire l’emissione di quel cripto-bond, come detto privo di senso per qualsiasi investitore, e calciare il dissesto più in là. Mai dire mai ma ho qualche dubbio, anche considerando che a gennaio non manca moltissimo. E comunque no, le rimesse degli emigrati non riescono a colmare il buco.

Sintesi: ennesima crisi di paese emergente, accelerata dall’accumulo di debito in pandemia e dalla forza del dollaro oltre che dallo shock delle materie prime. Con l’aggravante della cripto-fiaba che ritarderà interventi e aumenterà i problemi. Resta sempre la presunta Onlus del mondo, la Cina, a cui Bukele potrà bussare, soprattutto per far dispetto a Washington. Sempre che abbia qualcosa di interessante da offrire in cambio.

Il caso del Salvador verrà consegnato agli archivi della storia (minore) come ennesima variazione sul tema delle crisi di paesi malati di populismo, inclusa la sua variante digitale.




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