lunedì 24 luglio 2023 - Phastidio

Salari reali in calo, crisi della contrattazione nazionale?

Le retribuzioni reali italiane si riducono, che fare? Per prima cosa, non credere che sia a causa di sfruttamento aziendale: i numeri lo escludono. Poi, fare qualche riflessione sulla contrattazione collettiva

 

L’Ocse ha pubblicato il suo Employment Outlook 2023. In pillole, da esso si evince che il mercato del lavoro dei paesi che appartengono all’organizzazione internazionale è rimasto piuttosto “stretto”, anche se l’economia ha rallentato in modo sostanziale dal 2021. L’occupazione ha pienamente recuperato la crisi del Covid-19 e la disoccupazione è ai minimi da inizio anni 70, cosa che rende nervose le banche centrali, anche se al momento non si osservano segni rilevanti di una spirale prezzi-salari, a parte che in Regno Unito.

Il punto dolente di quello che appare un quadro in complesso confortante, visto quello che il mondo sta attraversando da ormai quattro anni, è che i salari reali non hanno tenuto il passo dell’inflazione, cioè si sono ridotti.

OSSERVARE I SALARI MA ANCHE I PROFITTI

Per l’Italia, e questo è il dato sul quale da ieri si stanno esercitando politici e commentatori, il calo dei salari reali medi è stato del 7,3% nell’anno compreso tra il primo trimestre 2023 e il 2022. Guardando il grafico Ocse, abbiamo un’idea di come siamo posizionati. Non benissimo, in effetti.

In Italia, sono iniziate le geremiadi: ci stiamo impoverendo, i contratti collettivi si rinnovano con forte ritardo, serve il salario minimo, eccetera eccetera. Di questo parleremo tra poco. Prima, però, mi preme segnalarvi l’altro grafico pubblicato da Ocse nello stesso documento (e ignorato dalle nostre parti), vale a dire il confronto tra costi unitari del lavoro e profitti unitari nel periodo compreso tra il quarto trimestre 2019 (ultimo prima del Covid) e il primo trimestre 2023. Anche queste sono grandezze reali. Eccolo:

Osserviamo due eclatanti eccezioni (il grafico interattivo è disponibile qui): l’Ungheria potrebbe essere etichettata come “paradiso dei capitalisti”, con profitti a +61% contro salari a +34%. Notare che l’Ungheria è anche in testa alla spiacevole classifica del calo di retribuzioni reali nell’ultimo anno.

Al polo opposto, abbiamo il “paradiso dei lavoratori”, il Portogallo, dove i margini di profitto sono cresciuti meno delle retribuzioni: rispettivamente +8% e +19%. E arriviamo all’Italia: qui, nei quattordici trimestri del periodo osservato, c’è un equilibrio pressoché perfetto: i profitti unitari aumentano in modo molto contenuto, pari all’11%, e i costi unitari del lavoro vanno dietro in modo pressoché coincidente: +10%.

IN ITALIA NESSUNA PREDAZIONE CAPITALISTICA SUL LAVORO

Che cosa ci dice, tutto ciò? Un paio di cose: in primo luogo, che osservare i soli salari reali fornisce solo una faccia della medaglia. Osservare salari e profitti unitari ci dice come sono andati capitale e lavoro, nell’arco di tempo considerato. In Italia c’è stato equilibrio, quindi nessuna “predazione capitalistica” a danno del lavoro. Lo dice l’Ocse, non il sottoscritto. Qualcosa su cui riflettere, voi che dite?

Veniamo alle geremiadi di politica e commentatori sulla perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni. Che esiste, ci mancherebbe. Ma non è il prodotto di sfruttamento capitalistico, dicono i numeri. Riguardo alle lamentazioni più ricorrenti: i contratti collettivi italiani sono rinnovati con ritardi enormi, e la perdita di potere d’acquisto ne è amplificata. Occhio a identificare correttamente causa ed effetto, però. 

Che fare per questa criticità, quindi? Non saprei ma, se fossi temerario, potrei invitare a riflettere circa l’ipotesi di inadeguatezza dell’attuale contrattazione collettiva. In che senso? Nel senso che la dimensione nazionale della contrattazione forse è il problema, data anche la vistosa disomogeneità delle condizioni economiche territoriali e aziendali.

Se il contratto collettivo nazionale deve contemperare esigenze aziendali molto differenti a livello territoriale, facendo ovviamente l’andatura sui soggetti più “arretrati”, è fatale e fisiologico che i tempi si allunghino. Né si può immaginare che la contrattazione integrativa aziendale, dove esiste, possa compensare i ritardi di quella nazionale.

Ecco, quindi, che torna il tema di come gestire le disomogeneità territoriali e aziendali entro la stessa cornice di contrattazione collettiva. I forti e crescenti ritardi nei rinnovi dei contratti nazionali sono una inequivocabile spia di malessere e inadeguatezza dello strumento negoziale prescelto.

DECENTRARE LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Che fare, quindi? A me verrebbe in mente che forse, ma solo forse, servirebbe decentrare la contrattazione collettiva a livello aziendale e territoriale. In tal modo, si otterrebbe maggiore aderenza e reattività della contrattazione agli sviluppi specifici della produttività. Basta questo? Ovviamente no. Serve anche un salario minimo, a sua volta diversificato, che funga da puntello a contrattazione decentrata e tutela dei lavoratori. Da anni continuo a pensare che il salario minimo sia funzionale al decentramento aziendale e territoriale della contrattazione collettiva, e che applicarlo a contratti nazionali crei più problemi di quanti ne risolva.

Ovviamente la mia è solo un’ipotesi di lavoro (letteralmente). Ma forse meno sghemba di quella di chi ritiene che sia in corso una predazione delle aziende a danno dei lavoratori, oppure di quella che crede che ci si possa sollevare da terra tirandosi per il salario minimo, cioè aumentare il costo del lavoro per stimolare gli investimenti in innovazione e produttività. A giudicare dal costo complessivo del lavoro di questo paese, col suo famigerato cuneo fiscale, dovremmo essere il paradiso dell’automazione. No, vero?

Ma ora, vi debbo anche un vaticinio: questo articolo verrà commentato da chi prende singoli casi e li proietta nella stratosfera, more solito, invocando il pollo di Trilussa, il perfetto marcatore del nostro analfabetismo funzionale. Perché noi italiani abbiamo questa granularità estrema di analisi, sapete?

 




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