martedì 29 agosto 2017 - Antonio Gallo

Rischio sismico: fortuna, ragione e prudenza

Ricordo che quando ero studente universitario avevo un caro amico di San Sebastiano al Vesuvio, un Comune dell'area metropolitana di Napoli, proprio alle falde del vulcano. Andavo spesso a casa sua a studiare, senza molta voglia, a dire il vero. Una notte rimasi a dormire da lui. 

 
Insieme nella stessa stanza, non riuscivo a prendere sonno. Franco, questo era il suo nome, mi aveva raccontato che spesso, di notte, quando aveva la testa sul cuscino, gli sembrava di sentire le "viscere" del Vesuvio. Non so se lo diceva per gioco o per farmi paura. Ma io, quella notte, davvero non riuscii a chiudere occhio. 
 
Pensando a quello che costantemente succede non solo nella "pancia" ma nella "spina dorsale" di questo nostro Bel Paese, a quello che è successo a Ischia ed alle tante volte che sono stato in questa incantevole isola verde per fare le terapie termali, alle escursioni fatte in quei luoghi tanto affascinanti quanto misteriosi, mi sono ricordato di quel giovane geologo che, in un folto gruppo di curiosi turisti internazionali, ci portò tra monti e boschi, spiagge con fumarole ed acque fangose bollenti. Tutto sembrava muoversi sotto di noi, nel "ventre" dell’isola. Tutti felici ed ammirati dalla potenza e dal mistero della sua natura. 
 
Il caso ha voluto che, in questi giorni, navigando in Rete e leggendo le varie considerazioni tecniche, politiche e sociologiche scaturite dopo il terremoto, (polemiche che meritano sempre rispetto perchè, purtroppo, ci scappano sempre morti innocenti), mi sono imbattuto in un corsivo scritto da uno giornalista scrittore che si autodefinisce “Rosso Malpelo”. Ve lo ripropongo, è apparso esattamente un anno fa, in occasione di un altro terremoto, quello di Amatrice. 
 
"Rosso Malpelo" non voleva essere uno “iettatore”, nè tanto meno voglio esserlo io oggi che vivo a pochi km dal Vesuvio e che di catastrofi, sia in forma di terremoto che di frane e alluvioni, ne ho vissuto diverse. Desidero solamente far notare che il mio amico Franco ed io, ai piedi del Vulcano, oltre cinquanta anni fa, studiavamo un corso monografico per un esame all’università intitolato: "Fortuna, Ragione e Prudenza nell'Italia del Cinquecento" del prof Mario Santoro. 
 
Tutta gente illustre di allora, gente con gli attributi: Machiavelli, Pontano, Guicciardini ... L’Italia del Cinquecento non era, ovviamente, l’Italia di oggi, ma il “terreno” rimane sempre quello. Lo stesso “genius loci” di oggi. Ricordo che Guicciardini sosteneva che il "prudente" è colui che costruisce argini quando il fiume è in secca. Temo che il “prudente” non faccia parte dello scenario italico. Ecco il corsivo di Paolo Guzzanti, alias “Rosso Malpelo”:
“Che succederebbe se domani il Vesuvio - da settant'anni senza valvole di sfogo - esplodesse con violenza pari a quella della bomba di Hiroshima, come previde l'astrofisica Margherita Hack? Lo spartito sarebbe lo stesso: sorpresa, sdegno, titoli in tutto il mondo. Poi si metterebbero sul rogo i fisici che, non essendo stregoni, non sanno leggere le viscere della Terra. Il fatto è che sul Vesuvio vivono abusivamente decine di migliaia di famiglie che non schiodano nemmeno con le ruspe perché la camorra protegge e traffica insediamenti che non dovrebbero esistere. La catastrofe è in arrivo, manca la data, ma lo schema non è diverso da quello dei terremoti. La verità è che noi italiani, come gli Aztechi, pratichiamo il sacrificio umano. Ma a sorpresa. Il nostro dio degli inferi estrae a sorte un'area in cui credono di vivere quelli che invece sono già moribondi e, a suo capriccio, preme il bottone dello schianto. Le liturgie che seguono sono molto più elaborate del passato perché la scienza va avanti, ma proprio per questo la fine è nota: gli italiani non devono più vivere in edifici che non siano nuovi e antisismici, oppure vecchi ma messi in sicurezza dalle nuove tecnologie di cui parlano gli esperti. E allora, lo Stato salverà la vita degli incauti abitanti del Vesuvio? E strapperà alla morte chi vive in luoghi che sono indicati come bracci della morte? Ogni nuova strage è già annunciata.” (***)
Nella illustre ed antica stirpe della “Itala gente”, credo non ci sia traccia di esemplari umani che possano essere ricondotti a quella a cui si riferiva il Guicciardini. Il “prudente” che costruisce “argini” quando il fiume è in secca, verrebbe sicuramente rinchiuso per malversazioni ed abusi, se non per deficienza mentale. Le catastrofi devono sempre manifestarsi prima che si possa decidere che era una vera e propria catastrofe che poteva capitare. 
 
La sintesi del "genius loci" è proprio questa, tanto per capirci. La “Fortuna” di vivere in un Paese come una vera e propria felice avventura che non può essere messa in discussione. La “Ragione” è quella di abitare in un Paese dove tutti sembrano avere una loro ragione per vivere a proprio modo, comodo e piacere. Il “Prudente”, infine, è colui il quale, se riesce a sopravvivere a se stesso ed agli altri “fortunati” che “ragionano” in questo modo, può davvero ritenersi l’Italiano del terzo millennio.
 



Lasciare un commento