martedì 23 aprile 2019 - Entità astratta

Rischio instabilità in Spagna, e Sanchez (in vantaggio) abbassa la Vox sui migranti

A pochi giorni dal grande dibattito televisivo, per per certi aspetti chiarirà le posizioni dei cinque grandi partiti che si contendono la scena politica spagnola, ci si interroga su quali saranno le strategie sulle politiche immigratorie della Spagna, diventata la porta d'ingresso principale per i migranti dall'Africa, dopo la chiusura dei porti voluta dal ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini. Dopo l'enfasi iniziale, almeno in apparenza e su pressione del partito di estrema destra filo franchista Vox, anche Sanchez sta restringendo il campo d'azione delle Ong. Con ogni probabilità consapevole della vastità del fenomeno da qui ai prossimi decenni.

C’è un faro chiaro che svetta nell’immenso blu che è riparo di specie animali e vegetali rarissime e in via di estinzione, una ventina, sorvegliate e protette da poco più di una dozzina di militari della Marina Militare spagnola che, a turno, ogni 21 giorni, fa da spola tra l’entroterra e l’isola. E’ l’isola di Alboran, poco più di un atollo tra Melilla e Almeria, dal destino sempre più simile alla sua “consorella” Lampedusa. Nel tempo, infatti, da paradiso naturale solitario, l’isola di Alboran è diventata crocevia di vita e di morte, approdo di piccole imbarcazioni, con donne, bambini e uomini a bordo, per lo più di origine subsahariana. Boa di salvataggio naturale di vite alla deriva.

In quella tratta, secondo le stime diffuse del Ministero dell’Interno iberico del 2018, sono transitate 577 imbarcazioni in più rispetto all’anno precedente. Ne consegue che il numero dei migranti irregolari che sono sbarcati sulle coste iberiche è più che raddoppiato, passando da 20.611 a 54.703, e registrando, al contempo, nei primi tre mesi del 2019, un + 94.1 percento sul totale delle accoglienze dell’anno precedente.

Per la Croce Rossa spagnola soccorrere i migranti al largo della “Frontera Sur” è diventato ormai di un compito quotidiano. E sempre più spesso, quando la radio squilla e la Cruz Roja latita, sono i guardiani dell’isola, i militari dell’Armada Española, a partire.

Con l’insediamento di Pedro Sanchez alla Moncloa c’è stata una rottura col passato: c’è stato il ripristino del sistema della sanità universale, che ora garantisce l’assistenza sanitaria gratuita a tutti migranti irregolari; Sanchez ha anche aderito al Global Compact, il patto mondiale Onu sulla migrazione di Marrakech, da dove ha asserito la necessità di sterilizzare la propaganda anti-immigratoria delle destre ultranazionaliste. Ha poi finanziato un piano urbano per l’integrazione, che almeno nelle intenzioni voleva favorire un’integrazione sicura, ordinata e regolare e nel pieno rispetto dei diritti umani.

Quel che temiamo più di ogni cosa, ha una proterva tendenza a succedere realmente” diceva però il filosofo e sociologo tedesco Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, ed è così che le critiche di incapacità a gestire la crisi immigratoria rivolte all’ex premier conservatore Mariano Rajoy (Partito Popolare) oggi, a una manciata di giorni dalle elezioni del 28 aprile, si stanno attenuando, dinanzi alla vacuità dei contenuti e ai tentennamenti sulle prossime politiche immigratorie socialiste.

Lo dimostra il cambio filosofia che il Governo ha lasciato intravedere da gennaio: quando, un po' come Salvini, ha limitando il campo d'azione delle Ong, impedendo alla nave Open Arms di salpare, ufficialmente per mancanza di alcune misure di sicurezza. Stesso discorso per l’alt imposto al peschereccio basco Aita Mari, un "taxi del mare" a cui prima è stato vietato soccorrere profughi nelle acque libiche, e poi di consegnare degli aiuti umanitari all’isola di Lesbo, reo di essere stato autorizzato dalle autorità portoghesi ma non da quelle spagnole. Senza specificare, selfie con Obama a parte, né le intenzioni future del suo Governo, né quali politiche sul mar Mediterraneo adotterà qualora fosse eletto premier. Sanchez è passato dal ritenere le Ong "eroi nazionali", a sgraditi "taxi del mare".

Da qui al 2050 sulle 2.2 miliardi di nascite previste, 1.3 miliardi saranno africane. Appare difficile che le piccole Spagna, Italia o Grecia possano da sole contrastare un fenomeno così vasto.

La Spagna ha in atto una collaborazione con il Marocco molto simile a quella che l’Italia ha con la Libia. Per arginare la pressione migratoria verso le coste andaluse l’Unione Europea ha finanziato un piano da 140 milioni di euro, la metà di quelli concessi a Tripoli, anche se poi il Marocco ha effettuato solo il 17 percento dei salvataggi necessari. Inoltre, lo scorso febbraio, il governo Sanchez ha firmato un accordo che impegnava Rabat ad accogliere i migranti soccorsi dalle sue imbarcazioni all’interno delle acque Sar marocchine, ritenendo i loro dei porti sicuri. In barba a quanto dichiarato dalla Organizzazione Mondiale delle Migrazioni, secondo cui quasi la metà degli immigrati che giunge in Spagna (48 percento) è stata vittima di violenza o abuso, soprattutto in Marocco.

Un basso profilo, a tratti schivo, strategicamente non nuovo per chi, come in passato Mariano Rajoy o José Maria Aznar è dato in vantaggio nei sondaggi, ma dettato anche dalla traumatica sconfitta elettorale alle regionali andaluse, una storica roccaforte della sinistra, dove lo scorso dicembre, per la prima volta nella storia democratica, un esponente della destra è stato eletto presidente dell'Hospital de las Cinco Llagas, grazie ai dodici scranni ottenuti da Vox, partito di estrema destra per la prima volta da quando Francisco Franco non c’è più, ad essere eletto in una giunta regionale.

Anche Vox, come in Italia Salvini usa spesso il termine “taxi del mare” per indicare le Ong. E anche in Spagna, come in Italia, è diffuso il sospetto che le mafie africane approfittino delle imbarcazioni dei volontari umanitari per risparmiare carburante e massimizzare i profitti. 

Al Congreso de los Diputados, la Camera bassa del Parlamento spagnolo, il partito di Santiago Abascal (VOX) potrebbe conquistare 28 seggi, il Partido Popular di Pablo Casado (PP) potrebbe conquistarne 80 (57 in meno rispetto a tre anni fa) e il partito liberal-europeista di Albert Rivera, Ciudadanos, 51 (+19). Per entrambi gli schieramenti la vittoria si gioca sul filo di lana. Biunivoco il Partito Nazionalista Basco (PNV), che dovrebbe conquistare 6 seggi (+1). Comunque pochi per poter essere veramente utili alla causa della coalizione di centrodestra, che con il partito di Andoni Ortuzar arriverebbe a soli 159 deputati. A sedici scranni dalla soglia di galleggiamento.

In queste ore Bruxelles ha espresso preoccupazione per il possibile protrarsi della più grande crisi politica degli ultimi 40 anni. Secondo le proiezioni offerte da “El Pais”, nemmeno Sanchez sarebbe in grado di garantire quella proverbiale stabilità che ha contraddistinto il sistema politico-democratico spagnolo. Il Psoe potrebbe conquistare sì 41 seggi in più rispetto a 3 anni fa, affermandosi come primo partito con 126 deputati. Ma nemmeno i suoi numeri, sommati ai 32 di Unidos Podemos (+20) basterebbero per governare. C’è bisogno dei voti dei partiti regionali, tra cui la Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC). Quella che, piccata dagli sviluppi del processo ai leader indipendentisti catalani, ha negato il suo sostegno alle misure economiche, aprendo al contempo, la crisi all’interno del governo di minoranza post Rajoy.

Foto: La Moncloa - Gobierno de España/Flickr




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