Riforma del lavoro, per Confindustria una boiata pazzesca
La riforma del mercato del lavoro, che Monti vuole approvare entro il vertice europeo di fine mese, non soddisfa nessuno. Elsa Fornero afferma che è il risultato di un difficile compromesso fra esigenze contrapposte. La realtà è che sarà più facile licenziare e questo non creerà alcun posto di lavoro in più
Il numero degli esodati balla oramai da mesi, perché questo governo non è in grado di calcolare quanti effettivamente sono. Ora la responsabile di questo disastro, cioè Elsa Fornero, afferma che ce ne sono 55 mila in più. Per i sindacati non sono ancora tutti ma è già qualcosa che la ministra abbia smentito che siano soltanto quelli “salvati” fino ad ora, cioè 65 mila. Ma le sue brutte figure non sono finite, perché ieri, il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha definito la riforma del lavoro in via di approvazione in Parlamento una «boiata» che deve comunque essere approvata, sperando in qualche correttivo.
I giudizi che provengono da altre parti non sono migliori. Secondo l’associazione che raggruppa i consulenti del lavoro, la riforma non è in grado di incidere positivamente sui problemi più seri che attualmente si presentano sul mercato del lavoro. Ad esempio, il disegno di legge non è in grado di fornire una spinta per la riduzione della disoccupazione giovanile, se non quella che deriva dalla maggiore flessibilità in uscita (eufemismo per non dire “licenziamenti”), che consente alle imprese di sbarazzarsi degli anziani, che costano di più, assumendo giovani precari. La realtà è che l’allungamento dell’età pensionabile fornirebbe, secondo i consulenti del lavoro, una mazzata micidiale al turnover, allungando in modo intollerabile le speranze di un posto di lavoro per le giovani generazioni.
Ma queste sono le contraddizioni insanabili di questo governo, ispirato dall’ideologia di destra (la medesima che caratterizzava il governo Berlusconi e i suoi ministri Tremonti, Brunetta e Sacconi) secondo cui i licenziamenti portano con sé un’espansione delle assunzioni da parte delle imprese. Uno sconclusionato precetto che non solo si scontra con la logica ma anche con i principi della scienza economica e che la stessa OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione economica) ha oramai abbandonato.
Nonostante ciò, Mario Monti è convinto che le istituzioni finanziarie, per venire incontro alla crisi italiana, debbano vedere che il nostro Paese ha approvato la riforma del mercato del lavoro, che, di per sé, non produrrà alcun incentivo alla ripresa economica. L’Unione europea ha già avuto modo di esprimersi positivamente sulle modifiche introdotte all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, anche se, ha affermato, rimane l’incognita dell’interpretazione che ne forniranno i giudici. Se fosse stato per l’attuale governo, la disposizione dell’articolo 18 sarebbe stata del tutto cancellata, dando al nostro sistema la più completa libertà di licenziare, come è accaduto in Spagna con il governo di Mariano Rajoy, con il risultato che in quel Paese il tasso di disoccupazione sta raggiungendo livelli record, senza che la libera licenziabilità abbia prodotto alcun effetto positivo sulle nuove assunzioni.
Secondo Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL, la riforma «va accompagnata da efficaci politiche per la crescita e soprattutto va attuata in modo dinamico negli aspetti più validi come, ad esempio, il contratto di apprendistato e potenziata nei punti più deboli come le politiche attive del lavoro per il reimpiego per i lavoratori in cassa integrazione e disoccupati». Del tutto negativo il giudizio della Cgil, per bocca della responsabile del mercato del lavoro Serena Sorrentino: «l'effetto della mancata riduzione delle disparità, della dualità e delle diseguaglianze nel mercato del lavoro va nel segno di un maggiore conflitto sociale e di un'incertezza della condizione delle persone che non è ciò di cui hanno bisogno i lavoratori, le imprese e gli investitori».