giovedì 13 agosto 2020 - Vincenzo Musacchio

Riforma CSM è uno specchietto per le allodole

Intervista di Lucia De Sanctis

Vincenzo Musacchio, giurista, professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato anche allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.

Cosa ne pensa della riforma del CSM presentata dall’attuale Guardasigilli?

Ad una attenta lettura, non mi pare possa porre fine ai fenomeni degenerativi nel Csm e alle attuali disfunzioni della magistratura. Non intacca affatto le patologie che necessitano di intervento curativo e cioè il correntismo, i rapporti con la politica, il carrierismo, la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Il problema della giustizia resta e resterà sempre un problema di persone e poiché gli umani sbagliano, alla giustizia si dovrebbe chiedere perlomeno di commettere errori il meno possibile.

Sul modello elettorale adottato?

Dopo aver letto la proposta Bonafede mi sono convinto che sia necessario il sorteggio dei membri togati del Csm al quale inizialmente ero contrario. Una prima fase di selezione legata al merito e alla professionalità e poi una seconda fase solo di sorteggio. Il meccanismo elettorale proposto è inadeguato alla soluzione dei problemi che vive la magistratura in questo momento. Non solo non elimina il correntismo ma addirittura lo rafforza favorendo le correnti con maggiori adesioni. Il modello elettorale da solo non è sufficiente. Occorre intervenire introducendo la discrezionalità dell’azione penale, la separazione delle carriere, l’inibizione totale di passaggio dalla magistratura alla politica. Credo queste ultime siano riforme non più prorogabili.

E sul sistema di nomina per gli incarichi direttivi?

Su questo mi sono più volte espresso. Lascerei all’organo di autogoverno la sola funzione disciplinare mentre il conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi lo affiderei a un organo diverso in modo da evitare la corsa correntizia per farsi eleggere. Il compito di nominare procuratori, aggiunti, presidenti e presidenti di sezione, potrebbe, ad esempio, essere assegnato ad una sezione ad hoc della Corte Costituzionale. La rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi, potrebbe essere una valida alternativa.

Lo stop alle "porte girevoli" tra magistratura e politica lo condivide?

La mia idea è sempre stata quella di non ammettere il magistrato che ha svolto incarichi politici nelle funzioni giudicanti e nemmeno in quelle requirenti ma solo, eventualmente, in quelle amministrative. Se fossi un magistrato comunque non scenderei mai in politica neanche dimettendomi. Fare politica, per la mia forma mentis, è incompatibile con le funzioni giudicanti.

Le quote rosa previste dalla riforma la convincono?

Non mi hanno mai convinto in nessun campo. A mio parere sono una offesa alla eccellente preparazione e al valore delle donne in magistratura.

Cosa ne pensa invece del divieto per gli eletti al Csm di concorrere a incarichi direttivi per quattro anni?

In assenza di una vera riforma del CSM e della magistratura potrei essere d’accordo con tale scelta. Qualora, invece, si riformasse seriamente il CSM e la magistratura, la norma mi parrebbe punitiva.

Ultima domanda. Secondo lei alla fine questa riforma si farà?

Negli ultimi decenni si sono succeduti governi di vari colori politici ma tutte le riforme della Giustizia sono rimaste nel cassetto. Questo settore probabilmente è irriformabile! Io credo inoltre che siamo di fronte a una crisi generale delle istituzioni lasciata degenerare in modo che metastatizzasse in tutti i corpi dello Stato (Università, Sanità, Amministrazioni Pubbliche periferiche e centrali, Regioni e chi più ne ha più ne metta). Ne era affetta anche parte della magistratura e oggi tutti noi lo sappiamo grazie ad un trojan.

Foto di Carrie Z da Pixabay 




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