giovedì 12 novembre 2015 - Giovanni Graziano Manca

Ricordando Vic Chesnutt (12 novembre 1964, 25 dicembre 2009)

Vorrei ricordare Vic Chesnutt, straordinario autore di canzoni americano che ci ha lasciati poco meno di sei anni fa, all’età di quarantacinque anni.

Era nato a Jacksonville, Florida, il 12 Novembre del 1964, ed è morto suicida come molti tra i migliori, il giorno di Natale del 2009. Chesnutt è stato musicista, songwriter, chitarrista e stella dell’indie rock statunitense. Paraplegico a seguito di un incidente d’auto occorsogli quando aveva diciannove anni, ha sempre avuto vita non facile tra abusi di alcool e di droghe e la sua condizione di persona affetta da paralisi motoria.

Artista estremamente sensibile e piuttosto prolifico (dal 1990 al 2009 pubblica quattordici album da solista) Chesnutt è stato un autentico poeta e si è distinto rispetto a molti altri cantautori della sua stessa generazione presenti sulla scena americana per la particolare raffinatezza della sua musica e per l’estrema sensibilità dei testi delle canzoni. Dichiarò in un’intervista che molte delle sue liriche costituiscono una sorta di ripensamento della propria infanzia e all’intervistatore che gli chiedeva se vedesse il riesame della propria infanzia e il proprio lavoro compositivo come una specie di terapia psicoanalitica, rispose: 

‘I very much do. My songs are very much a kind of psychoanalysis. I am very introspective in my songs, and I am working through, always.’ [per leggere l’intero articolo si veda: http://www.avclub.com/article/vic-chesnutt-33714 ]

 

Il suo ultimo disco, At the cut, lo ricordo ancora con grande emozione. Usci appena qualche mese prima della sua morte. Mirabile prova discografica, At the cut è un disco che si caratterizza per la delicatezza e l’intimismo delle ballate che vi sono contenute. Le canzoni sono spesso suonate in crescendo e contengono un amalgama tanto singolare quanto azzeccato di arrangiamenti di archi cui si aggiungono di volta in volta il suono vellutato della chitarra con corde di budello, la chitarra elettrica e una voce, quella di Vic, (si ascolti attentamente When the bottom fell out…) a là Yusuf Islam, alias Cat Stevens.

Veramente notevoli gli episodi Chinaberry tree e la jazzata e elegantissima We Hovered with short wings, tutte canzoni moto accurate e vibranti di traboccante emozione, caratterizzate da quel modo così semplice e così diretto che Vic Chesnutt aveva di mettere a nudo se stesso. Chesnutt era molto popolare nel suo paese d’origine. Chi in Italia non lo conoscesse può iniziare ad ascoltarlo a partire da oggi, ma trattandosi di un autore cui si deve la massima considerazione non è mai tardi per farlo in qualsiasi momento con l'attenzione che merita.




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