sabato 24 novembre 2018 - La bottega del Barbieri

"Ribelli di pianura": una storia della Resistenza in Valbossa

Recensione di Gian Marco Martignoni al libro di Alberto Tognola

 

Se «la lotta partigiana contro il nazifascismo fu combattuta da una minoranza estrema, con l’ausilio di parte della popolazione, soprattutto degli operai e dei contadini» come segnala lo storico Franco Giannantoni nell’introduzione al bel libro di Alberto Tognola «Ribelli di pianura» (pag. 64. euro 15 ) bene ha fatto l’autore a ricostruire la memoria degli episodi e dei protagonisti che hanno caratterizzato la Resistenza a Daverio, di cui è stato sindaco per un decennio, e nei paesi confinanti di Azzate, Bodio-Lomnago e Villadosia.

Proprio per la sua conformazione prevalentemente agricola e boschiva quella fascia territoriale facilitò lo stetto collegamento fra i gruppi gappisti del Varesotto e le formazioni di montagna , dislocate nella sponda piemontese del Lago Maggiore, oltre a essere il naturale insediamento di molteplici rifugi sicuri per coloro che erano braccati dalla polizia fascista . O per quei partigiani che dovevano spostarsi prima e dopo le azioni militari. A questo proposito Tognola giustamente evidenzia la costante opera di assistenza e protezione svolta dai parroci di questi paesi, unitamente al ruolo fondamentale di collegamento esercitato in qualità di staffette partigiane dalle donne, a cui ha dato voce e risalto Giuliana Gadola con l’importante ricerca, pubblicata nel 1992 , «Donne nella resistenza in Lombardia». La Gadola era la figlia dell’architetto milanese Ambrogio, che a Bodio disponeva di una villa, e la moglie dell’architetto Filippo Beltrami, che aveva dato vita a una sua formazione partigiana e fu poi insignito della medaglia d’oro per il sacrificio che gli costò la vita, insieme ad altri dodici partigiani, in una battaglia campale a Megolo nel Cusio. A Lomnago risiedeva invece il senatore Piero Puricelli, ingegnere e costruttore dell’autostrada Milano-Varese, che da «abile doppiogiochista» collaborava con i partigiani, in particolare con il nucleo di matrice cattolica guidato da Paolo Crosta. Scoperto dai fascisti riuscì, grazie al sostegno fornitogli nella parrocchia di Bodio da don Cesare Ossola , a raggiungere Gavirate e poi a fuggire in Svizzera con tutti i suoi familiari.

Alberto Tognola tratta ampiamente anche le imprese militari condotte dai partigiani, in particolare l’attacco allo stabilimento Ambrosini di Ternate del 5 agosto 1944, quello del 15 agosto agli hangar della Caproni di Varano Borghi e il 22 ottobre la riuscita penetrazione all’interno dell’areoporto. L’obiettivo di questi attacchi era duplice: compiere azioni di sabotaggio e recuperare armi e munizioni da trasferire in Piemonte, attraverso la rete di sostegno che operava fra Lisanza e Angera. Inoltre Tognola riprende anche i drammatici avvenimenti che hanno contraddistinto la resistenza varesina, a partire dalla morte nella frazione di Loreto di Walter Marcobi “Remo “, per via del «cedimento» del giovane garibaldino Gianfrano Corradi, e la brutale fucilazione di dodici combattenti del gruppo militare autonomo diretto dal capitano “Giacinto Lazzarini ” .Un insieme di episodi passati alla storia come «l’ottobre di sangue varesino» . Con il 25 aprile 1945 il gruppo comandato da Aldo Zanardi costrinse alla resa i carabinieri della caserma di Azzate, mentre a Daverio i rappresentanti de Cnl “processarono” le maestre delle elementari, ree di collaborazionismo per aver denunciato l’ingegnere Pio Bossi, che avendo fatto demolire alcuni simboli fascisti era stato rinchiuso nel carcere dei Miogni. Infine, con una scheda (la numero 4) Tognola documenta come i Comitati di Liberazione Nazionale procedettero alla nomina dei sindaci e degli assessori dopo il 25 aprile, mentre in seguito alle elezioni del 1946 prevalsero soprattutto giunte e sindaci a maggioranza social-comunista. La lettura del libro è piacevolmente completata ed arricchita da alcune opere composte dall ‘artista Vittorio Tavernari e dedicate alla lotta per la libertà, oltre che dal dipinto «Sofia» della madre dell’autore, la pittrice Mariuccia Secol.




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