Report: la collezione di Berlusconi e la fine della sanità pubblica
Il collezionista di Luca Bertazzoni
L’eredità di Berlusconi vale 4-5 miliardi, dopo la morte il controllo è nelle mani dei figli maggiori, la famiglia diventerà titolare del credito nei confronti di Forza Italia, ma sono soldi che non verranno chiesti indietro.
Nel testamento ci sono tre lasciti, al fratello alla Fascina e a Dell’Utri: dell’eredità ottenuta da Berlusconi nessuno ne ha voglia di parlare, i figli hanno chiesto di non pagare le tasse di secessione, usando una legge che lo consente (per chi eredita quote societarie). C’è il patrimonio immobiliare, infine un hangar di fronte alla villa di Arcore che contiene i quadri acquistati da Berlusconi stesso.
Acquisti comprati alle aste notturne che hanno fatto felici i venditori napoletani: voleva diventare il collezionista più grande d’Italia, oggi tutti i quadri sono custoditi in un hangar ad Arcore che contiene 25mila quadri e altri oggetti d’arte.
Molti di questi sono stati comprati da un venditore di Arzano, vicino Napoli: le prime telefonate ricevute furono scambiate per uno scherzo, racconta Giuseppe De Gregorio, il titolare della casa d’aste, ma poi è nato un rapporto di amicizia e di affari andato avanti per tre anni.
Quando a Napoli si sparse la voce che Berlusconi comprava opere, spuntarono tanti televenditori e galleristi più o meno improvvisati.
A volte, racconta un gallerista, Berlusconi prenotava tutte le opere presentate durante una televendita, spendendo da 20 a 30 mila a serata.
Quadri che poi Berlusconi voleva far periziare a Sgarbi, ma erano perizie impossibili: il cavaliere chiese aiuto all’ora al televenditore Lucas Vianini, che si insediò per due anni a Villa Gernetto. Nell’hangar di Arcore Vianini iniziò a catalogare tutte le opere: dal Napoleone in trionfo, l’amore per le sue città preferite da Parigi a Napoli. Berlusconi era felice quando introduceva i suoi ospiti in questo hangar, che è costato a Berlusconi 20 ml, “poteva fare una raccolta di 100 quadri bellissimi”.
Invece si è accontentato da tante imitazioni prese in un momento di bulimia notturna: Sgarbi racconta che ad un certo punto si è accorto che Berlusconi era stato circuito da questi venditori, tanto da parlarne coi figli.
Ora anche l’hangar finirà nelle mani dei figli: 25 mila croste dichiarate le chiama Sgarbi.
La stiamo perdendo! di Claudia Di Pasquale
Lo scorso anno il presidente Fontana e l’assessore Moratti hanno inaugurato in Lombardia diverse case di comunità: Report aveva dedicato un servizio a queste strutture, scoprendo che spesso erano vuote, senza medici, con la guardia medica che non sempre era presente.
A Borgo Palazzo, ad esempio in provincia di Bergamo: i medici di continuità assistenziale presenti nella struttura non sono in grado di coprire tutti i turni, si parla di un medico che deve coprire 200 mila pazienti.
Dovrebbero essere in 220 i medici, uno ogni 5000 abitanti, invece sono molti meno, esponendoli anche a rischi legali che molti di loro non vogliono affrontare.
Arriveranno ora 2 miliardi dal PNRR dedicati alle case di comunità, anche le Hub, quelle aperte 24 ore al giorno: la Lombardia è quella che ne ha inaugurate di più, ma capire qual è la situazione è difficile, perché l’assessore Bertolaso ha mandato un sms alle ASST, invitando a non dare informazioni a Report, sapendo che stava preparando un’inchiesta.
Report, nel passato servizio sulle case di comunità, aveva scoperto che i medici non erano presenti nelle strutture, facendo venire meno la funzione per cui sono previste: oggi hanno smesso di inaugurarle queste case. Cosa è cambiato in un anno?
A Zanica niente medici, lo stesso a Zogno e a Soriate: a Dalmine è stata aperta una casa di comunità, ma anche qui nessuno risponde al citofono della guardia medica.
Chiamando al numero unico 116117, rispondono che non c’è servizio da nessuna parte nella zona: a Bergamo non c’è presidio medico la notte.
In Val Brembana, il sindaco di San Pellegrino si è lamentato di non sapere i turni della guardie mediche: ci sono sedi di guardia medica che sono state aperte per pochi giorni al mese, oggi si pensa di tagliarle ancora e di ricorrere alle televisite.
Alla ATS di Bergamo non hanno voglia di rispondere alle domande di Report: rivolgetevi all’ufficio di comunicazione risponde il DG della ATS.
E dunque come la mettiamo con le inaugurazioni delle case di comunità? Quella di Ponte San Pietro è stata aperta dove c’erano già servizi, hanno creato nuovi ambienti per certificare che fosse una casa di comunità, ma il punto prelievi è al buio e il punto infermieristico è chiuso.
Tutto chiuso, tutto materiale nuovo, ma mancano i requisiti per essere accreditato come presidio: ma a Ponte San Pietro c’è il policlinico del gruppo San Donato, sempre il San Donato ha aperto l’ambulatorio ad accesso diretto, impropriamente chiamato pronto soccorso perché si occupa solo di casi lievi: l’accesso diretto, senza fila, costa però 149 euro.
La giornalista di Report ha raccolto la testimonianza di Stefania Popi: nel 2022 il padre inizia a sentirsi male, febbre, tosse stizzosa, sensazione di soffocare, inappetenza, un peggioramento generale. Per capire cosa avesse il medico di base ha prescritto più volte il ricovero in ospedale e Stefania ha portato più volte il padre al Pronto Soccorso, ma non è mai riuscita a farlo ricoverare.
L’Humanitas per più volte ha rifiutato il ricovero, e così alla fine hanno deciso di farlo ricoverare a pagamento, sempre in Humanitas: in cinque giorni hanno finalmente scoperto finalmente cosa avesse il padre. Aveva una endocardite, una brutta infezione che doveva essere necessariamente curata in ospedale per tanto tempo. I 5 giorni di ricovero a pagamento sono costati 13 mila euro alla signora Popi: non potendosi permettere altri giorni in ospedale, Stefania fa dimettere il padre e lo riporta al pronto soccorso dell’Humanitas per farlo finalmente accedere al servizio sanitario pubblico.
Per spostare il padre ha dovuto pagare l’ambulanza, pagando altri 120 euro, per farlo scendere al primo piano e percorrere pochi metri fino al pronto soccorso.
Intanto a Milano Bertolaso annuncia l’aumento delle guardie mediche: peccato che questi ambulatori chiudano al massimo a mezzanotte. In via Monreale, nella ex sede del consultorio ne è stata aperta una: i lavori di ristrutturazione sono costati 1 ml, realizzando postazioni per CUP e per le funzioni di scelta e revoca.
Ma andando al CUP si scopre che qui è tutto chiuso, la guardia medica attivata l’estate è a scartamento ridotto, la domenica fino alle 21. Di fronte alla casa di comunità c’è la clinica San Siro del gruppo San Donato dove basta pagare e c’ è tutto. Report ha intervistato la signora Maria Luisa che era incinta e il Ssn non era in grado di offrirle una visita ginecologica, con la motivazione di una lista chiusa, bloccata, non prenotabile. Nemmeno al San Raffaele (sempre san Donato), dove però a pagamento si sceglie anche la tariffa.
Altra inaugurazione a Crema, questo gennaio: manca ascensore, parcheggio, ma va bene così: la sede a Crema è ancora nel mezzo dei lavori di ristrutturazione, che finiranno nel 2024, ma l’inaugurazione è stata fatta lo stesso. Come anche a Casal Maggiore, dove la casa di comunità non è aperta sette giorni su sette e dove mancano i medici.
La Corte dei Conti regionale nel rapporto dice che su 89 case di comunità solo 19 avevano il pediatra e meno della metà i medici di base.
L’assessore risponde che dipende da come uno vuole vedere le cose: le case sono state inaugurate dove erano presenti già strutture ambulatoriali.
Oppure sono case di comunità aperte in una struttura privata, si paga l’affitto al privato, ma in via temporanea: è quello che è successo a Baggio o a Soresina.
E che dice il presidente Fontana?
Alle domande di Report nemmeno lui risponde: 51 case di comunità inaugurate, anche quella di Soncino dove è stato inaugurato un ospedale di comunità dal ministro Giorgetti e dall’onorevole Comaroli.
Ma Comaroli è a capo di una fondazione che prende soldi dalla ASST per gestire la casa di comunità: è questo il futuro delle case di comunità, ovvero essere gestite da privati, magari legati alla politica regionale?
La deputata Comaroli racconta che non paga l’affitto al comune, per usare le strutture dove svolge le sue funzioni: il marito della Comaroli è vicesindaco del comune di Soncino, amministrato da Forza Italia, che ha concesso questa concessione per 30 anni alla deputata…
Sembra un feudo elettorale - il commento di Claudia di Pasquale: anziché potenziare il pubblico, anziché prendere nuovi medici, oggi si usa la scusa della mancanza del pubblico per colmarla col privato. Che gestisce gli ospedali di comunità, che prenderà i soldi del PNRR che la stessa politica dovrà decidere dove mettere questi fondi.
La previsione di spesa sanitaria è in diminuzione rispetto al PIL: dal 6,2 arriveremo al 6,1% nel 2026, la Germania investe circa l’11%. I numeri sono questi e parlano chiaro.
Ma si parla già di ridurre ospedali e case di comunità: rimarranno solo pronto soccorsi a pagamento?
In Liguria la situazione è ancora peggiore: il territorio è vasto e montuoso e la chiusura degli ospedali e dei presidi costringe i malati a muoversi per le cure.
Ad Albenga c’è sempre stato un ospedale con pronto soccorso, oggi è tutto chiuso, dentro trovi senza tetto, criminalità.
È stato venduto negli anni 2000 dall’imprenditore Nucera, oggi è sotto la tutela di un curatore fallimentare: la regione aveva deciso di costruire un ospedale moderno vicino l’aeroporto, costato 152 ml di euro. Fu inaugurato da Burlando, ma costruito dal centro destra che poi però ha iniziato subito a demolirlo: il nuovo ospedale è stato chiuso, la gestione dei reparti è stata affidata a dei privati, altri reparti sono stati chiusi.
Potrebbero esserci 200 posti letto ma ce ne sono 70: l’assessore ligure racconta che si pensa di affidarlo a dei privati, “lei vede i privati come fossero dei demoni” si difende l’assessore.
Anche qui, come in Lombardia, la politica sta facendo passare l’idea che sia normale che il privato colmi le lacune del pubblico, volute dalla politica.
I caso gravi da Albenga vengono spostati per 15 km fino all’ospedale Santa Corona a Pietra Ligure: al pronto soccorso le barelle affollano il corridoio, e si viene invitati ad andare nella casa della salute che dovrebbe essere aperte tutti i giorni. Ma in realtà sono vuote: la regione non dà più contributi alla casa della salute di Albenga, col risultato che deve rimanere chiusa.
La situazione più critica è quella di Savona dove c’è solo un punto nascita, tanto che partorienti devono far nascere i bambini in autostrada. Tutto normale per l’assessore, che a Report spiega che costruiranno nuove strutture per ginecologia solo quando avranno mezzi.
La signora Sabrina ha subito sulla sua pelle i tagli alla sanità: il padre ha il morbo di Crohn, una grave infiammazione cronica dell’intestino, veniva curato ad Albenga, poi a Pietra Ligure e poi è dovuto andare fino a Savona, a un’ora di macchina, due e mezzo se c’è traffico.
Il sindacato ha denunciato le lunghe d’attesa: 220 giorni per una colonscopia, 170 per una tac all’addome. L’assessore risponde a Report che i cittadini liguri non sono privati dei servizi, dando la colpa al covid. Ma sono i cittadini, che devono aspettare un anno per una visita per un’ernia, a pagare questi tagli: la regione Liguria è all’ultimo posto per il recupero degli interventi post covid, nonostante la regione abbia ricevuto dallo Stato un finanziamento da 13 ml di euro, per ridurre le liste di attesa.
In Liguria chi può, si sposta di regione per curarsi: per la mobilità extra territoriale la regione spende 52 ml di euro.
A La Spezia l’ospedale Sant’Andrea serve una comunità vasta di pazienti: Report ha mostrato lo stato di alcune sale, ammuffite dall’umidità.
Il reparto di neurologia ha delle crepe ma è tutto l’ospedale che non sta bene: la regione assicura che stanno facendo manutenzione, in modo rattoppato e aggiunge che costruiranno un nuovo ospedale fuori la città: del nuovo Felettino se ne parla dal 1993, sono state posate tante prime pietre, l’ultima quella di Toti nel 2016. L’appalto è stato aggiudicato dalla ditta Pessina, che però si è subito fermata nei lavori: la loro proposta di variante è stata bocciata dalla regione, che oggi è in causa col costruttore, chiedendo dei danni.
Il nuovo ospedale, con un nuovo bando, ha un costo superiore a quello vecchio per quasi 100 ml (264 ml, rispetto ai 177 del vecchio progetto): chi ha vinto il bando si prenderà anche il servizio, che verrà pagato dall’ATS.
La società che ha vinto l’appalto è sotto indagine a Trento: ma all’assessorato sono tranquilli, ci penserà la magistratura.
A Genova c’è l’ospedale Galliera: il pronto soccorso è affollato, perché da 1800 posti letto si è passati a 413 posti. Ci sono padiglioni che sono stati trasformati in ambulatori per attività di intramoenia. Anche qui si parla del nuovo Galliera, che prenderà il posto del padiglione C: i posti letto sono 404, ma si teme che qui apriranno servizi privati, centri commerciali, appartamenti.
Nel frattempo il costo del nuovo Galliera è aumentato, non ci sono soldi per fare manutenzione al vecchio Galliera.
Nella val Polcevera doveva nascere il nuovo ospedale di vallata, ma alla fine qui si realizzerà un nuovo polo della logistica: per realizzare un ospedale che non si farà sono state chiuse delle strutture.
Si parla anche di un nuovo ospedale sulla collina degli Erzeni: ma quell’area è oggi usata come area di parcheggio dei furgoni e dei container della società di logistica che era interessata al progetto.
A Rapallo hanno inaugurato un nuovo ospedale: il pronto soccorso è chiuso perché, rispondono dall’assessorato, non serve per l’ospedale.
Senza le risorse si rischia di fare la fine di Napoleone – spiega l’assessore: ma le risorse del PNRR non basteranno a soddisfare le richieste dei cittadini. Perché come in Lombardia, anche in Liguria, mancano medici e infermieri, ma nel piano regionale non si parla di questo problema.
La scusa perfetta è sempre la stessa, manca il personale: ma la colpa è sempre degli stessi politici in regione e a Roma, che non vogliono investire nella sanità pubblica.
I fondi del PNRR verranno spesi per progetti vecchi e costosi, come il Galliera a Genova o il nuovo ospedale a La Spezia.
A Bordighera c’è solo un punto di primo intervento: qui Adriano e Laura si sono rivolti per un problema della madre, che il medico dell’ospedale ha diagnosticato come problema gastro intestinale. Ma dopo pochi giorni la signora muore.
Il medico si stava specializzando in urologia, la norma consente che ci siano specializzandi nel punto di primo intervento: la signora ha ricevuto solo un elettrocardiogramma, servivano altri esami e i figli hanno fatto causa.
Il punto è preso in gestione da una società privata che fa capo al gruppo Sansavini: sarà la magistratura a far luce su quanto successo.
L’erosione del servizio pubblico parte da lontano, da De Lorenzo, alla Bindi fino alle chiusure degli ospedali nata con la riforma Lorenzin: oggi il governo ha di fronte due scelte, o finanziare il taglio all’Irpef o finanziare la sanità pubblica, cosa sceglierà?