lunedì 22 maggio 2017 - Aldo Funicelli

Report, anteprima puntata 22 maggio: gli effetti collaterali delle guerre cibernetiche (e il Mose e il tracciamento nella vita quotidiana)

I rischi per i virus informatici, come siamo tracciati e monitorati nella vita quotidiana (anche quando pensiamo di non esserlo) e un aggiornamento sulla vicenda Mose.

Prima però, la pagina dedicata all'alimentazione: ad “Indovina chi viene a cena” Sabrina Giannini parlerà dei prodotti industriali con aromi ed addensanti fatti passare invece come “artigianali” (per esempio i gelati). Una specie di truffa (e concorrenza sleale a chi fa veramente il gelato artigianale), ma tutto a norma di legge.
 
Gli effetti collaterali delle guerre cibernetiche
Scordatevi le guerre combattute coi carri armati e con gli eserciti di soldati in carne e ossa.
Le guerre moderne si combattono con altri strumenti e, peggio ancora, nemmeno si dichiarano più con dichiarazioni ufficiali alle ambasciate.
Sono guerre combattute a colpi di attacchi informatici, a colpi di fakenews, notizie false sparate in rete per screditare il leader (o aziende strategiche) di un paese avversario.
Le multinazionali affrontano i concorrenti rubando loro le informazioni e i brevetti.
 
Siamo vulnerabili quando andiamo siamo connessi alla rete e usiamo software non aggiornato o sistemi operativi non aggiornati: due settimane fa gli attacchi informatici agli ospedali inglesi dal virus Wannacry, che ne ha bloccato l'attività, hanno dimostrato quanto siano concreati questi rischi. Ma siamo vulnerabili anche quando usiamo strumenti, nella vita quotidiana, che sono collegati alla rete. Come la nostra web camera o la nostra lavatrice: nel caso di Wannacry, il virus ha sfruttato una vulnerabilità nota di Windows, scoperta dalla NSA (e per cui Microsoft aveva già messo sul mercato la patch) e tenuta segreta per essere sfruttata per spiare le persone.
 
La scheda del servizio: Voglio piangere, di Giuliano Marrucci (qui il promo)
Tutti i file sequestrati e la richiesta di pagare 300 dollari per il riscatto. È il ricatto subìto da oltre 370.000 tra enti pubblici, aziende e privati di 150 paesi i cui computer sono stati infettati nei giorni scorsi dal ransomware WannaCry. È un programma ostile con cui i cyber criminali hanno bloccato l'operatività di fabbriche, università e ospedali. Hanno potuto sfruttare una vulnerabilità di Windows che era stata già scoperta dalla Nsa, la National Security Agency statunitense, e che le era stata “soffiata” e messa all’asta sul mercato nero online. Giuliano Marrucci è andato in America a intervistare il guru della sicurezza informatica Bruce Schneier, che denuncia come proprio la Nsa renda internet meno sicuro: quando scopre una vulnerabilità di sistema, invece di avvertire Microsoft o gli altri produttori perché riparino il “buco” preferisce tenerlo segreto, per poterlo usare lei stessa strategicamente. Così tuttavia i varchi nella sicurezza rimangono aperti ed è solo questione di tempo perché si ritorcano contro di noi, utenti ignari della rete. Sono i danni collaterali delle guerre cibernetiche, che si combattono a nostra insaputa tra hacker di stato anche a colpi di notizie false su Facebook e Twitter ma, come vedremo, possono colpire anche attraverso la violazione del software della nostra lavatrice o telecamera “intelligente”. Un viaggio tra Russia e Stati Uniti per verificare chi è all’origine della pandemia di notizie false sui social e quale ne è l’impatto, tra propaganda e realtà.
 
Come tracciano le nostre abitudini
 
Il servizio di Giorgio Mottola parte da Londra, da un esperimento di Peter Warren, direttore di Future intelligence: veniva dato l'accesso ad un hot spot wifi, in una zona pubblica, a patto che venga ceduto al fornitore il primogenito.
In 6 avevano accettato la clausola dell'accordo: a testimonianza del fatto che nessuno legge le clausole prima di accettare un contratto.
PErché non si fanno clausole in pochi punti, semplici e comprensibili – si chiedeva il direttore Warren?
Perché l'obiettivo delle società di servizio è la caccia ai tuoi dati.
Come quando passeggi per una delle stazioni di Trenitalia e pensi di essere scollegato dalla rete e invece sei profilato da una webcam che ti osserva in cima ad un cartellone pubblicitario.
L'ingegnere informatico G. Pellerano ha scoperto come i cartelloni delle stazioni, dotati di telecamera, sono in grado di profilare gli utenti che si soffermano ad osservare le pubblicità.
Dove finiscono questi dati? Ad una società di pubblicità che dal profilo (sei maschio e hai trent'anni) ti propone una pubblicità di rasoi da barba..
Dal 2014 Trenitalia ha firmato un accordo con Quividi, società francese ma fondata da un italiano: il loro sw è in grado di riconoscere l'età delle persone, l'umore, per dare la pubblicità migliore.
 
Quando navighiamo siamo invece tracciati coi cookies: con questi strumenti chi gestisce un sito sa cosa guardiamo e cosa ci interessa. E' obbligatorio segnalarlo, per legge, ma se noi non li accettiamo, questi strumenti tracciano la nostra attività lo stesso.
 
Tutto regolare, almeno per la legge: ma sono i nostri dati ed è bene che questi non siano usati per scopi fraudolenti (o per discriminarci senza che ne siamo consapevoli). Succede ogni giorno, quando accediamo ad un sito, quando postiamo qualcosa sui social ..
 
La scheda del servizio: Sorvegliati speciali di Giorgio Mottola (qui una anticipazione)
Avete presente il film “Minority Report” del 2002, con Tom Cruise che cammina in un centro commerciale e i monitor pubblicitari che lo riconoscono e lo bombardano di pubblicità personalizzata? Sembrava fantascienza invece ormai ci siamo. Anche nelle nostre stazioni e aeroporti, per strada o davanti alle vetrine, si può già notare il piccolo occhio di una telecamera appena sopra il monitor pubblicitario. Ci stanno osservando mentre guardiamo l’annuncio e provano a capire dalle nostre reazioni quali potrebbero essere i nostri gusti. Lo chiamano data mining e vuol dire che dovunque ti giri c’è qualcuno che cerca di sapere i fatti tuoi per venderti qualcosa. I dati sono il petrolio della nostra era, moltiplicano i profitti delle aziende che li possiedono e tutti ne sono alla ricerca. Le applicazioni sono gratis, l’uso dei social è gratis solo perché il prodotto siamo diventati noi, con le nostre informazioni personali che lasciamo in giro sul web, nei profili social e mentre usiamo i nostri smartphone. Le compagnie che si occupano di dati sono in grado di elaborare un profilo psicologico di qualunque utente e adoperarlo per venderci mutui, viaggi, automobili o qualsiasi altro prodotto. Compreso un candidato per le elezioni politiche. Ma la profilazione ha ormai superato le barriere del mondo virtuale di internet. Se qualsiasi società può accedere liberamente alle nostre informazioni personali, in alcuni casi la vita può trasformarsi in un inferno. È quello che è successo ad alcune persone il cui nome è finito su World Check, il database di soggetti a rischio più grande del mondo di proprietà dell’agenzia di stampa Thomson Reuters. Contestualmente alla messa in onda renderemo disponibile online un sito realizzato ad hoc per analizzare come, da chi e quanto sono profilati gli utenti dei siti più diffusi in Italia.
 
In alto mare di Luca Chianca
 
Il Mose, quel mose degli scandali, dei sopra costi, delle mazzette, del controllore assente, non bloccherà l'acqua alta a San Marco (qui l'Espresso in un articolo dove si parlava dei rischi della struttura).
E allora per cosa abbiamo speso a fare 5 miliardi di euro?
 
La scheda del servizio: In alto mare (qui una anticipazione)

 

Report torna a occuparsi del Mose che sta per "Modulo sperimentale elettromeccanico", ovvero il sistema di 79 paratoie mobili sommerse che in caso di acqua alta eccezionale dovrebbero sollevarsi per proteggere Venezia. Quando lo finiscono? E funzionerà? Come stanno andando le cose, a tre anni dall'indagine della Procura di Venezia che nel 2014 scoperchiò un sistema di corruzione, travolgendo controllori, controllati, politica locale e nazionale? Lo Stato finora ha speso 5 miliardi e 493 milioni di euro per un'opera che secondo le promesse sarà consegnata solo nel 2021, con una decina di anni di ritardo sui tempi stabiliti. Ma già oggi ci sono problemi e l'esperimento rischia di costare al contribuente una fortuna in manutenzione: dai 30 ai 100 milioni l'anno, perché il progetto prevede che ognuna delle 79 paratoie venga tirata su dall'acqua, portata all'Arsenale, ridipinta e rituffata in laguna. Non si sa nemmeno chi gestirà il Mose e il progetto nasce sbagliato perché piazza San Marco, dopo tutti i soldi spesi, andrà comunque sempre sott'acqua.



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