venerdì 21 ottobre 2022 - Phastidio

Regno Unito, malato (cronico) d’Europa

In controtendenza rispetto ai paesi sviluppati, aumentano i britannici inattivi, soprattutto a causa di patologie croniche. Un problema di offerta ma in primo luogo di sistema-paese

 

La forza lavoro britannica ha un problema serio. O meglio, il problema risiede fuori dalla forza lavoro, cioè negli inattivi. Le persone che non lavorano né cercano lavoro anche se si trovano in età lavorativa. È una tendenza che mette il Regno Unito in posizione deviante rispetto al resto dei paesi sviluppati. Un vero shock avverso dal lato dell’offerta che, assieme alle limitazioni all’immigrazione conseguenti alla Brexit, rappresenta un problema per la tendenza di fondo dell’inflazione salariale.

Ma forse è anche (o soprattutto) un problema di politiche sanitarie, che concorrono alla forza di una comunità o sono alla base delle sue fragilità. Come spiega un articolo di John Burn-Murdoch sul Financial Times, il Covid in Regno Unito ha interrotto e invertito una tendenza di lungo periodo alla riduzione dell’inattività.

inactivity

INATTIVI IN CRESCITA, CAUSA PATOLOGIE CRONICHE

Una tendenza del passato: tra gennaio 2015 e gennaio 2020, l’incidenza dell’inattività economica ha segnato una riduzione pressoché lineare. Secondo l’autore, se tale tendenza fosse stata proiettata ai giorni nostri, oggi ci sarebbero 8,3 milioni di inattivi britannici. Il numero effettivo è invece di circa 8,9 milioni.

Di questi, poco meno di mezzo milione sono gli inattivi in età lavorativa, che danno al Regno Unito il non piacevole primato di essere l’unico paese sviluppato al mondo dove la quota di inattivi in età lavorativa (15-64 anni) non è rientrata nella tendenza calante di lungo periodo dopo l’iniziale shock pandemico.

Secondo uno studio preliminare di due economisti della Bank of England, il tasso di malattie croniche è aumentato di circa lo 0,5% annuo negli ultimi 25 anni, e all’inizio della pandemia 6,4 milioni di persone in età lavorativa si definivano malati cronici. Quel numero è cresciuto del 5% durante la pandemia, con un aumento di 450 mila unità. Di essi, 400 mila sono malati cronici.

All’interno di quest’ultima categoria, il numero di inattivi che non vogliono un lavoro è aumentato da 2,26 milioni del quarto trimestre 2019 a 2,7 milioni di persone nel primo trimestre di quest’anno, portando nel periodo l’incidenza sul totale degli inattivi che non vogliono un lavoro dal 34% al 38%.

uk labour force survey q1 2022

Fonte

DOLORE FISICO E MENTALE

Perché? Analizzando la UK Labour Force Survey, l’autore scopre che il numero di britannici resi inattivi da dolore cronico è aumentato di duecentomila unità (metà del totale da patologie) negli ultimi due anni rispetto al trend precedente. La seconda causa di inattività è legata a condizioni di salute mentale, che spiegherebbe un ulteriore 40% dell’inattività per condizioni croniche.

Spesso, le patologie fisiche e quelle mentali sono associate o in qualche modo correlate. Anche in conseguenza di ciò, il numero di persone in età lavorativa che segnala di soffrire di condizioni patologiche multiple, che era declinante sino alla pandemia, è aumentato di 735 mila unità in soli due anni.

A cosa si deve questa situazione? Mentre non ci sono ancora evidenze che la mettano in relazione diretta o indiretta col Covid, si può intuire che il problema sta anche e forse soprattutto nell’indebolimento delle strutture sanitarie, che dal Covid sono state travolte.

Il governo Truss, così focalizzato su politiche offertiste anche dal lato del lavoro, dovrebbe comprendere che il paese ha un problema molto grave in queste forme di cronicità che tagliano l’offerta di lavoro, e che di conseguenza serve investire sul sistema sanitario, per prevenzione e cura.

UN PROBLEMA DI SUPPLY SIDE

Se, per contro, prevarrà la pulsione distruttiva a tagliare la spesa sanitaria per concorrere a coprire i tagli d’imposta che hanno fatto tremare i mercati finanziari (non è affatto finita, a proposito), il problema è destinato ad aggravarsi. E con esso, detta in modo forse arido, la pressione inflazionistica, visto che stavamo parlando di strozzature dal lato dell’offerta. Avere un tasso di disoccupazione in calo in conseguenza di un aumento degli inattivi non è esattamente qualcosa di cui menar vanto.

Ma, dopo aver visto all’opera Truss e letto qualcosa del libercolo che ha scritto una decina di anni addietro assieme ad alcuni colleghi Tory tra cui lo stesso Kwasi Kwarteng (oltre a questa demolitoria recensione, lo ammetto), mi viene il sospetto che la risposta potrebbe essere centrata sul concetto di “pigrizia” e “simulazione” da parte degli inattivi. L’esperimento britannico continua. Soprattutto, a essere destinato a finire male.

Photo by Francis Tyers – CC BY-SA 3.0




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