domenica 5 luglio 2015 - Antonio Moscato

Referendum in Grecia. L’internazionale del terrorismo (mediatico)

C’è una straordinaria unanimità dei giornali e delle tv, in Italia e in tutta l’Europa.

Tutti d’accordo nel creare il terrore, evocando scenari tremendi nel caso di un voto greco sgradito, di un voto per il NO. Perfino “il Fatto Quotidiano” oggi presenta come un atto di intemperanza e di maleducazione di Varoufakis l’accusa agli organi di informazione (in Grecia e in Europa) di avere completamente inventata la “notizia” di un imminente prelievo forzato del 30% sui depositi bancari anche minimi (a partire da 8.000 euro!).

In questo quadro si collocava l’accusa fondatissima di terrorismo rivolta dal ministro dell’economia greco ai creditori, tanto più che proprio loro avevano respinto come inaccettabile la proposta del governo Tsipras di una modesta tassazione del 12% sui redditi superiori a 500.000 euro! Inutile dire che, come sempre da cinque mesi, Varoufakis viene citato costantemente per l’abbigliamento casual definito non si sa perché “stravagante”, e non per i titoli acquisiti in molte università di diversi continenti, a differenza dei piccoli trafficanti semianalfabeti che gestiscono le finanze europee.

Non hanno certo particolari titoli Juncker o Diijsselbloem, ma non gli servono, la loro funzione è solo quella di lacché del grande capitale, neppure di cocchieri. Risultato: pochissimi italiani o europei sanno che Varoufakis non è un pericoloso estremista, ma un ex consigliere del socialdemocratico Papandreu, che è per giunta il più moderato della compagine di governo, ed è ragionevolmente criticato dalla sinistra di Syriza per questo.

Spudoratamente tutti gli organi di stampa hanno seguito le veline antireferendum con poche varianti (“il Fatto quotidiano” ad esempio si è collocato oggi su una posizione analoga a quella del KKE considerando ugualmente dannose la vittoria del NO e del SI). Spesso i quotidiani ricorrono a pezzi di colore sui pensionati in pianto, come se non piangessero da anni per i tagli imposti “dall’Europa”, o a foto d’archivio che non c’entrano niente con quel che sta accadendo.

Colmo dei colmi, spesso accusano il governo Tsipras di non aver tassato gli armatori, che in effetti da decenni sono totalmente esenti con norma inserita nella Costituzione, e che quindi richiede una delicata procedura per eliminarla.

È nel programma del governo Tsipras, ma non sarà facile, dato che praticamente tutti i quotidiani e le TV in Grecia sono di proprietà di questo o quell’armatore… Solo “il Manifesto” ha dato nelle ultime settimane un’informazione abbastanza corretta, pur avendo colpevolmente taciuto sul dibattito interno a Syriza, e sulle critiche della sua sinistra alle esitazioni del governo e agli inopportuni annunci di un accordo ormai “quasi raggiunto” che si sono ripetuti per cinque mesi, facilitando l’offensiva degli avversari europei e interni.

Ma non ha perso il vizio di abbellire le posizioni fumose e inconsistenti della burocrazia sindacale, presentate oggi con questo titolo menzognero: “I sindacati europei si schierano per il NO”. Bastava leggere l’articolo per capire che il titolo valeva solo per alcune organizzazioni sindacali alternative (come il sindacato dei servizi tedeschi ver.di) e non certo per i tanti sindacati paragovernativi che si limitavano come sempre al cerchiobottismo.

Fassina rimprovera all’immonda nuova versione de “l’Unità” di essersi schierata attivamente contro il referendum e propone che la nuova direzione (a partire dal direttore, che tanto per cambiare è stato allevato nella scuderia del “Manifesto” e se ne vanta, tirando in ballo il povero Pintor) tolga la scritta in prima pagina: “fondato da Antonio Gramsci”.

Ma anche “il manifesto” che ogni giorno continua a piangere e a chiedere il sostegno economico dei lettori, potrebbe logicamente togliere l’insegna “quotidiano comunista”, soprattutto quando in un periodo drammatico come questo riesce a sprecare 12 pagine a colori ieri e 8 oggi (Aliasvdel sabato e della domenica) per parlare come al solito del nulla.

Come se l’informazione politica (ma anche culturale) sulla Grecia fosse sovrabbondante…

 

Foto: Denis Bocquet under a Creative Commons Licence




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