martedì 6 dicembre 2016 - enzo sanna

Referendum | Renzi KO, renzismo OK?

Era il 3 dicembre del 1851 quando Engels scriveva a Marx: "Sembra che Hegel (...) con tutta coscienziosità faccia che tutto si presenti due volte, una volta come tragedia, la seconda volta come farsa". Il concetto, malamente sintetizzato col passare del tempo in "la storia si ripete", calza a pennello per la comprensione di quanto accaduto il 4 dicembre scorso, con centosessantacinque anni e un giorno di distanza dalla enunciazione del concetto e a soli dieci anni dal riferimento oggettivo.

La proposta di riforma costituzionale bocciata nel referendum del 2006 con Berlusconi presidente del Consiglio, e proponente, trova la simmetrica immagine nell'attuale tornata del 2016, persino a leggere le percentuali, allora 38,7 per i sì contro il 61,3 per il no, oggi 40,9 contro il 59,1. Dunque, Renzi come Berlusconi? La risposta, in questo caso ma non solo, è un sì grande quanto la percentuale dei "no" di allora come dei "no" di oggi, con buona pace di coloro che nel 2006 sostenevano l'avvenuta "vittoria" della sinistra sulle destre e oggi parimenti sostengono la speculare "vittoria" delle destre sul PD presunto di sinistra.

Viene da domandarsi se a qualcuno dei tanti commentatori, di parte e non, sia mai balenata in mente l'idea che gli elettori riescano a percepire, almeno qualche volta, dove sta l'imbroglio, nel 2006 come nel 2016, e decidano conseguentemente di esprimersi nell'interesse generale senza andare a guardare come vota il vicino di destra o quello di sinistra, ma avendo per riferimento solo la propria coscienza di democratico.

Pertanto, volendo spurgare il voto dalle incrostazioni faziose, appare evidente come l'elettorato abbia voluto dare un ben preciso senso al proprio pronunciamento: niente voli pindarici, nessuna accettazione di ipocrisie e modifiche truffaldine, nessun tentativo, per quanto mascherato, di istituzione di un "regime", oggi come nel 2006. Sin qui niente da eccepire. Il problema che però si pone nel contingente è un altro: Renzi è stato sonoramente battuto, ma il renzismo non risulta ancora sconfitto.

Quel coacervo di arroganza, supponenza, tracotanza, insolenza, alterigia e dispregio nei confronti del prossimo viene mantenuto inalterato persino dopo la batosta appena incassata. A chi ha ascoltato le parole di Renzi a poche ore dalla disfatta non saranno sfuggiti gli accenti di sfida pronunciati tra una lacrimuccia e l'altra accanto ai "mea culpa" che, a volerli tradurre in vernacolo, suonerebbero all'incirca così: "Ora sono ...zi vostri". I fedeli evangelizzatori del verbo renziano non si sono tirati indietro, non tutti, almeno per ora, e continuano a imperversare nei talk show fingendo di apparire dei sinceri democratici nell'accettazione del pronunciamento degli elettori, ma tradendo istante dopo istante la loro indole post-berlusconiana d'insofferenza e fastidio. Di questi personaggi deve liberarsi il PD se vuole ritornare a essere un partito popolare, attento alle esigenze dei più bisognosi, capace di gestire la complessità di una società globalizzata nella quale persino gli stati nazionali appaiono impotenti di fronte allo strapotere delle multinazionali di internet, del petrolio, della finanza e di quanto altro gira loro intorno.

Ecco dove la sinistra, quella vera e non parolaia, potrà svolgere un ruolo determinante aiutando il PD dall'esterno a liberarsi della zavorra renziana per ricondurlo, magari con D'Alema e Prodi esodati, a recuperare il "fronte popolare" archiviando in via definitiva i corsi e ricorsi storici di Berlusconi e Renzi, passati dalla tragedia alla farsa. Le contestuali elezioni presidenziali in Austria offrono più d'un appiglio alla speranza. Le parole pronunciate dal neo presidente Van Der Bellen, che ha sconfitto il nazionalista di estrema destra Norbert Hofer, sono acqua fresca e pura a cui abbeverarsi: uguaglianza, solidarietà, fraternità.

Chi ha detto che la sinistra è morta?




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