martedì 8 gennaio 2019 - Phastidio

Reddito di cittadinanza: mobilità territoriale ma solo il 30 febbraio

Dalla relazione tecnica al reddito di cittadinanza emergono autentiche perle. Una è segnalata su Repubblica in un articolo di Valentina Conte, e se vera confermerebbe la vera natura di questo provvedimento: quello di più imponente operazione di voto di scambio della storia repubblicana.

Parliamo degli obblighi di mobilità geografica per i soggetti a cui verranno proposte offerte di lavoro “congrue”. Sull’aspetto di “congruità” torneremo, perché anche qui l’indeterminatezza del criterio rischia di accentuare la natura farsesca dell’operazione.

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, aggiornata ieri, infatti

Nei primi 18 mesi di erogazione del Reddito di cittadinanza – il decreto lo abbrevia in RdC – il beneficiario riceverà al massimo non tre offerte di lavoro “congrue”, ovvero adatte al curriculum e non troppo lontane da casa. Ma solo due. La prima entro 6 mesi e in un raggio di 100 chilometri dal luogo di residenza. La seconda nel periodo che rimane – tra 6 e 18 mesi – fino a un massimo di 250 chilometri.

 

Ora, sappiamo che l’accrocchio prevede moduli di 18 mesi, inframmezzati da un mese di pausa. Quindi, la mobilità sull’intero territorio nazionale scatterebbe solo dal secondo periodo di 18 mesi.

L’ipotesi di accettare dopo 12 mesi di RdC la “prima offerta utile di lavoro congrua” – per non decadere dal beneficio – si è trasformata in obbligo valido solo dopo i 18 mesi. E sempre che in famiglia non ci siano minori o disabili. In molti casi, in un’Italia sull’orlo della recessione, questo significherà ricevere il sussidio per un anno e mezzo.

Pensate quindi alla condizione di molte aree del Mezzogiorno, già di loro desertificate di opportunità di offerte di lavoro, e chiudete il cerchio. Chiudetelo non prima di aver considerato le condizioni che permetteranno di evitare anche nei secondi 18 mesi la mobilità su tutto il territorio nazionale:

Tra l’altro, la stessa relazione tecnica rivela che il 65% delle famiglie potenziali beneficiarie del RdC -1 milione e 130 mila su 1 milione e 700 mila – ha minori o disabili. Questo rende impossibile il trasferimento ovunque in Italia per un numero molto grande di destinatari dell’assegno, benché disposti a lavorare. Si limiteranno a offrire ai Comuni di residenza le 8 ore a settimana di impegno nei “progetti per la collettività”, a formarsi, riqualificarsi.

Tutto sinergico: in alcune zone d’Italia il welfare prende spesso la forma di pensioni di invalidità e -soprattutto- assegni di accompagnamento. I secondi sono, come noto, sganciati da parametri che non siano il reddito individuale, le prime sono in predicato di essere a loro volta aumentate, con la grande “operazione di cittadinanza”. E il gioco è fatto. Avremo lavoratori socialmente utili da 780 euro al mese, ammesso che le domande bastino e non si debba andare a riparto della mancia, altra follia tutta italiana.

Per tutto il resto, ad evitare il rischio di “deportazione”, basterà il provvidenziale disabile di famiglia. Per essere impiegabili senza limiti geografici, quindi, in alcune regioni italiane bisognerà attendere il prossimo passaggio della cometa di Halley. Oppure il 30 febbraio. Secondo voi, perché lo spread non scende? Ah, saperlo. Ma a parte ciò, è ormai da quasi un anno che vi dico come finirà, ricordate?




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