mercoledì 17 maggio 2023 - Phastidio

Reddito di cittadinanza: gli occupabili che non lo erano

Il governo, con una demenziale serie di acronimi, tenta di spacchettare il reddito di cittadinanza per fare cassa ma sbatte contro la solita -e solida- realtà

Torniamo a trattare del tentativo dell’esecutivo di estrarre coperture finanziarie dalla riforma del reddito di cittadinanza, in linea con quanto promesso in campagna elettorale. Una revisione di spesa usata a chiacchiere per finanziare di tutto e di più, un po’ come accade oggi con le agevolazioni fiscali (tax expenditures). La realtà, come sempre, osserva distrattamente in attesa dello schianto.

LA MOLTIPLICAZIONE DEGLI ACRONIMI

Lo scopre, tra le pieghe del Decreto Lavoro a cui l’esecutivo è intento, Valentina Conte di Repubblica. Come saprete (ma non è affatto detto), il reddito di cittadinanza pare destinato a produrre una ricca messe di acronimi, frutto del suo disassemblaggio tra soggetti inoccupabili e occupabili, i secondi tra virgolette. I primi sono quelli appartenenti a famiglie con minori, disabili e over 60. L’assegno destinato a questi non occupabili si chiamerebbe, curiosamente, “Garanzia per l’inclusione lavorativa” (Gil). Sono fuori dal mercato del lavoro ma ne garantiamo l’inclusione. Forse in termini di potere d’acquisto. Boh.

Per un single la Gil vale quanto il vecchio Reddito di cittadinanza: 500 euro al mese più 280 euro per l’affitto. Al più, una famiglia può arrivare, affitto incluso, a 1.380 euro mensili o 1.430 euro con un disabile grave. Il risparmio deriverebbe dalla riduzione della soglia Isee di accesso, da 9.360 a 7.200 euro, mentre il requisito reddituale resterebbe a 6 mila euro. La Gil dura diciotto mesi, poi scende a dodici con un mese di pausa ma non ha termine previsto.

Poi ci sono gli “occupabili”, definizione problematica e senza equivalenti in Europa e nella prassi giuslavoristica ed economica. Ad essi andrebbe la Gal, Garanzia per l’attivazione lavorativa. Va all’individuo in povertà assoluta di età compresa tra 18 e 59 anni, che non ha alcun minore, disabile, invalido in famiglia. L’assegno vale 350 euro al mese, riconosciuto fino a un massimo di due persone ma la seconda prende la metà, 175 euro. Una coppia incassa al massimo 525 euro. Questo sostegno dura solo 12 mesi e non è ripetibile. Questa erogazione parte dal presupposto che l’inoccupazione di lungo termine abbia un termine di dodici mesi. Trascorsi i quali, si “deve” tornare occupati oppure si è sanzionati per manifesta pigrizia.

Ci siete, sin qui? Bravi. Poi arriva la Pal, Prestazione di accompagnamento al lavoro, che riguarda i 404 mila “occupabili”, che da agosto perderebbero le erogazioni. Il governo aveva promesso di attivare il percorso di accompagnamento al lavoro (che non garantisce alcun lavoro ma transeat) prima di agosto, ma ovviamente ciò non è stato materialmente possibile. Quindi si è pensato all’accrocchio della Pal: 350 euro al mese per quattro mesi, con un tetto dato da quanto percepito in precedenza col Reddito.

OCCUPABILI, SI FA PER DIRE

Tutto bene? Non esattamente. Nel senso che, anche con la fantasiosa definizione di “occupabili”, accade che le basi per l’avviamento al lavoro non esistano per tutti. Leggiamo:

La Pal è però destinata solo agli occupabili che hanno sottoscritto il Patto per il lavoro. La relazione tecnica li stima in 213 mila per una spesa di 276 milioni (circa 350 euro al mese a testa). Gli altri 191 mila – per un totale di 404 mila, proprio il numero di occupabili individuati in manovra a dicembre – “sono stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro”. Ecco dunque che per queste persone – pur essendo senza figli minori e pur non avendo disabili, invalidi oppure over 60 in famiglia – il governo rinuncia a togliergli il Reddito, anche se con l’interruzione di agosto. “Il proseguio avverrà fino al 31 dicembre 2023” per un costo a carico dello Stato pari a 384 milioni (circa 543 euro al mese).

Tradotto: pensavamo di avere 404 mila “occupabili” ma ne abbiamo 213 mila. Gli altri non erano realmente occupabili, neppure con la nuova fantasiosa definizione. Quindi li rimettiamo in carico ai servizi sociali, anche se rispondono e corrispondono alla definizione, priva di agganci con la realtà, di “occupabili”.

Quindi, tra toppa Pal e ripristino del Reddito di cittadinanza, il governo (secondo la relazione tecnica) deve trovare dal primo agosto al 31 dicembre 660 milioni di coperture aggiuntive. Importante ricordare che nella legge di bilancio 2023 dal RdC doveva venire un “risparmio” di un miliardo. Di cui due terzi scopriamo ora che prendono il volo, causa realtà.

Come coprire il buco, quindi?

Con un gioco delle tre carte. Sposta 500 milioni del programma Pon Spao finanziato con il ReactEu (un programma del Pnrr) e altri 175 milioni avanzati da Garanzia giovani per coprire lo sconto contributivo per assumere under 36 e donne. Le risorse così liberate da giovani e donne – 675 milioni – vengono spostate per tamponare la falla del Reddito di cittadinanza.

FARE CASSA COL REDDITO

Lo avevamo segnalato, in campagna elettorale: la riforma del reddito di cittadinanza non andava inquadrata come occasione per fare cassa. Anzi, il processo di riattivazione sarebbe risultato persino più costoso. Ma tanto ci sono i fondi europei, no? Ah, no. Ovviamente, attendetevi che il governo risponda a questo flop dicendo che gli occupabili-non-occupabili torneranno ad essere occupabili dall’anno nuovo, quando firmeranno tutti il loro bel Patto per il lavoro. Credeteci.

Ribadisco quando detto più volte: si può decidere di fare cassa su tutto. Basta volerlo politicamente e dirlo chiaramente. Si può azzerare il reddito di cittadinanza e disinteressarsi degli impatti sulla povertà. Che saranno comunque pesanti, data un’inflazione a doppia cifra e anche solo guardando ai non occupabili. Basta dirlo, senza infingimenti. E senza credere che dal RdC possa venire, tra le mille altre cose, anche il finanziamento della procreazione fiscalmente assistita, di cui i nostri eroi hanno ripreso a farneticare. Tanto poi ci pensa la realtà. Che è davvero ambigua: per quelli di sinistra ha infatti un bias neoliberista. Per quelli di destra rischia di essere praticamente comunista.

Come che sia, segnatevi anche questo importo che scade al 31 dicembre e per il quale serviranno coperture sul 2024, come per la decontribuzione. Sarà una legge di bilancio molto interessante. Come sempre, più di sempre. Però taglieranno le tasse, signora mia.

  • Lettura complementare consigliata: sulla separazione tra politiche sociali e politiche attive del lavoro, il confronto tra il piano del governo e quello della Caritas, Massimo Baldini e Daniele Pacifico su lavoce.info. Si noti l’impianto della proposta Caritas, con le due dimensioni che non si escludono e possono diventare cumulabili.

 




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