martedì 31 luglio 2018 - Aldo Funicelli

Quando si insegna un uomo a odiare (dal discorso di Robert Jennedy)

Quando si insegna un uomo a odiare, ad avere paura del proprio fratello, quando si insegna che un uomo ha meno valore a causa del colore della sua pelle o delle sue idee o della politica che segue, quando si insegna che chi è diverso da te minaccia la tua libertà o il tuo lavoro o la tua casa o la tua famiglia, allora si impara ad affrontare l'altro non come un compatriota ma come un nemico, da trattare non con la collaborazione ma con la conquista. Per soggiogarlo e sottometterlo. Impariamo, in sostanza, a guardare i nostri fratelli come alieni. Uomini alieni con cui dividiamo una città ma non una comunità. Uomini legati a noi da un'abitazione comune ma non da un impegno comune.
Impariamo a dividere soltanto una paura comune, soltanto un desiderio comune di ritirarci gli uni dagli altri, soltanto un impulso comune a reagire al disaccordo con la forza.
La nostra vita su questo pianeta è troppo breve, il lavoro da svolgere è troppo vasto, perché questo spirito prosperi ancora a lungo nella nostra nazione. È evidente che non possiamo bandirlo con un programma né con una risoluzione, ma possiamo forse ricordare, anche una sola volta, che quelli che vivono con noi sono nostri fratelli che dividono con noi lo stesso breve arco di vita, che cercano come facciamo noi, soltanto la possibilità di vivere la propria vita con uno scopo e in felicità conquistandosi la realizzazione e la soddisfazione che possono. 
 
Sicuramente il legame di un destino che ci accomuna, il legame di scopi che ci accomunano, può cominciare a insegnarci qualcosa. Sicuramente possiamo imparare, almeno, a guardare chi ci sta intorno, il nostro prossimo e possiamo cominciare a lavorare con maggiore impegno per ricucire le ferite che ci sono tra noi e per tornare ad essere fratelli e compatrioti nel cuore.  
Roberto Kennedy - 5 Aprile 1968 (il giorno prima era stato ucciso a Memphis, Tennessee, il reverendo Martin Luther King)

Mi sono rivisti Bobby, il film di Emilio Estevez sulla morte di R. Kennedy, il 5 giugno 1968, all'Hotel Ambassador a Los Angeles, dove aveva appena concluso un discorso nella sua campagna per le primarie.


Il discorso finale, che chiude il film, ha un valore in se e che arriva fino ad oggi: perché anche oggi viviamo un'epoca di tensioni razziali, anche oggi si divide il paese in noi e gli altri, in noi e i nostri nemici da combattere, in noi e quelli diversi da noi, perché hanno la pelle di un colore diverso.

Chissà cosa avranno pensato, prima di premere quel grilletto, gli sparatori (accidentali, dicono) che hanno ferito diverse persone nel paese. 
Chissà cosa avranno pensato le persone della ronda della legalità quando hanno aggredito un uomo di origine nordafricana, ad Aprilia.
Pensavano veramente di fare giustizia? Che quel gesto valesse tutta l'esasperazione (se si tratta di esasperazione) cumulata?
E che ne pensano le persone che stanno insegnando ad odiare il prossimo, il diverso?




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