martedì 10 luglio 2012 - Zag(c)

Qual è il tasso di democrazia?

Come si può misurare il tasso di democraticità di un paese? O certo si può ricorrere ai grandi temi. Il tasso di libertà di stampa, la libertà di parola, il tasso di accessibilità al sistema dell'informazione, e via di questo passo. Ma incorreremmo più in una questione metafisica, impantanandoci nella palude ideologica e nella definizione di cos'è la libertà, se esiste una libertà senza giustizia sociale, che cos'è la democrazia se questa è solo derivante dalla sua radice etimologica e via di questo passo. Insomma in una discussione quasi filosofica, al pari delle grandi discussioni che si avevano nelle accademie ateniesi o nel Circolo degli Scipioni romano.

Oppure lo potremmo misurare nel tasso di partecipazione politica di ogni cittadino. Quanta partecipazione vi è nello scegliere la classe dirigente di un paese, come si arriva alle decisioni politiche e quanta volontà del popolo mediamente riconosciuto vi è nelle scelte politiche. Ma anche qui incorreremmo in guerra fra guelfi e ghibellini, a seconda della parte politica nella quale si milita o si è vicini intellettualmente. A seconda se propendiamo culturalmente per una democrazia diretta, partecipata o rappresentativa varia il grado di accettabilità di partecipazione e quindi la misura del tasso di democrazia in un paese. Per qualcuno basta andare a votare ogni 5 anni e per liste partitiche, più di una anche se omogenee, per avere un alto grado di democrazia, per altri invece non è sufficiente questo, ma occorre che il cittadino, sempre, partecipi direttamente alle scelte politiche, o quantomeno venga coinvolto ed ascoltato. 

Allora cerco nei fatti quotidiani il tasso di democraticità. Ossia quanto conta il mio pensiero, la mia volontà e quanto possa valere il mio pensiero e il mio coinvolgimento, nel rapportarsi della vita di tutti i giorni con il potere a me più vicino, con le istituzioni. Questo potrebbe apparire semplicistico o riduttivo rispetto al pensiero alto. Ma fa parte del mio rapportarmi giornaliero, delle mie sensazioni epidermiche, di quello che mi fa essere fiero o incazzato quando incontro le istituzioni.

Ma se prendo una multa che ritengo ingiusta quanto conta il mio parere, rispetto a quella dell'istituzione? Quali sono gli strumenti a mia disposizione per far valere il mio punto di vista e la mia contrarietà? Non dico quanta percentuale di successo ho, quanta percentuale che le mie ragioni vengano accettate, ma solo ascoltate. Quanta fatica e quale percorso di guerra mi tocca fare per presentare la mia opposizione?Quanto danaro e quanto tempo debbo dedicarci?

Oppure se sottoscrivo una assicurazione sulla salute presso uno sportello bancario, la BNL, per esempio, con una società ad essa affiliata, la Cardif, sempre per esempio, e lo stesso giorno mi avvalgo del diritto di recesso sancito dalla legge, secondo i tempi e le forme prescritte nello stesso contratto, quanta percentuale ho, non dico che questa venga accolto, ma che la Cardif mi risponda? Come faccio a rivalermi? Con che efficacia?

Ognuno di noi, credo, almeno una volta ha avuto a che fare con le istituzioni a noi più vicine. Può dire in tutta sincerità che il suo rapporto sia stato, non dico idilliaco, ma almeno improntato su un rapporto di almeno di parvente parità? E senza che questo giudizio venga inficiato dall'esito della propria istanza, o rimostranza o opposizione.

Ora mi chiedo. Si ritiene, che la strada in cui ci stiamo incamminando, ormai da quasi un ventennio, indipendentemente dalle ragioni addotte, se giuste o sbagliate, indipendentemente dalle motivazioni, se valide o surrettizie, ci porterà ad un maggiore tasso di democrazia? La domanda è pleonastica, ma necessaria. E se la risposta è negativa, la strada che abbiamo intrapreso è una strada senza ritorno o si intravede, senza colpi di mano insurrezionalisti, rivoltosi o rivoluzionari, o anche sì, mettendo nel conto anche queste, una possibile, probabile inversione di tendenza? 

Nel nostro paese, senza pensare né alle Città del Sole o alla società Utopia, potremmo ritornare ad un tasso di democrazia paragonabile a quarant'anni fa (che già eravamo in pessima posizione)? E limitandoci solo ad un rapporto fra cittadino ed istituzioni a noi più vicine, quelle quotidiane del vivere giornaliero, non al rapporto fra cittadino e il Potere. Elezioni, Parlamento, Stato, Tassazioni, Finanza, ecc ecc.




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