giovedì 6 agosto 2020 - Phastidio

Psicopatologia del bonus: pagamenti elettronici

Nella Repubblica dei Bonus, nota anche col nome di Italia, nuove meravigliose idee prendono forma. Ormai i bonus, strumento vieppiù utilizzato nel corso degli anni per catturare porzioni di elettorato, e che trova la propria immagine speculare in una miriade di crediti d’imposta intoccabili, è diventato la coazione a ripetere ossessivo-compulsiva di una classe politica (tutta) che ha ormai perso il senno.

Ultima ipotesi di bonus, solo in ordine cronologico, è quella a sostegno dei consumi, di cui da qualche settimana si discute, con accelerazioni e frenate. Si parla di una spesa di 2 o 3 miliardi, ovviamente priva di copertura, e già è iniziata la lotta a chi tira più forte.

Leggiamo oggi su Repubblica che ci sarebbero ben tre ipotesi per questo bonus:

Il primo incentivo, proposto dalla viceministra Laura Castelli, e sul quale si affiancano le idee della viceministra Alessia Morani (Mise), è un rimborso per le spese effettuate in bar e ristoranti, per scarpe e abbigliamento e, forse, mobilio. Il meccanismo sarebbe legato all’utilizzo della carta di credito o del bancomat: attraverso il codice di identificazione della carta e della transazione i soldi potranno essere trasferiti dallo Stato direttamente e in pochi giorni sul conto del consumatore.

Qui torna il tema caro al premier Giuseppe Conte: sconti per pagamenti con moneta elettronica. E già qui sorgono numerose domande. Ad esempio: la misura riguarderebbe tutti o sarebbe calibrata sul reddito? Nel primo caso, i più agiati riceverebbero un beneficio iniquo. Nel secondo caso, come valutare il reddito? Bisognerebbe andare dall’esercente col modello 730 o l’Unico?

E magari qualche mente analitica affiancherebbe al reddito anche il patrimonio, richiedendo l’Isee? E ancora, quale automatismo per l’erogazione? Una piattaforma online pubblica o altro? C’è poi, immancabile, il problema di quella parte di consumi che sarebbero comunque avvenuti ed il cui sussidio rappresenta quindi uno spreco di risorse fiscali.

Voi capite che siamo in modalità quattro passi nel delirio. Ma il meglio deve arrivare, perché ci sono altre variabili da considerare. In primo luogo, ovviamente, l’entità del rimborso, che si vocifera tra il 15 ed il 30%. Son dettagli. E ancora:

È anche possibile che lo sconto venga modulato in base ai prezzi delle zone dove si effettua il consumo.

Questo cosa sarebbe, un tentativo di inferire lo status socioeconomico della zona e dei consumatori, e quindi calibrare inversamente il contributo? Ma i prezzi di prima o dopo la pandemia? Se vado da Cova nel Quadrilatero a prendere una cioccolata, avrò uno sconto maggiore o minore che se andassi al Bar Bone della Comasina? Ah, saperlo.

Oppure le zone saranno scelte da un pianificatore centrale, in base a complessi algoritmi sulla perdita di fatturato, mediante presentazione di idonea certificazione asseverata dall’Agenzia delle Entrate? O forse andremo a incrociare il reddito del consumatore con quello dell’esercizio, a matrice, per determinare l’entità del bonus? Pensiamoci: potremmo creare un portale dove il consumatore potrà inserire i propri dati di reddito e immediatamente vedrà una serie di opzioni, con gli sconti graduati in ordine decrescente.

“Cara, oggi possiamo andare a prendere il caffè in questo locale, è a 18 chilometri da casa nostra ma qui ci fanno il 30% di sconto statale. Per il carburante necessario al percorso, so che c’è una proposta di legge che dovrebbe calcolare il bonus. Speriamo si sbrighino: ogni volta è un salasso di benzina, per prendere un caffè!”

Ma ci sono altre problematiche, per questo bonus:

L’incentivo legato al cashless non piace tuttavia ai commercianti che temono – da Confcommercio a Confesercenti – un effetto boomerang: di conseguenza è possibile che il bonus possa essere esteso anche ai pagamenti in contanti ma con tempi di rimborso più lunghi, legati ad una richiesta con un modulo ad hoc.

Cosa sarebbe un “effetto boomerang”? Che i commercianti avrebbero più vendite regolate in cashless e quindi, per le famigerate commissioni (vera piaga incurabile della società occidentale), perderebbero ricavi totali? Niente paura: si può anche fare per contanti, con compilazione di apposito modulo, che tuttavia avrà “tempi di rimborso più lunghi”.

Già me li vedo, gli impiegati pubblici adibiti a evadere le richieste di bonus dei consumatori:

Ehi, rallenta: hanno detto che questi moduli vanno evasi in dodici mesi, e tu stai lavorando le pratiche dei dieci mesi fa! Vorrai mica prenderti una valutazione negativa nella pagellina annuale?

C’è poi una seconda variante al bonus consumatori che per semplicità classifichiamo come Castelli-Morani: ed è il bonus Franceschini:

Il bonus Franceschini riguarda invece la rivitalizzazione dei centri storici, una sorta di bonus “Ztl”. Dovrebbe valere per tutte le qualità merceologiche e tutti gli esercizi. La misura avrebbe un grosso impatto anche perché la valutazione che fa il governo è che i centri storici, a partire dalla ristorazione colpita dallo smart working, stanno soffrendo molto. Qui si deve decidere se attribuire contributo a “fondo perduto” agli esercizi oppure mettere in campo un sistema di sconti e rimborsi. 

Quindi, il bonus Franceschini-Ztl aiuta i commercianti colpiti dallo smart working delle aziende ubicate nei centri urbani, oltre che compensare il crollo dei turisti. A questo punto, io suggerirei anche approcci alternativi al bonus, con una filosofia di reverse engineering. Un esempio? Vietare per legge lo smart working nelle Ztl e nei centri direzionali ad alta densità di uffici. Sono certo che il sindaco di Milano apprezzerebbe. Taaac.

Quanto ai flussi turistici, potremmo applicare alle consumazioni una griglia differenziata di sconti ma anche di penalità. Ad esempio, le comitive di turisti che giungono in pullman nelle città, dovranno obbligatoriamente dirigersi col sopracitato mezzo nelle Ztl e parcheggiarlo davanti ai bar, ristoranti o altri esercizi commerciali prescelti. Ai turisti che stazioneranno in fasce urbane semicentrali o periferiche, e che nelle medesime tenteranno di effettuare acquisti presso esercizi commerciali, saranno applicate maggiorazioni di prezzo.

Che dite, può andare? Ovviamente, dovrebbe essere un sistema dinamico dove sconti e penalità varierebbero in funzione delle oscillazioni di fatturato degli esercizi commerciali interessati. In attesa di allestimento di idonea piattaforma telematica statale, tali dati dovrebbero essere redatti su cartaceo ed inviati all’apposito sportello pubblico, denominato “Ufficio Repressione Fallimenti di Mercato” (URFM)

Torniamo seri, per un momento. Secondo voi, qualcuno avrà effettuato valutazioni dell’impatto espansivo del bonus consumi? Voglio dire, ci mettiamo due miliardi o anche tre ma quanto riusciamo a stimolare, di maggiori consumi? Non è che anche questi dati sono stati secretati dal Comitato tecnico scientifico, vero?

Ma soprattutto: quando finirà questa immonda prassi di lanciare mance dall’elicottero?

Photo by Sara Kurfeß on Unsplash

 




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