mercoledì 21 ottobre 2020 - UAAR - A ragion veduta

Professore decapitato in Francia: i tagliatori di teste non fermeranno il nostro pensiero

Il nuovo atto di terrorismo islamico ha preso di mira un simbolo della Repubblica francese: un insegnante. Un professore di storia che, qualche giorno fa, aveva tenuto una lezione sulla ripubblicazione delle caricature di Maometto da parte del Charlie Hebdo. 

Aveva cercato di aprire una discussione: ma diversi genitori musulmani, nei giorni successivi, se ne erano lamentati con i dirigenti scolastici. Ieri un giovane, già segnalato all’antiterrorismo, lo ha aggredito urlando «Allah Akbar», lo ha decapitato e ha postato la testa tagliata sul proprio profilo Twitter, prima di essere a sua volta abbattuto dalle forze dell’ordine.

Oggi come tre secoli fa, la Francia è il palcoscenico di una battaglia campale tra illuminismo e oscurantismo. I principali bersagli del terrorismo islamico sono infatti la libertà di espressione, la ricerca dell’argomentazione, la critica contro qualunque potere, la laicità – che pone la legge degli uomini sopra quella delle religioni. Colpendo un docente, l’aggressore ha voluto negare la libertà di insegnamento, ha reagito violentemente contro un invito a esercitare lo spirito critico.
Ma le caricature non uccidono, il fanatismo religioso sì. A ripetizione. In nome di un dio.

La minimizzazione di quanto accade, e ancora più spesso il silenzio, sono ormai la reazione standard delle organizzazioni musulmane. Così facendo creano un brodo di coltura comunitario che si trasforma troppo spesso in violenza. È indispensabile che le autorità (e non soltanto quelle francesi) chiedano loro nettissime prese di distanza dal terrorismo, e un sostegno manifesto ai principi costituzionali e ai diritti dell’uomo. Ed è altrettanto importante che si finisca di bollare come «islamofobia» la legittima critica nei confronti di una religione, perché non è altro che un modo per far tacere chi la pensa diversamente.

Noi non staremo zitti, e continueremo a dire liberamente la nostra. Non c’è omertà che tenga, quando la posta in gioco è il meglio che abbia prodotto la civiltà umana.

La redazione

Foto: Olivier Ortelpa/Flickr

 




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