martedì 22 novembre 2011 - YouTrend

Primarie repubblicane USA: i candidati dalle stelle alle stalle in pochi giorni

Prima Newt Gingrich, poi Mitt Romney, dopo di lui Rick Perry, poi ancora Romney, seguito da Herman Cain, ed ora di nuovo Newt Gingrich. Uno dopo l’altro, i candidati frontrunner delle elezioni primarie repubblicane americane si succedono rapidamente, e ancor più rapidamente crollano e tornano a percentuali misere nelle intenzioni di voto.

Le ragioni di quest’incertezza nella scelta del candidato sfidante alle Presidenziali americane sono principalmente due.

Anzitutto, la particolare composizione dell’elettorato repubblicano, oggi sempre più spostato verso destra. E, in secondo luogo, la mediocrità assoluta dei candidati.

I candidati aspiranti alla nomination sono otto: due moderati, un libertario, e cinque ultraconservatori. I rapporti di forza tra queste aree nelle intenzioni di voto non sono mai cambiati: la somma dei voti dei candidati ultraconservatori e libertari raggiunge i tre quarti del totale, lasciando a Mitt Romney, mormone ex governatore del Massachusetts, all’incirca il 25% (Huntsman, ex ambasciatore in Cina nominato da Obama, non supera l’1%). L’ala destra del partito, tuttavia, è alla ricerca del candidato forte da opporre all’ex governatore del Massachusetts fin dall’inizio della campagna elettorale, e sembra essere ancora in alto mare.

Uno dopo l’altro, i beniamini dei conservatori e del Tea Party sono crollati. Michele Bachmann, che dopo aver vinto lo straw poll in Iowa sembrava la favorita per contrastare Romney, si è dissolta mostrandosi inadeguata e incompetente. Rick Perry è diventato ormai lo zimbello degli USA, dopo numerose performances terrificanti nei dibattiti televisivi: la gaffe citata da tutti i giornali italiani, con il governatore del Texas che si dimentica le tre agenzie governative che avrebbe cancellato da Presidente, è solo la punta dell’iceberg.

Herman Cain, ex CEO di Godfather’s Pizza, ci ha messo molto per diventare un candidato serio e credibile, e ha buttato all’aria tutto in due settimane: prima, accusato di aver molestato delle sue dipendenti, ha fornito una difesa non troppo convincente. Poi, lunedì, in un’intervista ha fatto scena muta davanti al giornalista che lo incalzava su “Cosa pensa dell’intervento in Libia?”. Non certo una domanda-trabocchetto.

Negli ultimi giorni, i sondaggi mostrano un testa a testa tra Romney e Newt Gingrich, speaker del Congresso dal 1994 al 1996. Oggi i riflettori sono tutti puntati su di lui, che già un anno fa in alcuni sondaggi veniva dato testa a testa con il candidato mormone. Poi scese rapidamente. Sulla carta è un buon candidato: non troppo amato dagli americani, che non hanno conservato un buon ricordo di lui come speaker, tuttavia è esperto e competente, eccellente nelle prestazioni nei dibattiti televisivi, e ha mantenuto buoni rapporti sia con la destra del Tea Party sia con i settori più moderati del partito.

Nonostante tutto, il favorito rimane Mitt Romney. Non è mai apparso troppo preoccupato dai candidati della Destra Repubblicana, forte di un buon consenso soprattutto tra gli elettori indipendenti che lo porta ad essere il più temuto da Obama tra i possibili avversari. Nei confronti televisivi è sempre stato brillante, e nessuno è ancora riuscito a colpirlo fortemente. Di certo, se l’elettorato di destra non sceglierà definitivamente il proprio cavallo vincente, Romney non avrà troppi problemi a vincere.

A trarre giovamento da queste primarie incerte è senz’altro il Presidente Obama. Sceso molto in basso negli indici di gradimento, a causa soprattutto della crisi economica e dell’alto livello di disoccupazione, rimane tuttavia in testa in un ipotetico scontro con gli altri candidati repubblicani. Ma la sua forza è la debolezza dei candidati Repubblicani. Infatti, come emerge dall’ultimo sondaggio Politico/GWU/Battleground, in uno scontro tra Obama e un candidato repubblicano generico, le intenzioni di voto degli americani mostrano una parità assoluta: 43 a 43. Quando invece viene chiesto agli elettori chi sceglierebbero in uno scontro tra Obama e Romney, o Cain, il Presidente distanzia tutti, superando di 6 punti l’ex Governatore del Massachusetts (49 a 43), di 9 punti l’ex imprenditore leader nel settore delle pizze (49 a 40).

È comunque ancora presto per trarre conclusioni: quattro anni fa, in questo periodo, sembrava certo che tra i Democratici avrebbe vinto facilmente Hillary Clinton, e tra i Repubblicani Rudy Giuliani. Poi la storia, come si sa, andò diversamente.

 

(Grafico e tabella a cura di Roberto Greco)




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