martedì 8 marzo 2016 - Fabio Della Pergola

Presidenziali USA: il ritiro di Bloomberg

Fino a oggi avrei scommesso (non sperato) su una vittoriosa discesa in campo di Michael Bloomberg a capo di uno schieramento centrista, ma moderato.

Mi sbagliavo. E non so se è un buon segnale.

L’ex sindaco di New York aspettava sornione che i due candidati maggiori Clinton e Trump fossero logorati dai rispettivi avversari di estrema sinistra (Sanders) o di destra, classica o Tea-party che fosse. Con un occhio più attento all’ala repubblicana, confidando forse che l’elettorato di destra del GOP (Great Old Party) fosse conservatore più che estremista.

Le cose stanno invece andando in un’altra direzione; mentre la stella di Bernie Sanders si avvia verso una prevedibile parabola discendente senza aver costretto la candidata Clinton ad un vistoso spostamento a sinistra per contrastarlo (ma con il rischio concreto che l'elettorato radicale poi si astenga), la stella di Donald Trump continua a brillare di fiammeggianti improperi politicamente scorretti e pesanti razzismi, citazioni mussoliniane e sfracelli annunciati verso tutto ciò che non appare decisamente bianco, cristiano, conservatore e celodurista. Senza lasciare scampo ai suoi concorrenti minori e gettando nello sconforto i conservatori tradizionalisti, interessati alla finanza e al business ben più che alla espulsione degli immigrati irregolari.

Con questa sostanziale solidità della esponente democratica e con la stupefacente (sconfortante sarebbe più esatto) resistenza di Donald Trump, si è azzerato lo spazio politico per il moderato ex-repubblicano, oggi indipendente, mentalmente aperto sui diritti civili, conservatore in economia, solido in politica estera ed esperto in amministrazione di una megalopoli che da sola vale quanto un piccolo stato.

Si è azzerato fino a costringerlo al ritiro.

Buona cosa in fondo per Hillary Clinton, a cui Bloomberg avrebbe sottratto molti voti, per timore dei condizionamenti di sinistra dei Sanders’ Boys; notizia irrilevante invece per un Trump a cui l'ex sindaco di New York avrebbe probabilmente rosicchiato solo margini irrilevanti.

Non è un buon segnale, perché il significato sembra essere uno solo: la destra americana ha pochi spazi di moderato conservatorismo e vaste praterie di estremismo. Lo stesso che ha creato quel buco nero in Medio Oriente che i tagliagole nazisti dell'ISIS sono poi andati a occupare.

Non resta che sperare in un sostanzioso assenteismo (o una convergenza sulla Clinton) dell'elettorato conservatore moderato, spaventato dalle intemperanze di un candidato lanciato come una locomotiva a capo di una destra così radicale da far tremare i polsi a molti nel mondo; tranne che ai vari LePen, Salvini, Orbàn e compagnia cantando.

Cioè a quello schieramento europeo che avrebbe bisogno di una benedizione da oltre oceano mentre sta facendo fortuna (politica) sulla pelle di decine di migliaia di poveri diavoli, fuggiti da una guerra devastante e costretti a vivere in condizioni assolutamente disumane, stritolati nel braccio di ferro egoistico e ricattatorio fra Europa e Turchia.

Cioè fra chi ha guardato con assoluta indifferenza impotente alla cruenta crisi siriana e chi invece ha dato un contributo non trascurabile alla sua cronicizzazione.

Quanto di più repellente potessimo aspettarci a settant’anni dalla fine di una guerra che di spettacoli simili ne aveva visti anche troppi.

(Foto: The Climate Group/Flickr)

 



Lasciare un commento