mercoledì 16 giugno 2010 - Libero Mercato

Pomigliano: le ragioni della Fiat e le divisioni del sindacato

Pomigliano: le ragioni della Fiat e le divisioni del sindacato

Mentre la Fiat raggiunge l’accordo separato con Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl, il 22 luglio un referendum sancirà la volontà dei lavoratori di aderire o meno alla proposta dei vertici aziendali. L’obiettivo prioritario di Marchionne è spostare la produzione della nuova Panda dalla Polonia (dove comprensibilmente i costi sono più bassi) nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, con una portata di investimenti pari a 700 milioni di euro e la salvaguardia del posto di lavoro per circa 12.000-15.000 operai (compreso i dipendenti dell’indotto).

Un’occasione importante per l’Italia, che potrà così mantenere la produzione dell’auto (che dopo la fine degli incentivi ecologici a maggio ha registrato un calo del 22,3%, con la media europea a -8,7%) e la prospettiva ambiziosa del management Fiat di lanciare a regime 270 mila nuove auto l’anno (con un ritmo giornaliero di 1.050 vetture spalmate su tre turni), in notevole aumento rispetto alle 40.000 prodotte in media dallo stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano, il più colpito dalla crisi. Per raggiungere un piano così difficile è fondamentale per la Fiat incrementare i flussi di lavoro all’interno della fabbrica e implementare il concetto di flessibilità.

L’accordo prevede in sintesi per i 5.000 dipendenti, l’organizzazione su 18 turni settimanali per complessive 40 ore, la settimana a 6 giorni lavorativi con il riposo "a scorrimento" o in alternativa in deroga con una settimana di 6 giorni lavorativi e la seconda di 4.

E’ previsto inoltre l’aumento di 80 ore annue procapite dello straordinario obbligatorio
, in aggiunta agli attuali 40. Mano severa inoltre contro l’elevato tasso di assenteismo (definito dal sociologo Domenico De Masi come "il peggio della napoletanità") superiore alla media e in presenza di "particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche".

Nel caso quindi di tre giorni di vacanze ingiustificate, l’azienda non coprirà la quota retributiva. Con la nuova organizzazione del lavoro la giornata comincia alle 5.20 e non più alle 4.50, mentre le pause non saranno più 2 da 20 minuti, ma 3 da 10, ed i 10 minuti in meno saranno regolarmente retribuiti.

Tra le ultime novità, non inserite nella versione precedente dell’8 giugno, ci sarà la creazione di una commissione paritetica di conciliazione (composta da rappresentanti del sindacato e dell’azienda) che dovrà valutare i casi di segnalazione di violazione dell’accordo, da convocarsi entro 48 ore e con il dovere di pronunciarsi entro 4 giorni.

In questa fase i sindacati devono sospendere il ricorso allo sciopero e l’azienda non deve applicare le sanzioni previste. Con questo accordo, spiega il direttore dello stabilimento Sebastiano Garofano, "per riportare il sistema produttivo alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto, e dall’altro, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa".

LE REAZIONI

La parola adesso passa al referendum. Intanto i sindacati si compattano mentre resta contraria all’accordo solo la Fiom, che per voce di Enzo Masini afferma: " E’ un testo irricevibile, che va oltre le questioni relative allo stabilimento, che pone problemi seri di contrasto alla Carta costituzionale per quanto riguarda il diritto di sciopero e deroga alle leggi ed al contratto nazionale" e ribadisce la tesi del "ricatto" a cui sarebbero sottoposti gli operai di Pomigliano.

Secondo Raffale Bonanni della Cisl invece, "la Fiom è fuori dal mondo", giudizio analogo da parte del Presidente dell’Unione industriale di Napoli, Gianni Lettieri: "Quella della Fiom è una posizione di retroguardia che non porta da nessuna parte". Per Rocco Palomba della Uilm "Abbiamo creato le condizioni per l’investimento della Fiat, se i lavoratori non saranno d’accordo ne trarremo le conseguenze, altrimenti andremo a ratificare l’intesa", mentre per Roberto Di Maulo (Fismic): "Si afferma la possibilità di sviluppare l’industria manifatturiera nel paese e soprattutto nel mezzogiorno, capace di attrarre investimenti per sviluppo e occupazione". Anche da parte del sindacato più vicino alle tute blu dei metalmeccanici, la Cgil, non mancano le critiche: "La Fiom ha guardato il dito, ovvero i 18 turni, e non ha visto la luna".

Sul fronte politico, ad eccezione di Antonio Di Pietro, sempre spavaldo sui temi economici: "Un’intesa che riduce drasticamente i diritti individuali e collettivi previsti dalla Costituzione e che mette sotto ricatto i lavoratori di Pomigliano d’Arco", e della sinistra radicale che denuncia addirittura "un golpe ai diritti dei lavoratori", sembra esserci sintonia tra il piano Fiat e l’ala più moderata e riformista del Pd, con l’economista Stefano Fassina che si augura che al referendum del 22 giugno prevalgano i sì, ed Enrico Letta che sottolinea "la grave responsabilità" della Fiom.
Scontata la difesa dell’accordo da parte del governo.

Secondo il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, l’intesa su Pomigliano "è la risposta possibile a questa delocalizzazione, non attraverso incentivi, che non sarebbero consentiti dall’Europa e dai conti pubblici, ma attraverso accordi tra le parti sociali che possono realizzare situazioni più favorevoli", infine altra steccata alla Fiom: "C’è un sindacato coraggioso che si mette in gioco, si compromette ed accetta la sfida della competizione e c’è un sindacato paralizzato da un blocco ideologico".

Per il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, Pomigliano rappresenta "la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Udc di Pierferdinando Casini: "Sarebbe assurdo mandare fuori dall’Italia posti di lavoro solo per un problema di corporazioni sindacali".



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