giovedì 29 ottobre 2020 - Phastidio

Pomicino e la patrimoniale volontaria

Aggiornamento annuale del Grande Piano Pomicino. Quello che, tra mega condoni dal gettito fantasy e ossimoriche aliquote di donazione, "evita la patrimoniale"

 

Dopo anni di più o meno attenta osservazione, ho scoperto che nel nostro paese ci sono numerose figure pubbliche che, per ingannare il tempo, elaborano proposte risolutive per la nostra finanza pubblica, le lanciano sui giornali e, dopo qualche tempo, le aggiornano e ripropongono. Tra tali figure pubbliche c’è anche l’ex ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino.

Il quale oggi scrive a MF e ripresenta il suo piano “anti-patrimoniale” per salvare il paese, soprattutto dalla patrimoniale. Della prima versione ho scritto circa un anno addietro; del follow-up scrivo qui. Ecco i punti qualificanti. Il primo è il marchio di fabbrica della destra italiana, di cui Silvio Berlusconi è stato vessillifero per lunghi anni e Matteo Salvini è stato di recente svogliato replicante:

[…] un saldo e stralcio dei crediti erariali per cui chi paga entro quattro mesi il proprio debito ha uno sconto del 70% sull’accertato.

I conti di Pomicino sono questi: lo Stato ha crediti fiscali per 986 miliardi di euro, 440 dei quali verso contribuenti già sottoposti ad azioni cautelari/esecutive, oltre a 16 miliardi da rate dilazionate e 50 miliardi di carichi sospesi; se togliamo gli oltre 400 miliardi di crediti di difficile incasso perché legati fallimenti, decessi, cessazioni, con una cedolare secca del 30% si chiude il discorso e siamo ricchi di oltre 150 miliardi “freschi”.

Misure attraenti per la loro faciloneria indolore semplicità, al punto che ci si domanda perché i tentativi sin qui attuati di seguire tale strada abbiano prodotto solo gettito pulviscolare di tale importo monstre. Pomicino cita i numeri forniti in audizione dal numero uno di Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Un vero peccato che l’ex ministro scordi di dirla tutta.

Infatti, eliminati questi 400 miliardi di crediti ufficialmente defunti, occorre sapere che anche gli altri 500 non si sentono troppo bene. Come osservato dallo stesso Ruffini nell’audizione dello scorso aprile, altri 410 miliardi si riferiscono a contribuenti per i quali non c’è stato in questi anni il recupero integrale del credito nonostante le azioni esecutive o cautelari messe in atto. Ruffini ha evidenziato che

[…] le varie rottamazioni di questi anni e anche l’annullamento delle posizioni inferiori ai 1.000 euro relative al periodo 2000-2010 non hanno significativamente intaccato il volume complessivo dei crediti residui ancora da riscuotere.

Per farvela breve, dei 986 miliardi identificati da Pomicino, ce ne sono oltre 900 morti o in attesa della dichiarazione di morte presunta. E addio sogni di tesorettone condonistico. Che, peraltro, sarebbe sempre e comunque una tantum.

Veniamo al secondo punto della proposta pomiciniana, o meglio al follow-up:

[…] casse previdenziali e fondi pensioni hanno investimenti per 200 miliardi e di questi 50 miliardi sono titoli di Stato italiani. Vendere questi titoli di Stato e con i 50 miliardi comprare immobili pubblici utilizzati dalla pubblica amministrazione e quindi messi a reddito possono essere il frutto di una moral suasion da parte dello Stato e del senso di responsabilità nazionale delle casse e dei fondi pensione lasciando naturalmente sul ricavato l’onere delle locazioni;

Questo, per chi ha fatto il militare alla McKinsey, si chiama sale and lease back. Cioè vendi l’immobile dove ti trovi, riprendendolo immediatamente in affitto. Trattasi di antica tecnica di ingegneria finanziaria per disperati, già utilizzata da alcune banche. Mettiamoci nei panni di un gestore di cassa previdenziale: ha un portafoglio di Btp, con cedole piuttosto corpose, se comprati tempo addietro. Se vendesse, si metterebbe in tasca una bella plusvalenza ma dovrebbe decidere dove reinvestire i soldi.

Pomicino suggerisce non una vendita sul mercato ma un concambio: il gestore consegna allo Stato i suoi Btp e in cambio ottiene immobili usati da strutture pubbliche. Su di essi percepirà l’affitto. Ora, a parte la determinazione del concambio Btp-immobili pubblici, dovete considerare che l’affitto è l’equivalente della cedola sul debito. Se il gestore ha un flusso cedolare diciamo del 3%, vorrà avere almeno lo stesso come canone degli immobili. Giusto? E se invece ritenesse di poter realizzare sul mercato la plusvalenza sui Btp, usando il ricavato per acquistare immobili non necessariamente pubblici, per avere rendimenti più elevati?

Nessun problema: in quel caso entrerebbe in scena la famosa moral suasion di Pomicino. Che assomiglia molto ad un vincolo di portafoglio, dove alla Cassa previdenziale viene detto di obbedir tacendo e prendersi un rendimento simbolico sugli immobili pubblici acquistati, ché il momento è grave. Considerato che, oggi, il costo medio del debito pubblico italiano è di circa il 2% (in diminuzione), quello diverrebbe il tetto massimo che lo Stato è disposto ad accettare come affitto da parte delle casse previdenziali che comprassero immobili strumentali pubblici. Sempre meglio della patrimoniale, dice Pomicino. Sarà.

Sommando il ricavato di queste manovre ai 70 miliardi di sovvenzioni del Recovery Fund, dice Pomicino, avremmo entro sei mesi (certo, certo), ben 270 miliardi di nuova finanza senza debito, da mettere in circolo. Ma non è meraviglioso, tutto ciò? E se non bastasse, ecco l’ultima soluzione dell’ex ministro, basata sui leggendari 9.700 miliardi di ricchezza delle famiglie, prescindendo dalla liquidità di tale ricchezza, cioè dalla distinzione tra immobiliare e mobiliare:

È possibile invitare questa grande ricchezza privata a dare un contributo volontario (sottolineo «volontario»), a fondo perduto tra 30 mila euro e 10 milioni di euro a secondo del reddito delle persone fisiche e del fatturato delle imprese concorrendo così a quella generosità nazionale di cui hanno già dato testimonianza medici, infermieri, forze dell’ordine, operai e dirigenti e tantissimi altri cittadini? Noi pensiamo di sì e stime prudenti parlano di un gettito di almeno 120 miliardi con i quali arriveremmo ad una disponibilità di 400 miliardi di risorse fresche.

Sottolineo “volontario”, cari concittadini. E mi piace anche sottolineare il suggerimento di Pomicino al fatturato delle imprese come indicatore patrimoniale. Non siete anche voi profondamente affascinati? Dunque, riepiloghiamo: abbiamo un contributo volontario, basato su una scala di aliquote “consigliate”, di quelle che i Dpcm di questi tempi cupi definirebbero “fortemente raccomandate”, in base alle quali dare prova di generosità e donare.

Bene, ma se i cittadini non fossero così generosi? Vogliamo attaccare alla proposta un piccolo nudge alla mandorla? E sia:

Lo Stato potrebbe dare a questi contribuenti un premio procedurale garantendo per i prossimi cinque anni di non avere accertamenti fiscali a condizione però che i foro redditi e fatturati aumentino ogni anno di almeno di 1,5%.

Abbiamo anche il tasso di crescita programmatico dei redditi che evita accertamenti, come si nota. Forse perché presuppone che i contribuenti riescano a dosare sapientemente il loro eventuale nero? Ah, saperlo. Resta il fatto che una tale misura sarebbe problematica in caso di stagnazione o di recessione. In quei casi, infatti, il “premio procedurale” verrebbe rimosso, aumentando il rischio accertamento. Siamo in recessione, i tuoi redditi calano, forse sei un evasore?

Foto di Harry Strauss da Pixabay 

Alla fine, mi pare un nudge avvelenato. E si capisce: la mandorla contiene cianuro. Mai esagerare.




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