sabato 14 maggio 2016 - Paolo Giardina

Politica e magistratura. L’interventismo dell’italietta che andò alla guerra

Mettiamola così, il Pd si gioca tutto a Milano ed il M5S a Roma.

Le ultime notizie, peraltro, parlano di una sconfitta a tavolino nel capoluogo Lombardo. Pare che Giuseppe Sala, il candidato a sindaco di Milano, sarebbe incandidabile. Non si sarebbe mai dimesso, secondo il settimanale Panorama, da commissario Expo. Mentre nella capitale, la disputa appare equilibrata. Ma li, si gioca a perdere. Le partite, entrambe, si disputano alla presenza di un terzo giocatore, che manifesta la sua “ridiscesa in campo”: la magistratura, a cui va riconosciuto il merito dell’imparzialità.

Tutto è “ricominciato” con l’elezione a presidente dell’Associazione nazionale magistrati di Pier Camillo Davigo, il quale in pochi giorni è riuscito a “risuscitare” pm ormai abbandonati dalla stampa, dalle prime pagine e dai riflettori. Ecco il ritorno del famoso dubbio amletico italiano: intervenire o rimanere neutrali nella guerra in atto? Ha prevalso “l’interventismo”. Questa volta nei confronti dell’intera politica, tout court.

Sia chiaro, il diritto-dovere di un magistrato di indagare presunti colpevoli di malefatte, non è in discussione e non potrebbe esserlo, quello che si intende discutere e la doppia conseguenza di questa azione.

Da un lato, agevolato dai populismi, l’automatismo che determina la trasformazione dell’invio di un avviso di garanzia, da un informativa a tutela dell’indagato a colpevolezza definitiva, per le solite e note convenienze politiche, e dall’altro quella smania di protagonismo di taluni magistrati, che costantemente, non solo con i fatti, nell’esercizio del proprio lavoro, ma soprattutto con le parole, disattendono la Costituzione, quella stessa per cui si candidano per difenderla. Poi c’è la politica.

Quando governava Berlusconi, la Sinistra applaudiva l’interventismo dei magistrati, adesso che c’è Renzi, sono i Cinque Stelle a battere le mani. Bene, se la “matematica” non è un opinione, si attende Beppe Grillo, con una qualche uscita, al solito comica, del tipo: “Vogliono fermarci”.

A quel punto si ricomincia, ma servirà qualche altro demagogo, i candidati ci sono.




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