domenica 3 giugno 2012 - UAAR - A ragion veduta

Politica e famiglia secondo Ratzinger: un modello che viene dal IV secolo

Benedetto XVI si è prodotto ieri nella prevedibile difesa della dottrina familiare cattolica. L’ha fatto sorvolando sui problemi interni al Vaticano, ma attaccando i politici. Che, benché a loro volta alle prese con un’opinione pubblica sempre più disincantata, dedicano evidentemente troppa attenzione al crescente numero di famiglie non ‘riconosciute’ dalla Chiesa cattolica.

Allo stadio di San Siro, insieme a Zanetti e a Baresi, e al Parco Nord durante la veglia, il senso degli interventi di Joseph Ratzinger non si è nemmeno questa volta discostato da quella che è la linea Maginot delle gerarchie ecclesiastiche: soltanto la relazione tra un uomo e una donna, basata su un matrimonio e orientata alla riproduzione, deve essere riconosciuta giuridicamente.

E’ pertanto stato l’intervento di fronte alle autorità politiche quello veramente interessante, perché ha mostrato ancora una volta come la Chiesa intenda affermare la propria dottrina attraverso il potere secolare: di fronte alle silenti autorità della Regione, della Provincia e del Comune, si è non a caso impegnato in un lungo encomio di sant’Ambrogio, ovvero l’uomo che seppe definitivamente piegare l’impero romano alle esigenze della Chiesa del IV secolo. Ratzinger ha detto che fu capace di “superare contrasti e ricomporre divisioni”, dimenticando però che lo fece umiliando l’autorità politica e ottenendo leggi liberticidide che imposero il cristianesimo come religione di Stato, dando nel contempo il via alle persecuzioni nei confronti di pagani, eretici, ebrei e apostati.

Incredibilmente, proprio il pensiero di Ambrogio è servito al papa per introdurre il tema della “laicità dello Stato”. Secondo Benedetto XVI, essa deve “assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune”. L’esatto contrario dell’insegnamento e della pratica di Ambrogio.

Il prosieguo del discorso ha tuttavia superato l’incoerenza, perché per il papa la laicità deve sempre affermarsi “nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti”, e che “debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico [...] Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia, fondata sul matrimonio”.

Si sa quanti e quali azioni, da due millenni, la Chiesa ha posto in essere per “il bene” di chi non la pensa come lei. Si capisce dunque come l’accettazione cattolica del principio di laicità dello Stato sia soltanto apparente: la legislazione deve infatti comunque adeguarsi a quanto sostiene la Chiesa e dunque, in ultima istanza, lo stesso papa. I diritti civili di chi non è cattolico vengono dopo – quando vengono, e per gentile concessione del sommo pontefice.

In serata, durante la veglia, Benedetto XVI ha anche auspicato la crescita del “senso di responsabilità dei partiti, che non devono promettere cose che non possono realizzare”, che peraltro è esattamente quanto fa lo stesso magistero ecclesiastico. I partiti, ha chiesto il papa, “non cerchino solo voti per sé e siano responsabili per il bene di tutti. La politica è responsabilità davanti a Dio e agli uomini”. Difficilmente, tuttavia, “il bene di tutti” può essere raggiunto negando diritti a molti, che magari nemmeno credono a Dio, come avviene quando l’azione di governo fa propri i principi della dottrina romana. Non a caso, secondo quanto riportano organi di stampa, il pontefice ha anche auspicato che “la fede animi la politica”. Ancora una volta, l’esatto contrario del concetto di laicità che orwellianamente e ossessivamente cerca di riscrivere.

E’ del resto dimostrato che la politica, quando è animata dalla fede, non si rivela poi così “benefica” come lo stesso Ratzinger pretende. Roberto Formigoni, il governatore più cattolico d’Italia e, nel contempo, il più inguiato dalle inchieste giudiziarie, ha raccontato che “il papa ha avuto parole straordinarie per me”. L’allineamente delle leggi alla dottrina cattolica passa anche attraverso il sostegno a politici impresentabili. Ma il gioco vale la candela: in Lombardia non si muove foglia che Cl non voglia.




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