venerdì 28 novembre 2014 - Phastidio

Piano Juncker. "Eran 300, deboli e finti"

Il giorno dopo la presentazione del mitologico piano Juncker sugli investimenti, dalle italiche lande giunge un silenzio assordante. Al netto del proclama di Gianni Pittella all’Europarlamento sulla “svolta” epocale e sulla “fine dell’austerità”, resta il dato di fondo: non esiste, oggi, volontà politica di realizzare uno strumento comunitario di finanziamento infrastrutturale, cioè un nucleo di eurobond, per chiamare le cose col loro nome, che possa in caso essere finanziato in easing quantitativo con acquisti da parte della Bce. Non che non si sapesse prima, comunque. Lo ignoravano solo le majorettes renziste.

 

Il piano Juncker, si diceva. Per farvela breve, e come sappiamo da tempo, si tratta di una struttura simile ad un Abs, quindi con una tranche equity, finanziata con una quindicina di miliardi di denaro pubblico comunitario reimpacchettato, che dovrebbe assorbire per primo le eventuali perdite su crediti concessi dalla Bei, che in tal modo manterrebbe la propria tripla A, e vissero tutti felici e contenti. La possibilità di ottenere una leva pari a 15 volte i mezzi propri investiti è del tutto irrealistica, a meno che ci sfugga qualcosa. Vediamo. In dettaglio, è realistica la leva 3 nel passaggio dal Fondo Strategico ai crediti erogati dalla Bei, mentre la leva 5 successiva, derivante da intervento dei privati, è ipotesi eroica. A meno di mettere ulteriore veicolo tra crediti Bei e privati, in modalità scatola cinese, ma sarebbe un filo psichedelico. Poi c’è il problema dei tempi tecnici: verrà insediato un comitato crediti, composto da esponenti di tutti i paesi Ue, che dovrà determinare le priorità nei settori e nelle iniziative finanziabili. Il cronoprogramma (come direbbero a Pontassieve) prevede che questa fase si concluda a giugno 2015, dopo di che si passerà alle erogazioni.

Altra norma prevista è quella che consente ai singoli paesi di effettuare versamenti volontari al capitale dello European Fund for Strategic Investments (EFSI), in deroga al patto di stabilità, cioè senza conteggiare il nuovo deficit e debito realizzati per la capitalizzazione. Questa è la parte dove non pochi media italiani hanno preso un abbaglio, credendo si trattasse del famoso scorporo dal deficit-Pil del cofinanziamento nazionale, quello con cui l’attuale esecutivo e suoi membri vi rimbecilliscono da una decina di mesi ed oltre. Non è così, cari amici, vi siete entusiasmati troppo presto. Tornando al finanziamento volontario nazionale delseed capital del Fondo Strategico, è previsto che non ci sia alcuna priorità nei flussi di finanziamento verso imprese del paese che decidesse di contribuire aggiuntivamente. Quindi, un potente disincentivo a mettere soldi, se il capitale italiano finisse a finanziare imprese portoghesi o spagnole.

Morale? Quella che doveva essere una bomba è in realtà un petardo fradicio. Ed infatti Pier Carlo Padoan non ha fatto nulla per dissimulare la propria delusione:

Il piano di investimenti presentato da Jean Claude Juncker “richiederà parecchi mesi prima che sia messo in condizioni operative” e “nell’attesa, si può già adesso fare qualcosa”. Lo rileva il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sottolineando che “ci sono progetti ‘bancabili’ e ci sono risorse per finanziarli” con la Bei (Ansa, 26 novembre 2014)

“Il governo italiano non ha ancora esaminato l’ipotesi di conferire risorse al Fondo, perché non sappiamo come funziona il Fondo” previsto dal piano investimenti di Juncker. Lo dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo il suo intervento nella plenaria del Parlamento europeo. A chi chiede come giudichi l’effetto leva 1 a 15 annunciato dalla Commissione, Padoan risponde: “è una cifra ragionevole, ma va valutata ex post” (Ansa, 26 novembre 2014)

Quindi, riepilogando: non sappiamo come funziona il fondo (sic) ma la stratosferica leva 15 “è una cifra ragionevole”. Certo, certo. E comunque, progetti bancabili da parte della Bei ce ne sono sempre e da sempre, è business as usual, ministro Padoan. A dirla tutta, questo sembra un contrappasso dantesco: ricordate i famosi “43 miliardi” (venghino!) dello Sblocca Italia, poi scesi progressivamente a spiccioli? Ecco, quello. Ora resta solo da fare memorizzare alle Renzi’s Angels una nuova filastrocca, da diffondere in tutti i talk politici, tra una ceretta e l’altra. E andiamo avanti.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr




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