lunedì 25 giugno 2018 - Phastidio

Pensioni d’oro e pensioni minime | Il miliardo del signor Bonaventura Di Maio

Pensate quanto è dura la vita, se siete la prima forza di un governo populista, la cui funzione (per definizione) è quella di drogare le aspettative di milioni di gonzi che vi credono e pendono dalle vostre labbra, ed al contempo vi trovate la seconda forza di coalizione, che ha una consistenza elettorale pari a metà della vostra, guidata da un personaggio in tranceagonistica che ogni giorno rilancia forsennatamente sullo scibile umano, travestendosi da ministro dei trasporti, della Salute, dell’Economia, della Giustizia. Una vera vita d’inferno, signora mia.

Ecco perché bisogna essere solidali con Luigi Di Maio, il superministro di Lavoro e Sviluppo economico, che ogni giorno cerca disperatamente di lanciare nuove bombe mediatiche mentre si esibisce in bagni di folla fornendo prove del suo inossidabile gentismo. Ieri, ad esempio, il Nostro ha vergato un post strappalacrime puntando il ditino contro quelli che anche quest’anno

«[…] faranno vacanze da nababbi sullo yacht perché hanno una pensione d’oro di migliaia e migliaia di euro – in alcuni casi anche oltre 20.000 euro netti – che da anni gli paga tutta la collettività a causa delle distorsioni del vecchio metodo retributivo»

Ed ecco quindi l’annuncio della Rivoluzione:

«Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’oro che per legge avranno un tetto di 4.000 / 5.000 euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto. E cambiano le cose in meglio anche per chi prende la pensione minima, perché grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime»

Come forse saprete, il maggior problema dei pentastellati è da sempre quello di non riuscire a quadrare gli ordini di grandezza, tra tagli di spesa e riallocazione dei risparmi ottenuti. Da sempre è così: un tempo i grillini volevano salvare il bilancio dello Stato tagliando le auto blu, ad esempio. Oggi ci riprovano con le “pensioni d’oro”. Che va benissimo, per carità. A patto di sapere di che diavolo si sta parlando.

Il centro studi previdenziali Tabula, guidato da Stefano Patriarca, ha pubblicato il risultato di due conticini sulla materia. Partiamo dalla premessa che si debba riallineare la rendita pensionistica ai contributi versati. Secondo i dati Inps, i pensionati che percepiscono un netto di almeno 5.000 euro mensili (cioè 8.500 lordi) sono 30 mila, per un costo annuo di 4 miliardi. I maggiori esperti previdenziali concordano che, nel sistema retributivo, esista uno scarto medio di circa il 25% tra prestazioni e contribuzione, rivalutata secondo i criteri oggi vigenti. Forse da qui il buon Di Maio crede di portare a casa il miliardo: un quarto di 4 miliardi annui.

Se non fosse che le cose non stanno esattamente così, come segnala Tabula, visto che, al crescere della retribuzione, i rendimenti pensionistici subiscono un drastico taglio. Motivo per cui gli esperti ipotizzano che lo scostamento tra contributi e pensione, oltre quota 5.000 euro mensili netti, sia di solo il 5%. Un taglio di questa grandezza alla massa delle pensioni porterebbe risparmi annui di soli 200 milioni. Giusto? Sbagliato. Perché bisogna considerare le tasse cessanti, quelle che i “nababbi” non pagheranno più sulla parte di pensione tagliata. Diciamo metà dell’importo? Ma sì. Il risparmio si riduce quindi a cento milioni, in ipotesi di scostamento del 5% tra contributi e pensione retributiva.

Sono poco meno di 300 euro al mese in meno per i più volte citati “nababbi”. Ma il governo gialloverde vede e provvede (a chiacchiere), anche a loro: come fa notare perfidamente Marco Ruffolo su Repubblica, questi riccastri dovrebbero attendere serenamente la flat tax, prevista nel 2020 per le persone fisiche, per mettersi in tasca un corposo indennizzo:

«[…] Con aliquote Irpef al 15% sotto 80 mila euro e al 20% sopra, non sono difficili i calcoli che può farsi da solo ogni contribuente danaroso: sulla maggior parte del proprio reddito non graverà più un’aliquota del 43% ma del 20. Più che dimezzata. Il nostro pensionato d’oro riceverà così un beneficio fiscale di 1.958 euro netti al mese. Anche levandoci i 284 euro di taglio della pensione, fanno un bei risparmio finale: 1.674 euro. Al mese. Al netto delle tasse. Il 30% in più in portafoglio, secondo Tabula. Insomma, la vacanza del nababbo non solo non si impoverisce ma può arricchirsi con un bei volo per due persone, andata e ritorno, Roma-New York»

Da Repubblica

Quindi, sotto le ipotesi date da Tabula, il miliardo del Signor Bonaventura Di Maio perde uno zero. Che fare, quindi? Andare a prendere i “nababbi” con netto mensile pensionistico di 4 mila euro, anche mediante cumulo di assegni, reversibilità incluse. In quel modo, secondo il centro studi di Patriarca, si recupera l’agognato miliardozzo. Che ci facciamo con quello, con pensioni minime a 630 euro mensili e volendo portarle alla “soglia di cittadinanza” di 780 euro? Beh, facciamo che riusciamo a soddisfare solo mezzo milione di pensionati.

Questo capita, quando non si sa far di conto. Ma ancora più psichedelica è la sparata anema e core di Di Maio per avviare già da quest’anno il reddito di cittadinanza, con la riforma dei centri per l’impiego, anche polemizzando col ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che aveva escluso esborsi nel 2018. Di Maio, ormai un genere letterario ibrido tra Dickens e De Amicis, non deflette:

«Non possiamo accettare che ci siano bambini in povertà assoluta, cioè che non hanno da mangiare, e non fare nulla. Alle famiglie che versano in queste condizioni, ai padri e alle madri che non sanno come portare un piatto in tavola va data una risposta subito»

Ora, seguite la logica, si fa per dire. Ci sono bambini che non hanno da mangiare (chi? Dove? Perché? Numeri ne abbiamo?), allora sai che facciamo? Potenziamo i centri per l’impiego, perché così poi possiamo pagare i 780 euro a testa e maggiorazioni per nucleo familiare. In senso clinico, questa argomentazione credo si chiami delirio. Ed è ormai cronicizzato, visto che Di Maio è quello che diceva che a Roma c’era un miliardo di euro di “sprechi” da recuperare.

Ma Di Maio non è solo, in queste elucubrazioni sul filo della follia. Prendete i leghisti e la loro flat tax. Prima si parlava di “saldo e stralcio” del contenzioso fiscale per chi è “in stato di necessità” per fare emergere una cinquantina di miliardi, con cui finanziare il taglio di aliquote. Coperture una tantum per minor gettito permanente? Ma no, dissero i Nostri: minori aliquote faranno emergere il nero e produrranno un boom di attività, quindi si ripagheranno. Poi, accortisi che quei soldi non esistono, ecco il rilancio di Salvini: “pace fiscale sotto i centomila euro di dovuto all’erario”. Come? Perché? Quanto si ricaverebbe? A cosa servirebbe?

Forse manco più a fingere di dare copertura di cartapesta alla flat tax, che è ormai derubricata a “prospettiva di legislatura”, come si dice quando ci si accorge che i soldi non ci sono. Tutto bene, quindi? Possiamo suonare lo scampato pericolo e attendere serenamente gli spasmi pre-agonici di questo esecutivo? Manco per niente. Perché in questo esecutivo e questa maggioranza c’è gente che punta all’Incidente, e lo faranno quando si renderanno conto di essere con le spalle al muro della realtà. A quel punto potrà succedere di tutto, ma gli italiani se ne accorgeranno solo quando un nuovo devastante danno sarà stato prodotto.




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