martedì 3 gennaio 2023 - Alberto SIGONA

Pelè è stato il più grande. E ve lo dimostro

Da decenni ci s'interroga su chi sia stato il più grande calciatore di sempre. Pelè? Maradona? Di Stefano? Io voto per il numero dieci brasiliano. E vi spiego perchè spetta a lui la corona d'oro di Re del Calcio. 

Pelè è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. L'unico a non aver avuto punti deboli. L'unico a poter disporre di un repertorio completo, privo di pecche, senza zone d'ombra. Non era un dio, ma era IL dio. E a deporre a suo favore concorrono svariati fattori. Innanzitutto la tecnica. Basterebbe guardare pochi minuti di filmati sulla sua carriera, qualche skills e qualche gol per rendersene conto. Quello che per altri era l'eccezione, per lui era l'ordinario. Risucchiava gli avversari come l'aspirapolvere risucchia la cenere. Il suo dribbling era mortificante, persino per professori della difesa come Beckenbauer o C. Maldini. Destro, sinistro, testa, sapeva fornire assist irreali e riusciva ad andare in gol in ogni modo, anche nella maniera più impensabile (pure in rovesciata), su azione, su punizione, su rigore. Ne segnò più di mille, mantenendo costantemente medie realizzative da capogiro, sia col Santos – il club della sua vita – sia in Nazionale. Poi a renderlo micidiale c'era la velocità, ad iniziare dallo scatto: quando partiva palla al piede, inseriva da subito il turbo e gli oppositori apparivano impotenti come dinnanzi a un ciclone. L'asso carioca era inoltre un giocatore completo, versatile come nessuno, un jolly che potevi ritrovare in attacco, a centrocampo, con escursioni in difesa e persino in porta quando l'urgenza lo imponeva, sempre con egregi risultati. Qualche suo detrattore a suo discapito - e a vantaggio di Maradona o altri dei - evidenzia come non si sia mai misurato in club europei. Vero. Pelè non ha mai giocato in club europei (tantomeno in Italia) - lo Stato brasiliano lo dichiarò patrimonio nazionale impedendone ogni trasferimento al di fuori del Brasile - ma vi ha giocato spesso contro, sostenendo diversi “esami” durissimi. In molte amichevoli certo, ma soprattutto è doveroso citare le sue “avventure” in match ufficiali. In Coppa Intercontinentale sfidò top team come Benfica e Milan (che all'epoca rappresentavano l'apice del football internazionale), che furono puntualmente ridicolizzati della sua classe immensa, senza confini nel senso letterale del termine. Alla prima squadra rifilò 5 gol in due partite, alla seconda appioppò una doppietta. E vogliamo parlare dei Mondiali? Ne vinse tre (il primo da diciassettenne!), un record che dura tuttora, segnandovi 12 reti, quasi un gol a partita, castigando corazzate del calibro di Francia (demolita con una magica tripletta), Cecoslovacchia e Italia, demolendo difese di ogni livello, con prestazioni sontuose e gol da fantascienza, come quello che mise a segno nella Finale del 1958 al cospetto della Svezia (da vedere e rivedere all'infinito) o quello - da enciclopedia - che siglò di testa in Finale contro gli azzurri di Valcareggi, quando prese l'ascensore per sovrastare un certo Tarcisio Burgnich, non proprio una pecorella d'area. Ovunque andasse faceva il fenomeno, attestandosi su livelli mostruosi in tre decadi, dagli Anni 50 agli Anni 70. il calcio cambiava e lui no, mai. Semmai fu lui a cambiare il calcio. Lucidandolo con la sua maestria, rendendolo scintillante. Impreziosendolo con le sue perle e con le gemme più rare. Elevandolo a nobile arte figurativa Lui era Pelè. E come lui non ci sarà più nessuno. Alberto Sigona 1 gennaio 2023




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