lunedì 19 aprile 2021 - UAAR - A ragion veduta

Parità di genere alla vaticana

Nel 1978 Marilyn Loden durante un’intervista coniò la metafora “glass ceiling” (soffitto di cristallo) per indicare quelle barriere invisibili che di fatto impedivano alle donne di raggiungere ruoli apicali nel settore privato del lavoro. 

Oggi in Italia proprio quel soffitto di cristallo stenta ancora ad essere abbattuto, non solo e non tanto nel settore del lavoro autonomo ma anche e soprattutto nel comparto del Pubblico, impedendo il compimento di una parità di genere formale e sostanziale, così necessaria e non più procrastinabile in un Paese che voglia definirsi pienamente democratico, civile e laico.

Sebbene con notevole ritardo rispetto all’Europa, l’impressione generale è che negli ultimi due decenni le cose stiano cambiando. Più volte abbiamo finalmente sentito le frasi “la prima donna ad essere nominata…” o “la prima donna a svolgere il ruolo di…”, fatto in sé da ritenersi incoraggiante.

Ma osservando con attenzione quanto sta avvenendo nell’ultimo periodo, qualcosa non torna. Consideriamo tre prestigiose nomine: la più recente, quella della prof. Maria Chiara Carrozza a direttrice del CNR, ma anche quella della prof. e attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia alla presidenza della Corte Costituzionale e, ancor prima, della prof. Fabiola Gianotti come direttrice generale del CERN.

Pur riconoscendo l’autorevolezza, la professionalità e gli indubbi meriti accademici delle personalità summenzionate, colpisce come rispettivamente la prima il 21 febbraio scorso sia stata nominata da Bergoglio membro della Pontificia Accademia per la Vita, la seconda, tra le varie uscite clericali, abbia dichiarato la sua appartenenza al movimento Comunione e Liberazione sin dai tempi della scuola e la terza sia membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze dal settembre 2020.

Nel nostro Paese la cattiva prassi di collocare nei ruoli apicali del comparto pubblico, anche in ambito scientifico, persone gradite alla Santa Sede non è di per sé una novità. Val la pena di ricordare come recentemente il ministro della Salute Speranza abbia nominato l’arcivescovo mons. Vincenzo Paglia a capo della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, quindi non stupisce che cambiando la società questa prassi odiosa venga estesa anche alle donne.

Se davvero in Italia, dove la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato la laicità come supremo principio costituzionale, la parità di genere si esprime solo nella scelta per alcuni ruoli apicali di donne cooptate dal Vaticano, questo non può essere accolto né come un progresso della società né come qualcosa di cui rallegrarsi.

Maria Fatta

 

 




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