venerdì 24 agosto 2018 - Giovanni Greto

Paolo Di Sabatino Trio & Orchestra Sinfonica Abruzzese, “Sinfonico” (Incipit Records/Egea)

L’ultima incisione del pianista e compositore abruzzese Paolo Di Sabatino (Teramo, 26 settembre 1970) si può dividere in due parti. Nella prima si susseguono quattro pezzi originali ad ampio respiro. Ricordano a tratti la musica per film che raccontano storie di chi ha trovato la forza per reagire a situazioni drammatiche; di chi ha dovuto lasciare la terra natìa perchè non ce la faceva ad andare avanti; di chi ha visto la sua abitazione crollata per imprevedibili cause naturali, e così via.

Il brano iniziale, “Caterina/Ciclito è una medley dedicata dall’autore ai figli Caterina e Luigi. L’orchestra è in primo piano fino a quando il trio non emerge da un disegno maestoso. Subito colpisce il tocco delicato sulla tastiera, il frusciare delle spazzole, il calore del contrabbasso. L’orchestra ad un certo punto gradatamente sfuma e, dopo un 4/4 swingante del trio, rientra e sviluppa una struttura melodica che ricorda il tango argentino. Finale secco con i musicisti attenti ad eseguire importanti obbligati.

“The Country Lane” è un 4/4 dapprima lento, che col passare del tempo si velocizza ed acquista swing grazie all’intervento del trio. Spesso l’orchestra si esprime da sola, creando momenti estremamente diversi.

“Fantasy for piano jazz trio & Orchestra” è forse il brano più ricco di variazioni. Ad una delicata introduzione del piano fa seguito un sentimentale ingresso degli archi, nei quali si inserisce un oboe solista. Una ripartenza aggressiva del pianoforte, con un felice mutamento ritmico, conferisce al brano una nuova freschezza, mentre risulta gradevole l’intervento corale delle trombe sordinate.

“Chiara di luna” è dedicato alla moglie Clara. E’ una tenera melodia, dall’andamento ternario, rinforzata dall’orchestra. E’ un brano che esprime, azzardo, l’amore per la donna che ha risvegliato in lui (Di Sabatino) la passione e la voglia di metter su famiglia. “Ricordati che ti amo, ti ho sempre amata e per sempre ti amerò”: questo il pensiero-base che sembra comunicare la musica. Un efficace assolo del contrabbasso, sostenuto da brevi tocchi del pianoforte e da un elegante tappeto di spazzole esemplifica le numerose situazioni che caratterizzano tutti i brani originali.

Per la seconda parte, Di Sabatino sceglie sei canzoni italiane di successo e le riarrangia con gusto per un convincente dialogo tra orchestra e trio.

SI parte con “Azzurro”, una composizione dell’allora sconosciuto Paolo Conte, portata al successo da Adriano Celentano. Convincente l’interplay tra l’orchestra ed il trio, con una bossanova ritmicamente sottesa, anche se non effettivamente esmplificata.

“Donne”, di Zucchero, è contraddistinta da una lenta ritmica pop, vagamente funk.

Dal repertorio del compianto Fred Buscaglione Di Sabatini estrae “Guarda che luna”, in cui il morbido suono di una tromba enuncia il tema, sostenuto da una ficcante figurazione degli archi. Quando entra il trio, l’andamento ritmico si fa latineggiante, un accenno alle canzoni degli anni ’50 dominate dalle orchestre sudamericane (mi viene in mente quella di Xavier Cugat).

“Nel blu dipinto di blu – Volare”, è il titolo italiano che si è imposto con maggiore successo in tutto il mondo. Dopo l’inizio affidato ad archi e fiati, il tema, come se fosse una favola, viene esposto dai fiati. Si avverte un senso di sospensione vaporosa, con gli ottoni e le ance in primo piano. Entra in scena il trio e pianoforte e contrabbasso si spartiscono l’esposizione del tema. E’ un morbido funky-jazz, pieno di colori, in cui c’è una collaborazione tecnicamente perfetta tra orchestra e trio.

Ancora una volta ritorna alla ribalta il festival di Sanremo, quello che riuniva le famiglie al tempo del monopolio RAI, con “Il cuore è uno zingaro”, di Migliacci-Mattone, interpretato all’epoca, se il ricordo non mi tradisce, dall’accoppiata Nada-Nicola Di Bari. In questo caso, un pedale mantenuto con fermezza dal pianoforte, detta il tempo e l’atmosfera, inducendo l’orchestra e la sezione ritmica ad esprimersi sulla falsariga di certi motivi sudamericani di successo degli anni ’50 e ’60 (“La paloma” e “La cumparsita”, della quale, mi sembra che Di Sabatino citi l’inizio), in un periodo in cui le orchestre si davano battaglia per conquistarsi il pubblico dei locali o le apparizioni televisive.

Il brano finale è affidato ad un altro successo italiano di risonanza mondiale, “Quando quando quando”, di Tony Renis. Sorprende la scelta di iniziare con quell’insistita frase ritmica che di solito le orchestre da ballo utilizzano per “Brasil”, un titolo accorciato, tratto da “Aquarela do Brasil”, la canzone di Ary Barroso che identifica il grande Paese sudamericano. Anche se poi il brano da vivace per un attimo diventa morbidamente languido, grazie al trio, il conosciuto inizio non può non far pensare a quegli orrendi trenini che caratterizzano soprattutto il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo.

Alla fin fine è un disco che si può tranquillamente inserire nel lettore, perché si ascolta con piacere. L’orchestra e il trio Jazz non si pestano i piedi, anzi dialogano e si stimolano vicendevolmente. Di Sabatino ricorda a volte Oscar Peterson, per un ricchissimo fraseggio che spesso lascia senza respiro. Il contrabbassista Daniele Mencarelli mantiene con abilità i numerosi e differenti andamenti ritmici, in sintonia con un lodevole Glauco Di Sabatino, batterista attento, mai debordante, nemmeno nei momenti degli assolo. L’orchestra, diretta da Roberto Molinelli, fa la sua bella figura e chissà che questo progetto non possa comparire nel cartellone delle stagioni sinfoniche degli storici teatri lirici italiani e magari europei.




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