lunedì 28 agosto 2017 - Francesco Grano

"Onora il padre e la madre": un dostoevskiano dramma famigliare

A quasi dieci anni di distanza dall'uscita nelle sale, Onora il padre e la madre continua a essere un'opera cinematografica interessante e spiazzante. In occasione dell'avvicinarsi dell'anniversario, (ri)scopriamo l'ultimo film di Sidney Lumet.

 

 

 

Andrew Hanson (Philip Seymour Hoffman) dirigente immobiliare bisognoso di denaro, convince il fratello minore Hank (Ethan Hawke), divorziato e in debito con gli alimenti che deve all’ex moglie e alla figlia, a rapinare la gioielleria di proprietà dei genitori situata a Westchester, nella periferia di New York. Dapprima incredulo e riluttante Hank, dopo aver riflettuto, decide di procedere con il colpo, ingaggiando Bobby (Brian F. O’Byrne) un delinquente che deve compiere la rapina al suo posto. Ma, durante le concitate fasi dell’assalto alla gioielleria, qualcosa va storto e Bobby viene ucciso dalla madre di Andy e Hank la quale, a sua volta, rimane ferita mortalmente dal criminale. Spiazzati dal nefasto esito, i due fratelli, tra rimorsi e sensi di colpa, cercano di gestire la difficile situazione, ma ogni singola scelta precipita le loro esistenze verso un gorgo di violenza e morte.

Opera ultima del grande Sidney Lumet (scomparso nel 2011), regista che ha regalato al mondo intero pietre miliari come La parola ai giurati (12 Angry Men, 1957), Serpico (id., 1973), Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon, 1975) e Quinto potere (Network, 1976), Onora il padre e la madre (Before the Devil Knows You're Dead, 2007) è il testamento filmico di un autore che ha sempre sondato i terreni più oscuri dell’animo umano. Senza peli sulla lingua né retorica di alcun tipo, Lumet trascina lo spettatore nelle vite borderline di due fratelli newyorkesi, afflitti da svariati problemi economici ed esistenziali che, con l’acqua alla gola, decidono di colpire proprio ciò che, forse, hanno di più caro: la famiglia. Onora il padre e la madre è la ricostruzione minuziosa, come accade in Quel pomeriggio di un giorno da cani, di una scelta che porta a vivere una giornata maledetta, segnata dal rosso del sangue e dalla morte. Con piglio antropologico e mediante l’ausilio di flashback e diversi punti di vista – il che rende la struttura dell’intero film irregolare e senza una linea temporale fissa – Lumet mette sotto i riflettori quelle pulsioni, quegli istinti ancestrali insiti nell’animo umano, come la violenza brutale, la sete di potere e l’autodistruzione.

Sì, perché Onora il padre e la madre non è solo il palcoscenico su cui viene messo in mostra lo sgretolamento dell’unione del nucleo famigliare, bensì la percorrenza di una strada sbagliata che porta – inevitabilmente – verso un punto di non ritorno. Senza soluzione di continuità, Lumet mette alla berlina l’american way of life, mito più mediatico che reale, e tutti i suoi lati più oscuri, nascosti, celati dietro una fragile quanto subdola facciata di perbenismo e perfezione. Tra debiti, ammanchi di denaro, tradimenti, relazioni extraconiugali, abuso e uso di alcol e sostanze stupefacenti Andy e Hank, quest’ultimo succube e vittima prediletta del fratello maggiore/carnefice, sono l’uno il riflesso speculare dell’altro. Non a caso la visione di insieme di Onora il padre e la madre è un incrocio a metà strada tra il filmico e la letteratura, in cui vengono a convergere lo sguardo spietato di Lumet e gli echi goethiani e dostoevskiani del Faust e di Delitto e castigo.

L’Andrew Hanson interpretato con sagacia e imponenza attoriale dal compianto Philip Seymour Hoffman si incastra, perfettamente, con la figura luciferina di un Mefistofele dei nostri tempi, un essere dalla tagliente intelligenza e privo di empatia alcuna, che regge i fili del destino altrui e delle sue vittime trascinandole senza alternative in un nero inferno, mentre l’Hank di Ethan Hawke è la rappresentazione del debole, del losers di tanta memoria cinematografica il quale, per dare una svolta alla sua vita, decide di vendere l’anima e, con essa, la poca onestà che gli rimane. Hoffman e Hawke fanno dei loro personaggi, privi di maschere posticce ma – piuttosto – calati in toto anima e corpo nei ruoli, due microcosmi pieni di debolezze e peccati, psicologicamente approfonditi e sfaccettati degni del metodo Stanislavskij, rivelandosi l’intero moto propulsore delle vicende di Onora il padre e la madre.

Opus travolgente e spiazzante, solida e ineccepibile come ogni regia del maestro Sidney Lumet, Onora il padre e la madre è un dostoevskiano dramma famigliare in cui, per una volta, le colpe dei padri non ricadono sui figli, semmai è il contrario: a ricadere sulle anziane spalle dei genitori sono le colpe dei figli che, nonostante i legami familiari, filiali, paterni e materni non possono, secondo una visione di giustezza, rimanere impunite per sempre.




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