mercoledì 9 agosto 2017 - Essere Sinistra

Olivetti: un’utopia che voleva diventare realtà

Il 4 agosto 1932 Adriano Olivetti trasforma la “Ing. C. Olivetti & C.” di Ivrea, nella società Olivetti di cui diviene prima direttore generale e poi presidente.

da Pandorarivista.it

L’azienda, prima fabbrica italiana di macchine per scrivere, era stata fondata nel 1908 dal padre Camillo, imprenditore di idee socialiste ed oppositore del fascismo (Nel ’26 era stato, insieme a Ferruccio Parri, Carlo Rosselli e al giovane Adriano, tra gli organizzatori dell’espatrio clandestino di Turati).

Durante la direzione di Adriano, la Olivetti divenne una delle più importanti eccellenze del capitalismo italiano, arrivando a produrre il primo calcolatore completamente a transistor, l’Elea 9003, nonché il primo calcolatore personale, progenitore dei personal computer.

Ma la Olivetti fu anche un luogo in cui venivano sperimentate filosofie di gestione aziendale nuove e innovative per l’epoca, nel tentativo di coniugare profitto, benessere dei lavoratori e utilità sociale dell’impresa.

I dipendenti ricevevano salari più alti della media e godevano di servizi ulteriori. L’azienda assumeva anche artisti, filosofi, scrittori, disegnatori e poeti e prestò sempre grande attenzione alle discipline architettoniche, urbanistiche e sociologiche, divenendo anche un importante centro di elaborazione intellettuale.

Vennero sperimentate nuove forme di contrattazione aziendale.

Fra le imprese private (l’unico altro caso è quello delle partecipate statali) fu infatti solo l’Olivetti che si interessò alle funzioni specifiche per ciascun dipendente e ai problemi posti dai rappresentanti dei lavoratori, nei cui confronti vigeva, da parte dei dirigenti, un profondo rispetto, poiché questi vedevano nella conflittualità un elemento fisiologico.

A tale riguardo si può ricordare come l’azienda difese i posti di lavoro nel 1964, applicando una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro, in modo da non perdere nessun dipendente, accompagnata da un’integrazione tramite la Cassa Integrazione Guadagni ordinaria.

Purtroppo con la prematura morte di Adriano Olivetti, avvenuta nel 1960 e seguita un anno dopo da quella di Mario Tchou, geniale ingegnere alla guida della pionieristica Divisione Elettronica, emersero le difficoltà dell’azienda, soprattutto per via di un capitalismo privato non in grado di poter gestire un colosso che si collocava sulla frontiera dell’innovazione, cosa che implicava tutta una serie di rischi.

Poco dopo la morte di Olivetti, infatti, entrarono nel capitale dell’azienda nuovi soci, Fiat, banca IMI, Centrale, Mediobanca e Pirelli, che non credevano nella nuova scommessa.

Come ebbe a dire Vittorio Valletta “ Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare”, ad indicare gli enormi limiti del capitalismo privato italiano ad assumersi i rischi dell’innovazione.

Anche da parte del pubblico mancò sempre la consapevolezza di quanto i nuovi settori fossero strategici e dunque della necessità di sostenerne lo sviluppo con ingenti commesse pubbliche, come avveniva negli Stati Uniti e in altri paesi. Nel 1964 la Divisione Elettronica sarà venduta a General Electric.

Con la morte di Adriano Olivetti cessa la “fase eroica” di Olivetti, che cercherà di reinserirsi successivamente nel settore informatico e si dedicherà in seguito anche alla telefonia mobile.

Attualmente fa parte del gruppo Telecom Italia.

Resta però la memoria di un periodo incredibilmente innovativo, da cui bisognerebbe recuperare diverse lezioni e innumerevoli intuizioni su un modo innovativo di guardare ai rapporti tra impresa, lavoratori, territorio e società.




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