venerdì 14 marzo 2014 - angelo umana

Oh boy, un caffé a Berlino

 

Sacrosanto e preciso il giudizio di Marianna Cappi su mymovies.it: “Il film nel suo complesso non va oltre la natura di un'opera garbata eppure incapace di superare la soglia dell'ingenuità e dell'imitazione”. Chissà se un film così vuole definirsi di avanguardia o se esso sia di retroguardia, minimale e in fondo non molto significativo né importante. È un’opera prima, un bianco e nero che costa poco ma dà poco.


 
Niko, 24enne osservativo che come la macchina da presa, osserva lungamente Berlino, sembra una canna al vento, non sa ancora che direzione prendere: da due anni ha smesso di frequentare l’università e pensa, osserva, non conclude niente. Ce lo rivela suo padre, uno di quegli uomini tutti d’un pezzo e di successo, cosciente e orgoglioso delle sue fatiche per dare benessere alla famiglia, il quale ha smesso di alimentare il conto corrente di Niko con 1000€ al mese, al punto che lo sportello bancomat gli “mangia” la preziosa tessera.
 
Niko osserva ma è lui il protagonista, spettatore e attore di un suo tempo inconcludente. Vediamo due svogliati rapporti con ragazze ma due più significativi incontri con anziani; forse la virtù di Niko è quella di far confidare in lui gli anziani, farsi voler bene per la sua aria per nulla aggressiva. Spesso nei film il protagonista esce da quasi eroe, alla fine ha successo, lui resta come “color che son sospesi”, chissà se col tempo gli servirà il monito definitivo che suo papà gli comunica, tra una buca e l’altra nel green del golf: “L’unica cosa che posso fare per te è non fare nulla per te d’ora in poi”. Resta la domanda se sia lecito – un diritto - oppure no che ognuno possa avere un tempo osservativo, inconcludente, sospeso, a 24 come a 60 anni.




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