giovedì 16 dicembre 2021 - angelo umana

Nowhere Special

 Un bambino di 4 anni che all'orario solito aspetta da dietro la finestra il ritorno del papà dal lavoro, osserva attento, lo vede e va alla porta ad accoglierlo. E' sereno coi gesti delicati dell'adulto e le fiabe lettegli nel lettino prima di dormire. 

Quando al mattino viene portato all'asilo il bambino riflette sull'assenza della mamma al suo fianco, tutti gli altri ce l'hanno, dov'è la mia mamma?, ma la ragazza russa che lo concepì scappò via dopo la sua nascita. Le finestre nel film sono protagoniste, perché questo papà fa il lavavetri all'esterno di edifici privati e in cima alla scala – luogo di lavoro – vede le case degli altri, le loro cose, o immagina “le vite degli altri”.

Questa è la premessa di chi voglia osservare il film con un certo sentimentalismo, vedere o “sentire” le lacrime montare, ma il fair-play inglese non lo consente, tutta quanta la proiezione e il regista-sceneggiatore italo-britannico Uberto Pasolini non lo fanno, e comunque a lui è dovuto un grazie per avere raccontato questo film sulla vita come lo definisce (fu apprezzatissimo anche Still Life).


Spesso non immaginiamo quante situazioni diverse si presentano nella vita altrui, o nostra? Anche il cinema serve a ricordarle: così fu per 18 Regali, per Tutti i nostri desideri..., cose che a un genitore non sarà dato di fare, come “crescere” con il proprio figlio... Evviva il cinema!

L'idea, raccontava nel prezioso cinema Edera di Treviso, gli venne da un articolo di giornale: un papà senza tanti mezzi, di umile mestiere, voleva dare in adozione il proprio bambino perché, malato, sapeva di dover morire a breve. Lesse l'articolo, le autobiografie di persone che stavano per morire, guardò documentari, parlò con persone affidatarie poi ho messo tutto da parte e ho cominciato a scrivere.

Il film è un iter di visite fatte dal papà col bambino, accompagnati dalla psicologa dei servizi sociali presso famiglie probabili candidate all'adozione. E' anche un modo di verificare come la disponibilità ad adottare può venire accolta da coppie diverse: chi storce il naso, chi pensa di far intraprendere al figlio scuole “perbene”, la single che vede nell'adozione la luce alla fine di un tunnel, uno scopo nella vita. Ognuna con le sue visioni e i suoi must. Papà John (James Norton) e il piccolo Michael (Daniel Lamont) fanno da spettatori di questi quadretti familiari.

Comincia a capire anche il piccolo Michael che John se ne andrà – papà gli ha pure detto un giorno accadrà, non sono più così giovane ormai. Dice alla psicologa gli dato una famiglia e dovrò togliergliela. Sceglierà un focolare Michael, questo è parte dell'immaginazione del regista. Il papà ha cercato di fargli comprendere il lutto: lui lo vedrà sempre anche se potrà solo immaginare di parlargli, che saranno sempre accanto senza vedersi, che sarà presente nei suoi pensieri, nei gesti e nelle immagini mentali. La cosa è verosimile se pensiamo ai nostri morti ed è per il piccolo un'educazione sentimentale che presto impara. Ottima l'interpretazione compunta del piccolo Daniel, si è messo perfettamente nella parte, ma il regista ce lo ha descritto come un bambino allegro e pieno di vita.




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