lunedì 23 aprile 2018 - Antonio Moscato

Novità a Cuba? L’elezione di Miguel Diaz-Canel

Francamente è presto per commentare l’elezione del primo presidente nato dopo la vittoria della rivoluzione. Più volte, anche senza arrivare a una nomina formale, erano comparsi a fianco di Fidel giovani quadri di belle speranza che tutti i “cubanologi” indicavano come i delfini dei Castro: Carlos Aldana, Roberto Robaina, Carlos Lage Dávila, Felipe Pérez Roque, ed altri, che dopo qualche anno erano stati poi destituiti bruscamente con motivazioni generiche e poco convincenti. In un paio di casi si era detto che erano “attratti dal miele del potere”... 

La prima novità dunque è semplicemente quella che è arrivato in porto un progetto di ringiovanimento del gruppo dirigente che era stato pensato da tempo ma era stato finora bloccato da paure poco fondate e da metodi troppo bruschi.

Miguel Diaz-Canel è stato alla fine eletto con un voto che lo stesso corrispondente dall’Avana del “manifesto” ha definito bulgaro (99,83%) e che la dice lunga sui criteri di selezione di un’assemblea di dubbia utilità e rappresentatività. Ma il basso profilo mantenuto da Diaz-Canel negli anni dell’attesa (e dell’apprendistato) consiglia di aspettare a parlare di cosa vorrà e potrà fare, in un sistema regolato da una costituzione che subordina formalmente il governo, il parlamento e la società al ruolo dirigente del partito comunista, il cui segretario generale è Raúl Castro e nel cui Ufficio politico siedono alcuni esponenti conservatori della vecchia generazione.

Il linguaggio usato da Diaz-Canel per presentarsi è quanto mai rituale: “continuerà il perfezionamento del socialismo”, e manterrà come “priorità interne” i problemi socioeconomici già definiti dalla precedente amministrazione. D’altra parte, con parole di lode al ruolo storico del vecchio leader, Diaz-Canel ha annunciato che Raúl Castro sarà il “promotore delle decisioni più importanti per il presente e il futuro della nazione” in quanto primo segretario del PC di Cuba. E Raúl Castro in un discorso più articolato e meno freddo del consueto, ha precisato però che la singolare situazione che il nuovo presidente cubano non sia anche il primo segretario del PCC è solo temporanea, dal momento che si prevede che entro tre anni Diaz Canel assuma anche questo incarico. Un’altra lunga fase di apprendistato...

La sorte della nuova presidenza dipende da molti fattori, in gran parte esterni. Aumentano le incertezze per il ruolo degli USA, appoggiati da molti governi dell’America Latina e anche dal Canada, che ha ridimensionato la sua rappresentanza diplomatica all’Avana accettando la motivazione di Trump, che aveva preso a pretesto un ipotetico avvelenamento ambientale doloso. Sono in gravi difficoltà i paesi sopravvissuti all’ondata di destra: persa da tempo l’Argentina, e lacerato il Brasile, ma con una mobilitazione insufficiente della parte di sinistra, è incerta la sorte dell’Ecuador, ma anche e soprattutto quella del Venezuela. Lo stesso corrispondente del Manifesto dall’Avana non ha nascosto che una delle maggiori preoccupazioni riguarda proprio la sopravvivenza di questo paese che in passato aveva fornito un aiuto prezioso e disinteressato a Cuba. Rimane poco altro: non considero neppure tra gli amici di Cuba la dinastia pseudosandinista di Ortega che guida il Nicaragua. Questo paese era diventato già un peso, ed è oggi un nuovo fattore di discredito, dato che spara senza esitare su chi protesta contro i tagli alle pensioni.

Chi può aiutare Cuba a resistere ancora a una penetrazione statunitense divenuta più facile col gesto di Obama e oggi pericolosissima per l’asse tra Trump e la peggiore feccia revanscista di Miami? Non certo l’Europa, in cui il 90% di quel poco che rimane di sinistra non pensa neanche lontanamente di far qualcosa per spezzare l’assedio. Non la Russia e la Cina, che in continenti lontani hanno una lunga tradizione di scarso impegno a sostenere cause scomode quando aumentano il contenzioso con gli Stati Uniti.Non ci rassegniamo, e faremo il possibile per difenderla, ma sarà un compito difficilissimo, soprattutto se Cuba non riuscirà a riallacciarsi al suo eccezionale e originale patrimonio rivoluzionario, utilizzando tutte le sue potenzialità per rilanciare una credibile proposta internazionalista.

Si capisce quindi l’incertezza nel fare previsioni sul futuro di Diaz-Canel (e di Cuba). Un giurista cubano, Julio Antonio Fernández, ha dichiarato in modo ironico all’agenzia IPS che lo intervistava: “Tutti sono d’accordo che avremo un nuovo paese... Io direi di più, avremo un nuovo Stato, un nuovo governo, una nuova politica, e tutto sarà diverso, ma non sappiamo in che cosa e quanto”.

 



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