martedì 5 marzo 2013 - Professional Consumer

Non tengo moneta, un guaio per tutt*

Quando acquisto un abito, acquisto materiale, idee, tecnologia, lavoro: insomma valore. Con la moneta, remunero quel valore trasformandolo in ricchezza. Poi quell'abito lo indosso, lo uso; fatto alla Moda si consuma più in fretta, giustappunto per poterlo riacquistare, e vai col tango. Così il meccanismo gira: si ri-produce, ancora lavoro, si ricrea valore, nuovamente ricchezza ancor più crescita.

Quando faccio questo, insomma, metto in campo risorse produttive indispensabili per il funzionamento del procedimento economico.

Orbene, negli ultimi 15 anni il potere d'acquisto di oltre 6.000.000 di pensionati si riduce del 30%, come dice il Sindacato Pensionati; quando poi ci sono pure quelli che lavorano con stipendi fermi al 1997; altri ancora, più dell' 11%, che non lavorano e non guadagnano e se c'è pure chi da un lavoro, magari precario o part time, guadagna poco. Se tanto mi da' tanto, come faccio a fare quel che mi tocca fare per esercizio di ruolo?

Ormale, non acquisto. Quando questo accade il valore di quell'abito invenduto si svaluta, non trova remunero il materiale impiegato, l'idea sviluppata, la tecnologia impiegata, il lavoro agito: niente ricchezza, tanta crisi.

Un momento, sbirciando dentro cotanta crisi si mostra un fatto nuovo: allo svalutarsi del valore di quell'abito acquistano valore le risorse impiegate nel mio esercizio economico che il mercato, liberato dagli anabolizzanti reflattivi, deve prezzare e ancor non prezza.

Una nuova offerta, insomma, per una altrettanto nuova domanda, quella di chi deve smerciare quell'abito.

Che dall'FMI la Lagarde intenda dire questo quando dice: "La performance globale debole deriva dai progressi insufficienti nel riequilibrio della domanda globale"?




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