venerdì 23 maggio 2014 - Antonello Laiso

Non solo numeri: i suicidi annuali nelle nostre carceri

 
Ogni anno un macabro dato report monitorizzato da media, addetti ai lavori e Ministero della giustizia: quello che indica i casi di suicidi che si verificano nelle carceri italiane. Si parla di alcune decine 50, 47, 60 (63 nel 2011 ndr) ma le persone, i detenuti, che si suicidano per una condizione che psicologicamente rappresenta la più dura prova della propria vita sono in costante aumento. Loro, quei corpi, non possono essere solo numeri e far parte di dati.
 
Le misure di prevenzione che esistono in tutte le strutture carcerarie della nostra penisola non riescono spesso a contrastare un insano gesto estremo di sofferenza. Le condizioni poi di tale detenzione di chi si trova per la prima volta o anche per una seconda volta ad entrare in tali strutture contribuiscono unitamente a quel disagio, a quella vergogna, che non può né deve deve essere tale, a quel pensiero suicida latente che, se non tenuto sotto controllo con le dovute misure, spesso prende il sopravvento sulla ragione.
 
Una ragione che si offusca come quando in una giornata di sole nuvole improvvise prendono il sopravvento ed il sole diviene solo un ricordo. Quei valori che devono rappresentare ogni persona, come la dignità, non possono essere annullati in tali strutture che, come ben sappiamo, sono e devono essere a scopo rieducativo e non a punizione né fisica né tantomeno psicologica.
 
La privazione della libertà personale che si verifica nelle carceri coincide nella privazione di un proprio diritto a riscatto di un delitto, la libertà di disporre del proprio essere non solo fisico. Le coercizioni materiali, l'arresto, la collocazione in un istituto di correzione, la forma di detenzione e la perquisizione personale, contribuiscono a quella condizione lesiva della dignità che scatena l'impulso, in una personalità spesso già border line, alla normalità o fino ad allora irreprensibile da tale pensiero per creare l'humus di un terreno fertile suicida.
 
Le morti dei detenuti nelle nostre carceri non possono essere solo dei dati report annuali, le morti di tali persone sono e devono essere un colpo di frusta alle nostre coscienze per migliorare dovutamente ed obbligatoriamente quelle condizioni di detenzione. Chi sta fuori spesso non può capire, ma quelle morti sono un ulteriore invito a dover capire se ce ne fosse ancora bisogno.

 

Foto: Ro_buk/Flickr




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