giovedì 2 agosto 2012 - Enrico Emilitri

Non mischiamo il sacro col profano!

Recentemente mi sono collegato alla pagina facebook di una persona che conosco da almeno vent'anni e che stimo molto. Si tratta di uno scienziato e studioso cui da tempo insisto nel chiedere alcune tavole relative ai luoghi di culto celtici da inserire nella mia raccolta di relazioni da me sbobinate nel corso di una mostra-convegno sui Celti svoltasi a Varese nel 1991, e che - per cause di forza maggiore - non mi sono ancora pervenute.

In un angolo di questa pagina era inserita la protesta della sezione lecchese dell'Associazione Culturale Terra Insubre, nella quale si denunciava come l'attuale sindaco di Lecco (eletto nelle file del PD) abbia fatte rimuovere tutte le indicazioni stradali e toponomastiche dialettali, ripristinando di fatto la piena italianità del capoluogo e delle immediate adiacenze.

Vorrei ricordare a queste persone che uno dei motivi che mi hanno indotto a lasciare la mia Regione natale (la Lombardia) è quello che, dopo aver sparato (al pari di un antico drago) fuoco e fiamme, la Lega Nord (di cui la suddetta associazione è tra i principali referenti) non ha voluto (o, forse, non è stata in grado di farlo) mantenere - tra le altre cose - il principio che nell'assegnazione dei posti di lavoro - tanto nel settore pubblico che in quello privato - sarebbero stati privilegiati i nativi o i residenti di lungo periodo. Ora, essendo che (al pari di mia sorella e dei miei nipoti) io sono nato a Tradate (Va), che mio padre è di origini valtellinesi ma nato in provincia di Varese, che mia madre (deceduta quattro anni e mezzo fa) era mantovana, e che comunque tutti avevamo solide radici lombarde da numerose generazioni, è evidente che un simile movimento intendeva che prima vi si aderisse, e poi semmai si sarebbe garantito il posto di lavoro. Questo, insieme a diversi altri che non enumero, è stato uno dei motivi che mi hanno indotto ad emigrare in Trentino-Alto Adige, dove mi sono potuto affermare come operatore culturale nel settore museale.

In secondo luogo, la Lega (e l'Associazione Culturale Terra Insubre) ha sempre dichiarato di voler recuperare l'identità culturale dei popoli del Nord, da molto tempo ormai imbarbarita dalle continue infiltrazioni vuoi dei meridionali (i cosiddetti "terroni"), vuoi degli extracomunitari, dimenticandosi che un simile imbarbarimento era già in corso da molto rima. Senza andare troppo in là nello spazio e nel tempo, giova ricordare che già le ripetute invasioni francesi e spagnole avevano decisamente deformata la cultura locale, senza contare la lunga dominazione asburgica e quanto avvenuto sia sotto il Fascismo che all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, quando si è voluto procedere alla sostanziale anglicizzazione ed americanizzazione della nostra lingua e della nostra cultura, e che tra i promotori e sostenitori di simili iniziative vi erano proprio coloro, che allo stadio attuale, sostengono proprio la Lega e tutte le strutture e organizzazioni ad essa più o meno strettamente collegate.

Ma quello che molta di questa gente non comprende è che si vorrebbe replicare anche altrove l'esperienza del Trentino-Alto Adige, forse l'unica regione del Nord Italia ad essere riuscita (pur senza essere mai realmente divenuta uno stato unitario vero e proprio, essendo stata a lungo divisa tra i Principati Vescovili di Trento e Bressanone e la Contea di Tirolo, quest'ultima sotto il diretto dominio asburgico dal 1369 al 1918) a darsi un'identità senza per questo essere sostanzialmente tributaria a nessuno, mentre la Lombardia come la conosciamo oggi fu creata ad iniziare dal 1714 unendo quanto del Ducato di Milano si trovava Oltreticino al Ducato di Mantova, sacrificandone in tal modo i territori occidentali (pasati al Piemonte, e - dunque - ai Savoia).

La verità è che la Lega non può insegnare ad un asino a ragliare, nel senso che non può venire in Trentino-Alto Adige ad insegnare cos'è l'Autonomia; può solo insegnare a ragliare in modo diverso, anche perché se facciamo il caso della Val di Non (ma pure della Val di Sole, dato che entrambe costituiscono a tutt'oggi, seppur a proprio modo, un unicum) il processo di formazione dell'identità ladina ha una datazione certa: 15 Marzo 46 d.C., anno in cui, con l'Editto dell'imperatore Claudio (riportato sulla cosiddetta "Tabula Clæsiana") Anauni, Tulliassi (o Tulliansi) e Sinduni si videro conferire ufficialmente la cittadinanza romana dopo che se ne erano appropriati indebitamente circa un secolo prima, stante per cui all'originario elemento retico si è sovrapposto quello romano dando così origine alla cultura e all'identità ladina (si cessa, dunque, di essere Reti e si diventa Ladini!).

Al contrario la Lombardia, come s'è detto, non è mai riuscita ad essere uno Stato soprattutto se si pensa che, specie dopo l'estinzione di Visconti e Sforza, e pur mantenendo la supremazia su parte del Piemonte Centro-Orientale (Verbano-Cusio-Ossola, Biellese, Vercelli, Novara, Alessandria e Tortona - queste ultime oggi unite nella medesima Provincia), e fermo restando che per oltre due secoli e mezzo il Monferrato appartenne addirittura al Ducato di Mantova, è tuttavia da sottolineare che Bergamo e Brescia (come pure il Cremasco e la zona di Asola - da non confondersi con Asolo, che è in provincia di Vicenza) furono a lungo dominio veneziano, mentre la Valtellina rimase per un certo periodo un secolo sotto dominio elvetico.

Al contrario, qui noi abbiamo avuta a lungo la presenza di Principati Vescovili e Contea tirolese, che hanno enormemente svilupato il concetto di identità ed appartenenza delle popolazioni locali, cosa che non si può dire del resto d'Italia, specie proprio della Lombardia, ma non solo. A ciò bisogna pure aggiungere le cosiddette "Carte di Regola", veri e propri statuti territoriali che hanno consentito agli abitanti di sviluppare una forte autodisiciplina ed una capacità di autogoverno che in Lombardia (ma non solo) è sempre mancata, e che costituiscono un utile retaggio per quanto riguarda l'identità autonomistica della Regione in cui vivo attualmente.

Piccolo aneddoto: in una foto dei primi anni '70 si vede Enrico Pruner (cofondatore e a lungo segretario del Partito Popolare Trentino-Tirolese seduto ad un tavolo a fianco di un giovanotto che indossava una polo verde: quel giovanotto era Umberto Bossi, che a quanto pare non sembra aver appresa la lezione di Pruner.) 

Si pensi infine che chi oggi porta avanti simili disegni è il naturale erede e continuatore di coloro che si batterono per l'Indipendenza e l'Unità Nazionale Italiana a condizione di essere loro a comandare in permanenza, ma dato che ciò avvenne sempre e comunque, anche nei decenni successivi alle lotte risorgimentali e che ogni volta che (fatta salva, ovviamente, qualche eccezione) Presidente del Consiglio è stato un esponenete di primo piano del Nord (Cavour, Ricasoli, Rattazzi, Lamarmora, Zanardelli, sino a Giolitti) se non è scoppiata una guerra poco ci mancava (non dimentichiamo, ad es., che all'epoca dei Fatti del 1898 Presidente del Consiglio era il marchese Antonio Starabba di Rudinì, ma fu il gen. Luigi Domenico Pelloux a rafforzare le misure liberticide che spingeranno Gaetano Bresci ad uccidere Umberto I a Monza il 29 Luglio 1900; e fu lo stesso Giolitti - da Mondovì - a spingere per la Guerra Italo-Turca, o Guerra di Libia, 1911-12).

Come si può dunque vedere, la Lega (e per essa l'Associazione Culturale Terra Insubre) dovrebbero informarsi meglio sui modelli che intendono assumere a riferimento, e dovrebbero dedicarsi a cose ben più serie anziché sparare bordate roboanti e di nessun effetto, e - dunque - diffondere panzane vuote e senza senso.




Lasciare un commento