sabato 8 marzo 2014 - Zag(c)

Non è un tunnel, è un pozzo senza fondo!

 
È peggio di un bollettino di guerra. I dati diffusi dall'Istat dicono che è il peggior dato dall’inizio della crisi: il tasso di disoccupazione in Italia a gennaio è balzato al 12,9%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su dicembre e di 1,1 su base annua, mentre nella media dei Paesi Ue resta al 12%. I disoccupati sfiorano i 3,3 milioni nel 2013, + 13,4% rispetto all’anno precedente. 
 
A febbraio l’inflazione su base annua torna a frenare, risultando pari allo 0,5% (dallo 0,7%, di gennaio): significa che i prezzi di beni e servizi sono aumentati solo dello 0,5% rispetto a febbraio dell’anno scorso, con una decelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto al valore registrato a gennaio, che era appunto +0,7%. È il valore più basso da ottobre 2009. Siamo in deflazione. Che è lo stadio successivo verso il precipizio della recessione. L'economia prima decelera, poi si arresta ed infine arretra. Questi stadi noi li abbiamo attraversati tutti. Altro che tunnel e la luce, siamo verso il baratro! 
 
Ora qualcuno, dico solo qualcuno dotato di buon senso, dovrebbe chiedersi: "Ma la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta?" Dipende dai punti di vista, dagli obiettivi che ci si era preposto. E siccome si continua imperterriti su questa strada nonostante i dati che mensilmente l'ISTAT ci rivela, vorrà dire che questi erano proprio i dati che loro si aspettavano. 
 
Altrimenti dovremmo arrivare alla conclusione che sono scemi, matti, dediti al suicidio di massa ecc ecc Insomma, o pazzi o criminali! Non è così. O certo la faccia la devono pur salvare. Ed ecco che i vari ex ministri, politici navigati dicono che la situazione è drammatica (almeno questo) e che la colpa è di quello prima o dopo di lui. Della Fornero, di Sacconi, di Monti, di Saccomanni; sempre degli altri. Eppure la politica economica e del lavoro non è cambiata di una virgola rispetto a tutti i governi e governanti succedutisi in questi decenni. 
 
La logica è sempre la medesima. Quella del mainstream che vuole che sia l'offerta a trainare la domanda. Infatti tutti i provvedimenti, da Berlusconi, a Monti da Letta a Renzi hanno spinto ad agevolare l'offerta a scapito della domanda. E contemporaneamente aumentando il prelievo fiscale a discapito dei salari e quindi dei consumi interni. Perché l'altro mantra economico dei neoliberisti è che solo con l'esportazione si arriva alla crescita e questa si ottiene abbassando diritti e salari dei lavoratori, diminuzione del costo del lavoro (in Italia uno dei più bassi in Europa, persino rispetto ai paesi dell'ex Est, se confrontato con la produttività in termini di ore di lavoro) in modo che si agevoli l'export. E qui è il secondo assioma. La lotta è fra gli imprenditori, le imprese dedite al consumo interno rispetto a quelle che esportano, con in mezzo i lavoratori che sono carne da macello! In compenso eliminando il welfare, lo Stato sociale, e privatizzandolo, si apre uno spazio al mercato interno. Saranno i privati ad occupare lo spazio lasciato libero dallo Stato. E il cerchio si chiude. Si può anche non comprare frigoriferi, cucine o auto, ma di una radiografia non se ne può farne a meno, la richiedono per curarsi. Oppure si muore! 
 
In questo quadro come si pone il Nuovo Uomo della Provvidenza? Ma esattamente come tutti i suoi precedessori. Il rottamatore come colui che ricicla il ferro vecchio! Il suo Job Act che viene venduto, come l'atto per risolvere il problema della disoccupazione? Ma intanto l'impianto va nella direzione e nell'ideologia sopra esposta. Si agevola l'offerta, si abbassano diritti e salari dei lavoratori, a scapito della domanda aggregata interna e per favorire il mercato dell'esportazione. E questo seguendo i dettami di giuslavoristi alla Treu, Biagi, Ichino.
 
Cioè attraverso le regole del mercato del lavoro si crea... lavoro! Questo potrebbe aver una logicità (anche se errata, secondo me) in una situazione di espansione, di crescita, per cui occorrere dare un "aiutino" alle imprese, per invogliare ad ampliare la domanda. Ma non in tempi di recessione! Con le regole non si crea lavoro, al massimo si razionalizza, si semplifica. D'altra parte loro son giuslavoristi mica economisti!
 
La propensione all'investimento da parte degli imprenditori non si ha, in presenza di una crisi così profonda, agevolando di qualche punto il costo del lavoro o attraverso la facilità al licenziamento. Ma è dato rispetto alle aspettative di far profitto e del tasso di redditività del capitale investito (tasso di profitto). Se non c'è prospettiva di profitto, l'imprenditore non investe (anche in presenza di un credit crunch o si pensa che l'imprenditore investe di suo? Piuttosto investe in borsa o nei titoli derivati, come è avvenuto e come ancora avviene) e quindi non si sogna nemmeno di assumere, figuriamoci di licenziare. Il lavoratore può essere anche a costo zero (se non fosse che deve sopravvivere) Cosa produce? Per chi? A chi vende? E neanche a dire redistribuiamo quel poco di lavoro che c'è. Ma se si allunga l'eta pensionabile a 67-68 anni, come si può pensare di redistribuire il lavoro che c'è? E' chiaro che poi i giovani non lasciano la casa dei genitori. Perché è questo l'unica fonte di reddito e di sopravvivenza (se non è licenziato anche lui!) 
 
Insomma non vi aspettate miracoli dal riciclatore di ferro vecchio! E' cambiata solo la forma, l'aspetto, ma la merce è la stessa. Sempre di piazzista di fumo si tratta! 

 




Lasciare un commento