lunedì 6 settembre 2021 - UAAR - A ragion veduta

Nessun privilegio per qualcuno, diritti uguali per tutti

Stiracchiata, fraintesa, strumentalizzata, nominata ma spesso non pervenuta: c’è ancora molto da fare per la laicità. Ne parla Adele Orioli sul n. 2/2020 della rivista Nessun Dogma.

Laicità: parola spesso mistificata, distorta e storpiata tanto nel suo significato quanto nella sua prassi. Agognata dalle minoranze ma osteggiata, anche violentemente, dalle maggioranze religiose, con interessanti capovolgimenti di posizione della stessa confessione a seconda della dislocazione geografica. Non ultime, le trombe di oltre Tevere, pronte a squillare contro i diritti altrui, salvo poi rivendicare libertà.

Dimenticata l’etimologia greca che la vede legata al popolo, se ne sottolineano con incredulo sospetto le origini clericalmedievali, quando invece resta molto più raro il riferimento ai natali del significato moderno, di creazione guarda caso francese sul finire del XIX secolo.

Confusa spesso con il separatismo in senso stretto, erroneamente stravolta nelle applicazioni multiculturaliste che la vorrebbero ossequiosa indifferenza, identificata altrettanto erroneamente con la non credenza o con l’ateismo tout court. Suscettibile di declinazioni qualitative, c’è quella buona e quella cattiva, quella debole e quella forte. Non immune alle diatribe attorno ai suoi –ismi, con le quali si cerca di confinare le legittime istanze dietro alle sfumature più o meno, di solito più, connotate negativamente. Passibile come il vino e le malattie veneree di ottocentesca memoria, di denominazioni geografiche (rinomata quanto temuta si dice quella alla francese, da non confondere con la più radicale, ma silenziosa, cugina belga), la laicità sembra essere sconosciuta ai più, termine poco appetibile per le masse, ma al contempo soggetta a interpretazioni singole e singolari dai pochi che sembrano apprezzarla o quantomeno mostrare interesse per l’argomento.

A pensarci bene e a voler guardare il bicchiere mezzo pieno, il fatto che un termine sia ancora, forse permanentemente, con un combattuto significato in costruzione significa al contempo come sia una realtà se non sempre presente quanto meno tendenziale: la laicità è viva, anche quando purtroppo violata o silente.

In Italia la laicità è un principio, nel duplice e non poi tanto ironico senso di criterio informatore dell’ordinamento e di punto di partenza, di prospettiva quasi escatologica dei rapporti fra Stato e individui, fra Stato e comunità. Apparentemente e robustamente garantita dagli articoli 3, 19 e 21 della Costituzione, vacilla pericolosamente di fronte a quegli articoli 7 e 8 della stessa Carta e che delineano un sistema piramidale di privilegi e prevaricazioni, piuttosto che quella piattaforma di equità che pur sembrerebbe dovere, prima ancora che diritto, costituzionale.

Stiracchiata, fraintesa, strumentalizzata, nominata ma spesso non pervenuta. L’importante però è, come diceva qualcuno, che se ne parli.

Perché, al netto di strumentalizzazioni e di eziologie più o meno in buona fede, di certo vi è come la laicità non sia una scelta fra altre, una fra le possibili e più o meno indifferenziate opzioni dei rapporti fra lo Stato – da intendersi non solo come istituzione ma anche come insieme della sua plurale e pluralista cittadinanza – e il fenomeno religioso, anche qui da intendersi tanto in forma individuale quanto comunitaria e collettiva.

La laicità, pur nella vaghezza che ancora permane nella sua percettibilità definitoria e di conseguenza nella sua applicazione, non è una fra le scelte, dicevamo, ma è La scelta, l’unica cioè che permette poi la convivenza reciprocamente rispettosa delle diverse concezioni del mondo. La laicità implica quella barriera dualista, quella differenziazione tra ordinamento e religione che non da poco ma da secoli si è posta, ove si è potuto, a freno delle tendenze totalitarie che in special modo il monoteismo porta con sé.

Un freno che, alla luce della democrazia contemporanea, se da un lato deve limitare l’invadenza del confessionalismo, ponendo al riparo singoli e comunità dal clericalismo di stato, normativo e sociologico, dall’altro ne deve al contempo assicurare la libertà di esercizio, in una visione necessariamente pluralista che per alcuni la differenzierebbe dalla secolarizzazione in quanto tale, dove il fenomeno religioso è più semplicemente per non dato.

Un non sempre facile esercizio di equilibrio, una messa in pratica che non sempre sembra assicurare un’effettiva parità di diritti, non sempre sembra bastevole nel suo essere dichiarazione su carta per un suo riverbero concreto. E i non credenti italiani lo sanno bene, dalla A di aborto alla V di vilipendio, passando per concordato, eutanasia e otto per mille, come recita il non piacevole elenco delle discriminazioni delle quali si occupa lo sportello gratuito di assistenza [email protected].

Ma come scelta sopra le scelte la laicità, da intendersi come neutralità pluralista con i limiti superiori e inferiori posti dai diritti umani fondamentali, da intendersi come dinamica regolante reciproche libertà e comuni doveri, resta l’unica possibile casa di tutti. L’unica possibile strada per la convivenza pluralista e del pari esercizio della libertà di coscienza, dei credenti come dei non credenti.

Il necessario contrappeso agli integralismi, il cui vento soffia forte da est a ovest, l’imprescindibile condizione a garanzia del poter esercitare e sviluppare singolarmente e collettivamente il proprio spirito critico e la propria libertà di scelta. Il criterio non esclusivamente normativo che permette di essere non dogmaticamente forzati ma al contrario protetti e garantiti da uno Stato che è, appunto casa di e per tutti. Una casa dove ciascuno può avere la propria stanza, ma senza che per questo ci si possa rinchiudere in monismi dove in nome della religione tutto è lecito. Una casa al contrario dove esistono spazi comuni guidati da regole necessariamente condivise, spazi comuni dove nessuna visione religiosa è fatta a norma, ma dove tutte le norme sono a tutela della libertà di scelta di tutti e ciascuno. Una casa dove non ci sono privilegi per qualcuno ma diritti uguali per tutti.

Una casa dalle inoppugnabili fondamenta ma alla quale mancano ancora parecchi mattoni: difendiamola e costruiamola insieme.

Adele Orioli

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