martedì 10 marzo 2015 - angelo umana

Miur: 6° datore di lavoro al mondo

La lettera del lettore Cristiano Ronchi sul Fatto Quotidiano di sabato 7 marzo 2015 lamenta che “l’insegnamento è un lavoro poco interessante per l’Italia e che se fossimo un Paese serio l’assunzione degli insegnanti sarebbe una questione di urgenza nazionale”, visto come i precari in graduatoria vengono abbandonati a se stessi e lasciati “come color che son sospesi”. E’ verissimo, una scuola che sappia ben preparare è prodromica all’evoluzione in un Paese economicamente florido e socialmente saggio, evoluto.

Lungi da me il difendere l’operato dell’attuale governo e dei suoi ministri, del primo tra essi soprattutto, ma da lavoratore autonomo ho imparato che ognuno ha i clienti che si merita (“el pan che xé tuo nissuni te o magna” dicono i veneti) o quelli che si è saputo meritare (non alla Tarantini, per intenderci), se il nostro lavoro è ben fatto qualcuno lo compra e possiamo averne uno stipendio o delle provvigioni.

Ora, che ci si dovrebbe precipitare ad assumere tutti gli aspiranti insegnanti, sarebbe un’ingiustizia, un’iniquità a favore di una categoria di lavoratori rispetto ad altri il cui lavoro, forse, viene giudicato quotidianamente dal mercato. Il Miur era qualche anno fa il 6° datore di lavoro al mondo per numero di iscritti al suo libro-paga! Credo che sia ancora a livelli alti, eppure dal nostro Paese non escono solo studenti molto qualificati. A chi si deve con tanti insegnanti, a spasso e non, che abbiamo? Il sig. Ronchi aspetta la nomina a insegnante di ruolo perché “queste persone hanno studiato, passato esami statali, speso un sacco di soldi in tasse universitarie e libri di testo”. Se pensa che questo basti… in molte professioni è il mercato a dire se i soldi spesi meritano un posto di lavoro.

Io mi fregio di un piccolo diploma conseguito nel 1972 … chissà se vale qualcosa, ma credo di sì, per le esperienze fatte anche fuori dalla scuola. Ho potuto vedere nel percorso di mio figlio, 19 anni, quanto poco vale la scuola d’oggi per il livello di molti suoi insegnanti, salverei solo la scuola materna e le elementari. Il dopo è stato un continuo piano inclinato di meriti e valori di insegnanti, molti di loro hanno quel lavoro e guai a chi glielo tocca, lo stipendio è importante, scherzi? Nessuno mai vorrebbe farsi attribuire voti dagli studenti e dai genitori, il loro posto di lavoro è sacro e quasi insindacabile. Magari vedessero il film “Words and pictures” con Juliette Binoche e Clive Owen, apprenderebbero che ad altre latitudini gli insegnanti sono sottoposti a stress-test d’efficienza. In Italia sarebbe lesa maestà, e sindacalisti a difenderli ve ne sono in sovrannumero.

La lettera del sig. Ronchi denota quanto la scuola sia intesa come posto di lavoro, gli studenti sono solo incidentali, è molto insegnante-centrica, per insegnanti adatti e per meno adatti. Assistetti all’esame di laurea in lingue di una giovane parente e a quello di sue colleghe: la discussione era in stretto italiano, una sola ragazza quel pomeriggio mi sorprese per il suo “perfect english”. La mia parente presentava una tesi di laurea di un’ottantina di pagine con interlinea grande, di cui le ultime 15 erano scritte in inglese. Da notare: l’argomento della tesi era lo stesso “affrontato” dal papà e dalla mamma, nei loro rispettivi esami di laurea in tempi diversi. Insomma, un plagio, un rifacimento. La votazione fu di 110 e lode!

Affidereste vostro figlio a un’insegnante di inglese così?

Foto: Ivan T. /Flickr




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