lunedì 28 agosto 2017 - Aldo Maturo

Migrazione: il "modello" australiano

L’Australia ha una popolazione di 24 milioni di abitanti e, secondo studi demoscopici, la crescita è destinata a proseguire al ritmo di un nuovo abitante ogni minuto e mezzo. L’arrivo di nuove forze lavoro, in un Paese di 7 milioni di kmq (24 volte più grande dell’Italia) è incentivato dal Governo conservatore con vari tipi di Visto.

Una tale apertura è funzionale alle esigenze del Governo, considerando che un quarto dei residenti (circa 6 milioni di abitanti) provengono da oltre oceano e sono un po’ rappresentativi di tutte le nazioni nel mondo. L’italiano è la seconda lingua più parlata del continente.

Una cosa, però, è certa: in questo Paese si entra solo legalmente e non ci si può sbarcare seguendo rotte illegali. I suoi mari sono pattugliati notte e giorno da navi della marina militare e della Guardia Costiera che intercettano tutte le imbarcazioni sospette che si avvicinano alle coste. Ci sono diverse procedure di “respingimento”. Il natante viene avvicinato, fermato e identificato dai militari australiani specializzati in azioni di abbordaggio. La barca, se i documenti e i passaporti non sono in regola, viene collegata con un cavo alla nave australiana e viene rimorchiata senza esitazione fino alle acque territoriali da dove è partita (in genere quelle indonesiane). Lì si sgancia il cavo e viene lasciata andare per raggiungere da sola il porto di provenienza. I più fortunati vengono trainati fino alle coste di partenza. Altre volte, invece, i migranti vengono prelevati dalle imbarcazioni ed inviati nei Centri di Detenzione Temporanea da dove, dopo qualche giorno o dopo diversi mesi, vengono trasferiti nei Paesi di provenienza se la loro richiesta viene respinta. Si dice che talvolta i migranti irregolari siano stati messi su imbarcazioni di salvataggio e trainati fino al limite delle acque territoriali indonesiane, dove sono stati lasciati in balia del mare e del loro destino.

E’ chiaro che con questa procedura il controllo sugli aventi diritto a chiedere asilo diventa puramente utopistico. I Centri di Detenzione temporanea dove si viene “deportati” in attesa delle decisioni del governo di Camberra sono situati in due isolette del Pacifico, Nauru e Manus.

Nauru è a nord-est dell’Australia, da cui dista 3.000 km. E’ una minuscola repubblica autonoma che dopo anni di benessere per le miniere di fosfato, terminato lo sfruttamento, per sopravvivere è stata costretta a sottoscrivere con l’Australia (2001) un Trattato con cui ha accettato, in cambio di aiuti economici, di ospitare un Centro di detenzione per i richiedenti asilo in Australia. I migranti-detenuti sono attualmente circa un migliaio, quasi tutti apolidi o iraniani, afghani e cingalesi. Fra loro anche un centinaio di bambini. Vivono in tende da 20 posti, con una temperatura interna anche di 40 gradi o con i piedi nell’acqua nella stagione delle piogge. Sono divisi tra rifugiati e richiedenti asilo. I primi vivono con la comunità indigena, sia pur con diverse limitazioni. I secondi vivono chiusi nel Centro in attesa che il Governo australiano decida la loro sorte.

Il comportamento dell’Australia è stato condannato non solo dalle organizzazioni umanitarie ma anche dall’ONU, ma questo non pare aver preoccupato il Governo. La corte Suprema della Nuova Guinea ad aprile 2016 ha confermato che la detenzione delle 800 persone detenute sull’isola di Manus deve cessare, ma l’Australia continua a ritenere che “chiunque venga intercettato mentre tenta di raggiungere l’Australia su una barca, viene spedito nei campi di Nauru e Manus per le procedure amministrative, senza la possibilità di essere un giorno reinsediati nel Paese come rifugiati”.

I richiedenti asilo cui viene accolta la domanda, infatti, non vengono ammessi in Australia ma ricevono un permesso di soggiorno per stabilirsi in Papua Nuova Guinea o a 3.000 km. dalle coste australiane, l’isola di Nauru, appunto.

Quanto costa tutta questa procedura? Per il 2013 e 2014 è costata due miliardi di euro (Triton, nel nostro Canale di Sicilia, costa solo 3 milioni al mese, trentasei milioni all’anno) perché l’Australia deve pagare non solo i costi del pattugliamento (circa 400 milioni l’anno, che è più di dieci volte il costo di Triton) e la manutenzione dei Centri di Detenzione ma anche il Governo della Nuova Guinea che accetta di avere quei Centri sul suo territorio. Aiuti vengono dati anche ad altri Paesi limitrofi per riprendersi i loro migranti e incentivi vengono offerti a chi accetta di rientrare volontariamente nel Paese di origine.

Sono tutte condizioni irrealizzabili per l’Italia, sia per l’impossibilità di sostenere costi simili sia per mancanza di interlocutori, visto che la Libia o altri Paesi del Magreb non accetterebbero mai di costruire sui loro territori dei Centri di Identificazione a uso e consumo dell’Italia o dell’Europa o di riprendersi migranti di incerta provenienza.

Fonti:

http://www.gostudy.it/visto-australia/

http://www.tpi.it/mondo/asia-e-oceania/nauru/australia-profughi-centro-detenzione-nauru/

http://www.ilpost.it/2015/04/22/immigrazione-australia/).

 

 

 

 




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