lunedì 15 maggio 2023 - Phastidio

Meloni, l’odiata modernità e la società artigiana di massa

La Premier insiste col suo progetto: combattere l'intollerabile modernità dell'automazione e creare una società post-deindustrializzata, formata al liceo del Made in Italy

Intervenendo all’inaugurazione del Salone internazionale del mobile di Milano, la premier Giorgia Meloni ha rilanciato il surreale slogan “più assumi, meno tasse paghi“. Dietro il quale c’è il rischio si celi un lisergico tentativo di sussidiare occupazione o addirittura di contrastare processi di automazione e innovazione.

OBIETTIVO AUMENTARE IL COSTO DEL LAVORO

Il discorso di Meloni pare confermare questi timori. Prendete questo passaggio:

Noi siamo in un tempo nel quale non sempre all’aumento della produzione corrisponde aumento di occupazione. Noi siamo in un mondo nel quale la meccanizzazione dei processi, le delocalizzazioni, tanti fenomeni che hanno a che fare con la modernità comportano che spesso all’aumento della produzione non corrisponde aumento dell’occupazione.

Ma qui noi abbiamo aziende che con la loro manifattura hanno sempre un’alta incidenza di manodopera in rapporto al loro fatturato ed è quello che noi dobbiamo incentivare.

Messa in questi termini, pare che la “meccanizzazione dei processi” sia una iattura da scongiurare, al punto da essere messa sullo stesso piano delle famigerate delocalizzazioni. Per tacere del riferimento ai non meno deprecati “fenomeni che hanno a che fare con la modernità”, e che ci impediscono di fare aumentare l’incidenza del costo del lavoro sul fatturato. Bei tempi, quando non c’erano i telai meccanici e l’illuminazione stradale a gas serviva a creare occupazione, con gli addetti che passavano al tramonto e all’alba ad accendere e spegnere fiamme e fiammelle.

Le aziende del settore legno e arredo, secondo Meloni, sono ad alta intensità di lavoro e proprio questa loro particolarità, vera o immaginaria che sia, deve essere esaltata, preservata e, se possibile, accentuata. Da qui, la successiva osservazione:

Quindi l’obiettivo del Governo, il famoso “più assumi meno paghi” – cioè più è alta l’incidenza di lavoro in rapporto al fatturato meno tasse devi allo Stato – è un modo per favorire il lavoro.

Si fatica a credere a ciò che si legge. Occorre, secondo Meloni, aumentare “l’incidenza di lavoro in rapporto al fatturato”. Ora, io capisco essere “conservatori” e guardare indietro nel tempo sospirando, ma dovrebbero esserci limiti anche alle assurdità. Sarò poi malevolmente pavloviano ma a me il concetto di “azienda ad elevata incidenza di costo della manodopera sul fatturato” ricorda molto le imprese pubbliche decotte degli anni ruggenti che furono. Sono certo che qui la premier è convinta che l’incidenza del costo del lavoro sui ricavi non sia un problema perché le nostre eccellenze riusciranno comunque ad applicare un ricarico di prezzo ai loro capolavori, visto che “il mondo ha fame d’Italia”.

NIENTE QUANTITÀ, SOLO QUALITÀ

Ma forse c’è una spiegazione, pur se del tutto sghemba. La si rintraccia, presumo, in questo altro passaggio del discorso della premier:

In tempo di globalizzazione l’Italia non può darsi come obiettivo quello di competere sulla quantità di quello che produce, ma c’è una cosa sulla quale tutto il resto del mondo non compete con l’Italia che è la qualità di quello che noi produciamo, il marchio è la cosa più preziosa che abbiamo. A patto che siamo in grado di difendere e di valorizzare quel marchio.

Come dire: non puntiamo alla produzione di massa, quella “meccanizzata”, ma all’artigianato di massa, i cui prodotti esporteremo in tutto il mondo. Sarò privo di fantasia e visione politica ma ho seri dubbi che una simile strategia, anche se applicata su vasta scala spedendo coattivamente le prossime due generazioni di italiani al Liceo del Made in Italy, riuscirebbe a darci da mangiare, in termini di ricavi da esportazioni.

Peraltro, se le cose stanno in questi termini, cioè se non possiamo competere sul piano quantitativo ma siamo il gold standard della qualità, non si capisce perché condurre una guerra santa contro l’Italian sounding. Cioè contro riproduzioni di mediocre o scadente fattura dei nostri piatti e prodotti tipici. Non avremmo comunque capacità di servire il mondo con gli “originali”, e comunque “Imitation is the sincerest form of flattery that mediocrity can pay to greatness“, come diceva Oscar Wilde. Quindi, lasciamo agli altri la dozzinale quantità e concentriamoci sulla eccelsa qualità anche qui. O no?

Ovviamente, lo slogan “più assumi e meno tasse paghi” non verrà declinato sul fatturato né sull’epocale tentativo di fare dell’Italia un paese deindustrializzato e artigianalizzato di massa ma sulla detassazione degli utili reinvestiti in assunzioni di “soggetti deboli”, come parte della mitologica riforma fiscale che dovrebbe vedere la luce dal prossimo anno, risorse (inesistenti) permettendo. Ma evidentemente Meloni non ha avuto tempo di seguire l’evoluzione dello slogan del suo partito. Almeno, lo speriamo dal profondo del cuore. Ma ho il sospetto che le nostre eccellenze del legno-arredo, di fronte alla prospettiva dello sgravio fiscale, sceglieranno automazione e innovazione di processo. Per fortuna loro e nostra.

 




Lasciare un commento