martedì 18 settembre 2018 - Maddalena Celano

Manuela Sáenz: occultamento e riscoperta della Libertadora

(…) ed io gli domandai di Manuelita,

ma essi non sapevano,

non sapevano il nome dei fiori.

Al mare lo domandammo,

al vecchio oceano.

Il mare peruviano

aprì con la schiuma vecchi occhi incas

e

parlò la sdentata bocca del turchese.

Pablo Neruda, L’Insepolta di Paita, Canto Generale

Manuela Sáenz è senza dubbio uno dei personaggi più interessanti delle guerre d’indipendenza in America meridionale. Secondo i suoi detrattori, la sua relazione con Simón Bolívar oscura i suoi meriti personali, come difensora dell'indipendenza dei paesi sudamericani e come difensora dei diritti delle donne.

A suo tempo, fu severamente criticata da alcuni suoi contemporanei a causa del suo atteggiamento eccessivamente estroverso e provocatorio, così come per l'influenza politica che venne ad esercitare. Anche molti decenni dopo la sua morte, influenti intellettuali e storici hanno omesso il suo impegno nelle campagne di liberazione, mentre altri la hanno limitata a una condizione decorativa, romantica e persino degradante, intrecciando una leggenda sessuale attorno alla sua figura, che continua ad avere peso oggi.

Solo verso la metà del XX secolo, grazie al revisionismo storico, sono apparse biografie e saggi in cui s'incomincia a rivendicare il suo ruolo di leader nell'impresa liberatrice di paesi che ora sono la Colombia, l'Ecuador e il Perù. Negli ultimi anni Sáenz è diventata un'icona del femminismo latinoamericano e proprio mentre continua ad avere detrattori, la sua vita è esaltata anche da scrittori e storici rispettabili.

Nota biografica

Manuela Sáenz nacque a Quito il 27 dicembre 1797, come figlia naturale di Simón Sáenz e María Joaquina de Aispuru. Suo padre era facoltoso e sposato con un'altra donna; sua madre proveniva da una famiglia benestante ma non dalle alte sfere.

Quando la ragazza aveva solo sei anni, era già orfana di madre. Questo evento dà forma al suo personaggio. Manuela era circondata dai suoi due fratelli, assidui partecipanti alla rivoluzione liberatrice. Così, sempre ribelle e con grande forza, Manuelita divenne ben presto un’estimatrice della Rivoluzione Indipendentista.

Mentre tutte le ragazze dell’epoca erano educate al matrimonio e alla sottomissione, Manuela già all'età di dodici anni si unì a un gruppo di donne rivoluzionarie (donne colte e nobili) dell’aristocrazia progressista quiteña. Queste donne cospirarono per dare il via alla rivolta di Quito del 9 agosto 1809. Questo processo fu di breve durata ma non le idee ribelli di Manuela che l'ha accompagnarono per tutta la vita.

Nel 1814, a 17 anni, fu mandata al Convento di Santa Catalina per essere educata come tutte le donne nobili di Quito. Ma la personalità irrequieta dell'eroina non avrebbe permesso questo riposo e, in breve tempo, s’innamorò di Fausto D'Elhuyary, con il quale fuggì dal convento. Quest’amore fu abbastanza instabile e finì presto. Nel 1818, a causa dell’imposizione di suo padre, sposò il dottore inglese James De Thorne, un uomo che aveva il doppio della sua età, ma che era molto ricco.

Un anno dopo, la coppia in difficoltà arrivò a Lima, dove Manuelita iniziò a frequentare raduni rivoluzionari. Quella era la sua vita sociale. Il 28 luglio 1821, Manuelita era presente quando fu dichiarata l'indipendenza del Perù e partecipò pienamente all'intero processo. Fu grazie ai suoi servizi patriottici e al suo coraggio che fu nominata Cavaliera dell'Ordine del Sole.

Nel 1822, Manuela viaggiò in Ecuador con suo padre, lasciando il marito a Quito. Il 24 maggio, giorno del trionfo di Pichincha, Manuela ebbe l'opportunità di stabilire un'amicizia con il generale Sucre. Incontrò anche il generale Juan José Flores e il generale Simón Bolívar. Da quel momento, la giovane donna di 25 sarebbe stata la fedele compagna e amante del grande eroe.

L'anno seguente, si trasferì con Bolívar in Perù e divenne uno dei suoi più stretti segretari. Negli anni che seguirono, Manuela è arruolata nell'esercito che combatte per la libertà. Trascorse un po’ di tempo nella residenza di La Magdalena, la casa segreta della coppia, dove teneva in ordine i documenti del suo amato Simon.

Quando il Libertador si trovava nel sud del Perù e in quella terra che ora è la Bolivia, il marito di Manuela ha cercato di riavvicinarsi a sua moglie. Ma Manuela gli spedisce una lettera, dove spiega perché la relazione è impossibile e in cui pone termine al suo matrimonio. Grazie al fatto che Manuelita non era solo molto attiva e credente nella causa, ma anche sospettosa, coraggiosa, curiosa e intelligente, fu in grado di salvare la vita del suo amante due volte durante l'anno 1828, a seguito della quale divenne famosa comeLibertadora del Libertador.

Nel 1829, il Libertador viaggiò in Ecuador e lei rimase in Perù. A Bogotá s’incontrarono di nuovo, era l'anno 1830. L'8 maggio, Bolívar la salutò per recarsi sulla costa atlantica dove morì. Era così scioccata dalla notizia della morte del suo amato, che Manuelita cercò di suicidarsi quell'anno.

Nonostante l'instabile situazione politica e che non avesse più la presenza del caro Simon, Manuelita continuò a fare la rivoluzionaria. Così quando il generale Francisco de Paula Santander (1792-1840) fu eletto presidente, la espulse da Nueva Granada. Manuelita andò in esilio in Giamaica dove Maxwell Hyslop l'accolse, dato che era un collaboratore del defunto Libertador. L'anno seguente tornò in Ecuador, credendo di potersi fidare del generale Juan José Flores, ma il 18 ottobre 1835 fu espulsa dal governo da Vicente Rocafuerte. Esiliata dalla sua terra natia, Manuelita si stabilì nel porto Paita del Perù dove visse per i 21 anni successivi in povertà e confidandosi con Flores a cui scrisse durante l'intero esilio. Anche se suo marito cercò una nuova riconciliazione e le offrì del denaro, e sebbene nel 1837 fosse permesso il suo ritorno in Ecuador, decise di permanere in povertà ed in esilio. Non fu mai in grado di recuperare la sua proprietà o la dote che De Thorne le restituì nel suo testamento. Il 23 novembre 1856, nel porto peruviano, Manuela Sáenz morì di difterite. Il suo corpo, i suoi beni e i suoi ricordi furono bruciati. Le sue ceneri gettate in una fossa comune. Su di lei piombò un lungo silenzio: un secolo e mezzo di menzogna e omertà.

Fonte:http://bicentenarioenlacapital.gdc.gob.ve/content/site/module/pages/op/displaypage/page_id/201/format/html/
http://es.wikipedia.org/wiki/Manuela_S%C3%A1enz

 



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