lunedì 29 gennaio 2018 - Aldo Giannuli

Macron, l’attivismo del Presidente fanfarone

Nel corso delle ultime settimane, il Presidente francese Emmanuel Macron ha fatto parlare notevolmente di sé per il crescente attivismo dimostrato nelle questioni internazionali: il leader di Parigi ha dato sfoggio di un dinamismo notevole e cercato di espandere la proiezione della politica estera francese sulla scia delle sue iniziative personali.

di Andrea Muratore

 

Macron ha cercato di approfittare dell’impasse a cui è stata costretta la Germania nel momento in cui Angela Merkel era focalizzata sui colloqui per il rinnovo della Große Koalition per ergersi a portavoce dell’Europa: ha rintuzzato gli attacchi di Trump all’accordo 5+1 con l’Iran, ricevuto a Parigi Recep Tayyip Erdogan e discusso del naufragio del processo di integrazione della Turchia nell’Unione Europea, viaggiato in Cina per incontrare Xi Jinping e coltivare, parlando in nome di Bruxelles, i rapporti commerciali tra Parigi e Pechino e il futuro rapporto tra la Belt and Road Initiative e la Francia.

Macron sfrutta il ruolo primario conferitogli dalla Costituzione francese nel promuovere le posizioni internazionali del Paese e, al tempo stesso, dimostra di aver bene presente un fattore fondamentale dei meccanismi politici transalpini: i cittadini francesi, infatti, chiedono ai loro leader di coltivare un’immagine “mondiale” della nazione, e in questo sicuramente l’ex Ministro dell’Economia di Hollande si è dimostrato più abile rispetto a Marine Le Pen, che basava la sua visione del mondo sull’incontro tra una postura isolazionista e un vago recupero della Francophonie.

In ogni caso, la geopolitica à la Macron risulta più prodotto di forma che di sostanza: la Francia, in ottica Brexit, sarà sì destinata a essere l’unica nazione dell’Unione Europea dotata di armi nucleari e di un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma l’amministrazione Macron non ha sino ad ora inquadrato l’attivismo del Presidente in una strategia compiuta capace di rafforzare il peso strategico di Parigi nel mondo. Di coltivare, in ultima istanza, un interesse nazionale coerente sfruttando la coordinazione tra potere politico e influenza degli apparati che in Francia risulta generalmente vantaggiosa rispetto al caso italiano.

Non serve a nulla porsi come rappresentanti dell’alternativa europea agli occhi dell’Iran se poi a ciò si aggiunge un tour del Golfo Persico (http://www.ilsole24ore.com/art/mond...) finalizzato a rafforzare l’export militare francese verso le locali petromonarchie rivali di Teheran; o predicare di fronte a Erdogan la carenza di democrazia in Turchia poco dopo aver siglato accordi per forniture missilistiche al suo esercito.

Macron esporta la sua ricorrente tracotanza anche nel piano delle relazioni internazionali e mira a essere protagonista, onnipresente e influente al di là delle reali potenzialità e delle razionali mire strategiche della Francia. Docce gelate come quella inflitta a Macron da Bashar al-Assad, che gli ha rinfacciato il sostegno francese ai jihadisti combattuti dal legittimo governo siriano e rifiutato la mediazione francese nel conflitto civile, non sembrano scalfire un leader che sin dal suo insediamento ha preferito l’apparenza mediatica alla concretezza, la retorica alla razionalità.

Macron come Presidente appare simile a Pirgopolinice, il “soldato fanfarone” protagonista del Miles gloriosus di Plauto, esagerato nelle sue vanterie e nelle sue dichiarazioni (emblematico il Make our Planet great again con cui Macron ha indirizzato un ridicolo appello alla lotta al cambiamento climatico), incapace della più basilare obiettività nella valutazione delle proprie azioni.

O, sotto certi punti di vista, al nostrano Berlusconi di inizio millennio, in quanto eccessivamente focalizzato nel considerare le relazioni interpersonali tra i leader come una garanzia per la stabilità e l’approfondimento dei rapporti tra Paesi. In ogni caso, Emmanuel Macron appare votato, sul lungo periodo, a dover pagare il fio per la sua politica estera senza strategia, dato che sul lungo termine la Francia potrebbe ritrovarsi spiazzata sugli scenari internazionali.

Andrea Muratore




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