venerdì 6 dicembre 2019 - Phastidio

MES: tutto quello che avreste voluto sapere, e non avete mai osato chiedere

Ieri alla Camera, in audizione davanti alle Commissioni Bilancio e Politiche dell’Unione europea, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Viscoha tentato di dissipare i timori relativi alla riforma del trattato che regola il Meccanismo di stabilità europeo (ESM/MES), ed ha suggerito alcune linee di condotta per negoziare in Europa il completamento dell’unione bancaria e monetaria.

 Una, in particolare, è piuttosto phastidiosa. Lettura lunga ma non spaventatevi: in fondo a questo post trovate i proiettili di sintesi. E non sono d’argento, garantisco.

Sul Mes, dopo la sceneggiata dell’opposizione che ha innescato il richiamo della foresta a cui ha prontamente risposto il giovane e brillante statista di Pomigliano (quello col CV simile a quello di Gesù Cristo), Visco è stato cristallino e didatticamente impeccabile. Ad esempio:

La riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. È una clausola a tutela delle risorse dell’ESM, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore.

Serve esegesi e traduzione? Io direi di no. Ed ancora, su governance e funzioni del MES:

È guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni.

Segue importante nota di chiarificazione:

I diritti di voto dei membri del Consiglio sono pari al numero di azioni assegnate ai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno quote superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

Vi è più chiaro, così? L’Italia ha e mantiene potere di veto sulle decisioni del MES. Coraggio, non è difficile. Inoltre, funzione fondamentale del MES è quella di

[…] concedere, sotto condizionalità, assistenza finanziaria ai paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Non è un meccanismo per la ristrutturazione del debito sovrano, anzi è volto a evitarla; come sancito dal Trattato vigente e ribadito nella proposta di riforma, la ristrutturazione può essere presa in considerazione soltanto in casi eccezionali.

Quindi, ripetete con me: la funzione del MES non è quella di tendere imboscate al sovrano ed orgoglione paese chiamato Italia. Segue specifica di cosa sono le due tipologie di linee di credito previste dalla riforma del trattato.

Esistono due tipi di interventi precauzionali, accompagnati da condizioni definite in un Memorandum of Understanding: la linea di credito condizionale precauzionale (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL), riservata ai paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria, e la linea di credito soggetta a condizioni rafforzate (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL), destinata ai paesi che non rispettano pienamente i suddetti criteri, ai quali pertanto vengono richieste misure correttive. Va ricordato che l’ESM può anche procedere all’acquisto di titoli pubblici sul mercato primario e su quello secondario.

Pensate: nell’attuale situazione l’Italia, che non ha in essere procedure per squilibri macroeconomici eccessivi e “rispetta” le prescrizioni del patto di stabilità (ebbene sì, sino a prova contraria), potrebbe persino accedere alla linea precauzionale, con una semplice lettera d’intenti e non con un memorandum.

Inoltre, l’intesa

[…] ribadisce la responsabilità esclusiva della Commissione nella valutazione complessiva della situazione economica dei paesi e della loro
posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita e della Procedura per gli squilibri macroeconomici.

In soldoni: la responsabilità resta in capo alla Commissione, ed il MES resta organo di consultazione tecnica, e non si occupa né del coordinamento delle politiche economiche né del monitoraggio post-programma. Il ruolo tecnico del MES si sostanzia nelle valutazioni sulla sostenibilità del debito del paese richiedente assistenza ed in quella sulla sua capacità di restituire gli aiuti. Senza automatismi di alcun genere.

E veniamo all’altro punto su cui gli italiani pare stiano cercando di negoziare la loro “vittoria” formale, visto che la revisione del trattato ha già visto il positivo intervento del nostro paese nel disinnesco di ogni forma di automatismo. Parliamo delle CACs, le clausole di azione collettiva. Quanti esoterismi, signora mia, e che mondo complesso per noi anime semplici.

Spiega il paziente Visco:

La riforma del Trattato prevede l’introduzione – a partire dal 2022 – di una modifica all’attuale disciplina delle clausole di azione collettiva che, nel caso in cui un paese decida di procedere alla ristrutturazione del debito, renderebbe sufficiente un’unica deliberazione dei possessori dei titoli pubblici al fine di modificare i termini e le condizioni di tutte le obbligazioni (cosiddette single limb CACs), anziché richiedere una doppia deliberazione (una per ciascuna emissione e una per l’insieme dei titoli; considerando n. 11 e art. 12.4); la modifica è volta a rendere più ordinata un’eventuale ristrutturazione del debito, riducendo i costi connessi con l’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua realizzazione. 

Io vorrei aggiungere che le cosiddette single limb CACs non servono a precipitare il dissesto di un paese ma a risolvere più in fretta la sua situazione, in presenza di accertata esigenza di ristrutturare. Passare dal dual al single limb serve ad evitare che alcuni orridi spekulatori tengano in ostaggio il paese oggetto di ristrutturazione, comprandosi blocchi di singole emissioni del suo debito e poi negoziando col ricatto il loro rimborso a carissimo prezzo, perché altrimenti la ristrutturazione non potrebbe avvenire. L’Argentina dovrebbe insegnare qualcosa, credo.

Visco conclude le osservazioni sul MES invitando a guardare la luna e non il ditoTrès vaste programme, in questa Italia somarista:

[…] vorrei sottolineare che un paese con un alto debito pubblico, soprattutto se il suo peso economico nell’area è elevato, deve innanzitutto porre in essere le condizioni per evitare di dover ricorrere all’ESM; come si acceda eventualmente ai suoi fondi non è irrilevante ma non dovrebbe essere il punto focale di attenzione. La strada maestra è quella di ridurre l’incidenza del debito sul prodotto mantenendo l’avanzo primario su livelli adeguati, innalzando la crescita economica, tenendo alta la fiducia e basso il costo medio del debito.

Riguardo alle risorse che la riforma assegnerebbe al Fondo di risoluzione unico delle banche europee, e che dovrebbe entrare pienamente in vigore dal 2024, come saprete per i somaristi italiani si tratterebbe di un meccanismo per far pagare all’Italia gli oneri di ristrutturazione delle banche tedesche e francesi (sic), minacciate (narra la leggenda) da fantastiliardi di titoli strutturati e tossici, brrrr.

Peccato che l’eventuale esborso del fondo di backstop in assorbimento delle perdite sia possibile solo dopo che è scattato comunque il bail-in, in misura pari ad almeno l’8% del passivo della banca risolta. Dopo che questo passaggio si è compiuto, il fondo di backstop potrà caricarsi sul groppone un massimo del 5% del passivo della banca in risoluzione.

Ve la faccio semplice, cari italiani: dormite tranquilli, quando verrà l’Apocalisse sulle banche tedesche e francesi, saranno cavoli amari per i contribuenti, i risparmiatori e gli investitori di quei paesi. Non c’è alcun “bancomat” italiano per salvare Deutsche Bank, anche se parte della nostra vigile stampa non ve lo ha ancora spiegato compiutamente. Voi nel frattempo preoccupatevi dei salvataggi bancari italiani con le vostre tasse.

Ultimo punto di questo spiegone di Visco, è quello relativo alla vexata quaestio dei limiti di concentrazione di titoli di stato domestici nel portafoglio delle banche, che per i tedeschi è condizione imprescindibile per procedere sulla strada dell’unione bancaria, mentre gli italiani hanno deciso che si tratta della linea del Piave.

Visco fa riferimento alla non-proposta del ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz. Ridurre progressivamente la concentrazione di titoli di stato domestici in pancia alle banche, in un arco di tempo esteso (5-7 anni, ad esempio), per l’eccedenza di una soglia che Scholz aveva identificato in un terzo del capitale CET1 di ogni banca.

La proposta di Scholz si basa su un sistema di griglie: eccedenza del debito domestico ma anche rating del paese interessato. Come sappiamo (lo sappiamo, vero?), in questo momento i tre paesi che sforano maggiormente la soglia indicata da Scholz (e puramente indicativa) sono Germania, Francia e Italia. Quest’ultima sarebbe la più penalizzata a causa del rating peggiore.

In questo post suggerivo che il nostro paese potesse avviare un negoziato con gli altri membri dell’Eurozona basandosi solo sull’eccedenza di titoli di stato e non anche sul rating. Ma leggete cosa propone Visco, grassetto mio:

In prospettiva limiti di concentrazione sui titoli pubblici detenuti dalle banche, non differenziati tra debitori sovrani e in ogni caso con una “franchigia” iniziale sufficientemente elevata, potrebbero anche essere presi in considerazione, ma solo se contestualmente l’area dell’euro deciderà di dotarsi del safe asset comune, senza il quale il processo di diversificazione dei portafogli delle banche non potrebbe, tra l’altro, svolgersi in modo ordinato. 

Che significa? Che Visco propone di ridurre le eccedenze escludendo il criterio del rating ma basandosi solo sui valori nominali dello stock di debito pubblico nazionale in pancia alle banche. Esattamente quello che ipotizzavo io, sia pure con robusto scetticismo.

Ma per arrivare a questa operazione di do ut des, Visco chiede la creazione di un safe asset europeo. Cioè di una sorta di Eurobond ma non creato a mezzo di trasferimenti dai creditori ai debitori. E lo chiede nei termini della creazione di una sorta di cartolarizzazione, dove i paesi contribuiscono porzioni di loro debito, garantendole con le proprie tasse. Come Gianluca Codagnone ed io abbiamo cercato di spiegare in questo video, questa cartolarizzazione finirebbe a scaricare sulla porzione di debito pubblico che resta fuori dalla contribuzione tutti i rischi del paese, aumentando la minaccia di destabilizzarlo. Quindi su questo punto non sono d’accordo col governatore Visco.

Ce l’avete fatta, siete arrivati a leggere sin qui, sono commosso! Eccovi allora la sintesi, per bullet point:

  • La revisione del trattato intergovernativo sul MES è già pressoché compiuta: ogni rischio di automatismo era già stato eliminato da tempo;
  • L’introduzione di single limb CACs non è un acceleratore della crisi ma uno strumento che evita di cadere ostaggio dei fondi speculativi internazionali e consente di ripartire prima e meglio al paese che disgraziatamente fosse costretto a ristrutturare il proprio debito;
  • Sul Fondo di backstop per la risoluzione di banche in crisi, gli italiani stiano tranquilli: ove mai dovesse essere azionato, sarà solo dopo che i creditori delle banche ed i paesi di provenienza delle stesse avranno già pagato a carissimo prezzo l’onere dell’intervento. Non c’è un bancomat italiano per Deutsche Bank, in sintesi:
  • Sulla concentrazione dei titoli di stato in portafoglio alle banche, Visco chiede di trattare sulla griglia singola degli stock e non su quella doppia che prevede anche il rating. Poco realistico? La politica è il regno del possibile;
  • Sulla creazione di un safe asset europeo, la proposta di Visco rischia di rivelarsi invece un acceleratore di crisi italiana, comprimendo lo stesso stock di rischio su un minore stock di debito pubblico.

Ed ora avanti, verso nuove sceneggiate italiane.

Foto: Pixabay




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