venerdì 29 marzo 2019 - Phastidio

Lira funesta, edizione turca

L’autocrate alla guida della TuchiaRecep Tayyip Erdogan, ci dà sempre molte soddisfazioni, appena si mette ad armeggiare con le leve dell’economia.

 Forse perché ci ricorda cosa accade quando si scorda che la realtà impone vincoli insuperabili, o forse per quel suo orientamento cosi fieramente sovrano e sovranista, da cui anche i nostri saltimbanchi vorrebbero prendere spunto, prima che la loro farsesca parabola si concluda tragicamente (per il nostro paese). Oggi parliamo del tentativo delle autorità turche di non far svalutare la lira, costi quel che costi. E costa moltissimo, in effetti.

Tutto è (ri)cominciato alla fine della scorsa settimana, quando le statistiche hanno evidenziato che il livello di riserve valutarie della banca centrale turca era diminuito a sorpresa. Ohibò, si dissero gli analisti, vuoi vedere che il governo sta cercando di impedire che il cambio scivoli, visto che domenica 31 si vota in molte importanti municipalità, e di conseguenza perde riserve valutarie per difenderlo?

Da questa notizia è conseguito un report di due analisti di JPMorgan, che vedevano potenziale per ulteriore deprezzamento della lira, suggerendone la vendita. Anche se non vi fosse stato questo report, che si limita a constatare una debolezza sfruttabile dai mercati, gli esiti sarebbero stati identici: pressione di vendita sulla lira. Erdogan ha quindi minacciato fuoco e fiamme contro questi cospiratori stranieri, che “manipolano” i mercati. Da lì all’intervento “ufficioso” delle autorità monetarie il passo è stato breve.

C’è una tecnicalità piuttosto arcana da spiegare, qui: se volete, la trovate in calce al post. Se invece vi fate bastare l’esito, le autorità monetarie turche avrebbero deciso di smettere di vendere lire agli operatori non residenti. I quali si sono quindi trovati incastrati nei loro trade, e costretti a ricorrere al mercato monetario per finanziare overnight le posizioni.

Questo ha fatto schizzare i rendimenti su questa scadenza, che ieri hanno superato il 1.300%. Poiché sui mercati monetari ed obbligazionari non esistono compartimenti stagni ma tutto si tiene, lo shock sui tassi si è propagato a tutta la struttura dei rendimenti, facendoli decollare. La borsa è franata, i credit default swap si sono impennati. Le conseguenze di questa sovrana levata d’ingegno verranno pesantemente pagate nei prossimi mesi da un paese che è già in recessione, dopo lo shock valutario della scorsa estate.

Ma ci sono anche conseguenze più ramificate e profonde: la Turchia è un paese che vive di debito estero, soprattutto in dollari ed euro. Questo accade quando si cresce ben oltre le proprie possibilità, e crea vistosi squilibri delle partite correnti. Per riequilibrare la situazione, le autorità dovranno uccidere la domanda interna, con una stretta fiscale e monetaria, e sta già avvenendo. Erdogan, che cerca disperatamente di mantenere la presa sul potere, sta tuttavia forzando le banche statali a prestare sempre di più, anche a tassi ben inferiori al costo della raccolta. Il paese rischia di trasformarsi in un gigantesco zombie.

Tutto il sistema bancario è assediato dalle sofferenze su prestiti in valuta forte, e presto questi nodi verranno al pettine, in modo dirompente. Non solo: nei prossimi 12 mesi scadranno debiti in valuta contratti da residenti turchi per un controvalore di circa 180 miliardi di dollari. Se pensate che questo sia debito contratto solo da chi ha entrate in dollari, fatevela passare.

Il crollo della lira causerà (sta causando) fallimenti a catena, e richieste di ristrutturazione di questi debiti. Questo debito privato finirà a trasmutare in debito pubblico (che oggi in Turchia è ancora modesto in rapporto al Pil), secondo una dinamica tristemente nota. La magnitudine di questo shock non dovrebbe essere tale da trasmettersi sui mercati globali, limitandosi a scavare voragini in Turchia, ma incrociamo le dita.

Due domande: come fa un paese così incravattato di debito estero a pensare di bullizzare i creditori internazionali e chiudere il proprio mercato valutario in funzione dei capricci del suo governo pro tempore? E perché tutto questo debito in valuta? Rispondere a questa seconda domanda è molto semplice. Quando si è integrati nei mercati internazionali dei capitali, se si fanno i compiti a casa si diventa appetibili per gli investitori globali, e si ricevono grandi flussi di denaro. Una maledizione, praticamente. O un severo test di serietà per la classe di governo.

Ma questo denaro non è regalato bensì prestato, sotto ogni aspetto. Incluso quello del mantenimento di accettabili condizioni di governo dell’economia. Se le cose cambiano, perché ci si è allargati troppo drogando la crescita a colpi di immobiliare e credito, si finisce schiavi dei creditori internazionali.

E sapete l’altra cosa? Si emette debito in valuta perché la moneta domestica non ha sufficiente credibilità per essere usata dagli investitori internazionali. La lira turca ha goduto per qualche tempo di questa credibilità, che poi è stata danneggiata delle misure di politica economica di Erdogan. Che si riducono alla solita: comprare consenso.

Pensateci, la prossima volta che qualche guitto tricolore vi parla dei benefici della moneta sovrana, e di quella turca in particolare. Perché non esistono pasti gratis, e la sovranità monetaria non esime da una dura disciplina di politica economica. Che poi, è disciplina di serietà: una materia prima sconosciuta a molti parassiti che stanno cercando di vendervi la Fontana di Trevi e che vi metteranno in catene col debito.

Nel frattempo, i residenti turchi votano col portafoglio, e stanno sempre più dollarizzando ed eurizzando i loro risparmi, in una deriva argentina che ovviamente aumenta la pressione al ribasso sulla lira. Maledetta realtà, unica sovrana.

Che fare, ora? Due cose molto semplici ed altrettanto dolorose: stretta fiscale e monetaria; con conseguente recessione profonda per riequilibrare il saldo delle partite correnti e fare affluire valuta. La resa dei conti è in corso: andrà molto peggio, prima di andare meglio.

P.S. Tutto inutile, come da attese: la discesa della lira è ripresa, dopo che questa mattina la banca centrale turca ha comunicato un nuovo pesante deflusso di valuta estera, verosimilmente bruciata per sostenere il cambio. Nelle prime tre settimane di marzo, sono state perse riserve per l’equivalente di 10 miliardi di dollari. Circa un terzo del totale, per dare la misura.

Riserve valutarie della Turchia

Perché il tasso overnight sulla lira turca è esploso?

Immaginate un investitore che abbia venduto a termine lire, diciamo per scadenza a un mese. In questo modo è possibile proteggersi da (o scommettere su) un deprezzamento del cambio, nel corso del periodo di vigenza dell’operazione. Il cambio a termine è determinato dal differenziale dei tassi tra la moneta venduta e quella di riferimento (dollari, euro o altro).

Immaginate ora che, durante la vita dell’operazione, il cambio a pronti si deprezzi fortemente, e che quindi l’investitore voglia chiudere l’operazione prima del tempo, prendendo profitto. Le stesse considerazioni valgono se l’operazione viene portata alla sua naturale scadenza. Per fare ciò, egli deve comprare lire.

Ora accade però che i tassi sulla lira turca sono esplosi, perché le banche locali rifiutano di vendere lire agli investitori. Si crea una drammatica penuria di lire. Di conseguenza, poiché il cambio a termine è dato dal differenziale dei rendimenti tra lira e la valuta usata in contropartita, il nostro investitore-speculatore scopre che chiudere l’operazione gli causerebbe una perdita anziché un profitto.

Ecco quindi che, per reperire le lire, l’investitore deve vendere altri (eventuali) suoi investimenti nella stessa valuta. Sempre che ne abbia. Il prezzo di tali investimenti, ad esempio in obbligazioni turche, scende. Il loro rendimento, di conseguenza, aumenta, e si trasmette all’economia sotto forma di stretta creditizia.

Piccola notazione tecnica aggiuntiva: vengono quindi pesantemente puniti anche gli investitori che possiedono lire turche spot, cioè quelli che invece il governo turco dovrebbe premiare.

In sintesi, credere che questo “embargo” di lire rappresenti una punizione per lo Straniero “usuraio” è pura fallacia, perché sarà il paese a prendere in faccia il rinculo dell’operazione. In termini di costo del denaro e fuga degli investitori esteri. Si chiama sudden stop, ha una ricca letteratura. Dateci un’occhiata, se vi avanza tempo.




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