Lettera di "minaccia" a Riina: la vera storia del depistaggio della Falange Armata
Una lettera di minacce indirizzata a Riina, firmata “Falange Armata”, è stata recapitata al carcere Opera di Milano dove il boss è rinchiuso al 41Bis. Secondo quanto si apprende da Repubblica , nella lettera pare che ci sarebbe scritto “Chiudi quella maledetta bocca, ricordati che i tuoi familiari sono liberi” e poi “Per il resto ci pensiamo noi, stai tranquillo!”. Ovviamente la lettera non è giunta al destinatario perché, come sanno anche i bambini, la posta recapitata al 41Bis viene sempre controllata ; ed è un elemento importante per capire il primo scopo della cosiddetta “Falange Armata”: il messaggio non è per Riina, ma per il mondo esterno che inevitabilmente passa attraverso i mass media e giornali.
Chiaro che la “minaccia” si riferisca al famoso sfogo di Riina durante il dialogo con Lorusso, suo compagno durante l’ora d’aria; e come ho già spiegato nell'articolo scorso riguardante il “Protocollo Farfalla” e l’utilizzo dei Servizi Segreti all'interno del brutale Sistema Penitenziario, non è del tutto chiaro lo scopo di quello sfogo e perché le autorità non hanno fatto in modo che le invettive di Riina non siano rimaste all’interno di quella tomba del 41Bis. E ancora, c’è poca chiarezza sull'effettivo ruolo di Lorusso: sia Violante che Favia (attuale vicepresidente della Commissione Antimafia) sospettano che sia un informatore dei Servizi.
Ma cos'è la “Falange Armata” e perché è riapparsa questa sigla?
Cominciamo col dire che è un’invenzione, una pura fantasia letteraria, perché ad oggi non è mai stata dimostrata l’esistenza di questo gruppo terrorista di estrema destra, e le inchieste di alcuni Magistrati portarono ad indagare (e rovinare l’esistenza di) persone poi risultate completamente estranee. Di questo gruppo conosciamo solo le sue lettere di rivendicazione che, sistematicamente, hanno avuto sempre funzioni di depistaggio: rivendicarono tutti gli attentati (compresi quelli mafiosi, dalla strage di Capaci fino agli attentati a Firenze e Roma), tutti gli omicidi, sequestri e intimidazioni. In sostanza hanno rivendicato tramite strumenti tecnologici allora all'avanguardia ogni azione del terrore, fino ad intimidire il cuore delle Istituzioni.
Ma insisto nel fare riferimento al mio articolo precedente sul “Protocollo Farfalla” e i colloqui di Riina perché, ancora una volta, c’è un legame prepotente con il sistema carcerario. La Falange Armata “nasce” nei primi anni del 1990 come “Falange Armata Penitenziaria” e le prime rivendicazioni fanno ben intendere che conoscevano molto bene, e al di dentro, le realtà carcerarie: inutile ribadire che la “farfalla” volteggiava all'interno dei penitenziari da tempi immemori e "ascoltava" i colloqui di detenuti "speciali". La Falange Armata nacque nel '90 e si fece "notare" per ben 4 anni , concludendo poi nel '94 con questo messaggio finale:
“Il nostro progetto è stato portato avanti nella convinzione dell’amor di Patria. Per questo ognuno di noi non cesserà mai di essere operativo. Riferendoci a schemi di politica macchiavellana (povero Machiavelli, Ndr) abbiamo constatato le nostre certezze. Gli eventi da noi provocati secondo un preciso schema sono stati recepiti sia dalla politica che dal nostro popolo. La nostra propaganda adesso è ferma e non cercheremo in nessun modo di influenzare le prossime votazioni. Convinti che il popolo sia sovrano le sue scelte sono sacre, agiremo con i nostri mezzi affinchè questa volontà sia rispettata nel cambiamento. Se il cambiamento ci sarà, e pensiamo in meglio, questo dovrà esserlo anche per noi. La nostra ultima operazione nel nostro codice è quasi terminata nel raggiungimento dei nostri obiettivi. Quindi per questo ed altri motivi politici abbiamo deciso di sospendere il nostro progetto a tempo indeterminato in attesa di eventi. Convinti della gratitudine e comprensione del lavoro svolto da parte del nostro popolo e di noi stessi, auguriamo al popolo italiano un sereno futuro.”
Il messaggio è chiaro e si comprende che queste rivendicazioni nascono e si concludono con la fine della crisi istituzionale. Ma è necessario far comprendere l’invenzione, e la strategia di depistaggio, di questa formazione accennando a tre storie particolari.
La prima riguarda la vicenda della Uno Bianca, sempre tra gli anni '90-'94. Un impressionante numero di rapine (almeno 90), estorsioni e raid contro le comunità nomadi ed extracomunitari, attentanti contro le forze dell’ordine lasciando una scia di sangue: 24 morti e 104 feriti. Sorprendente il comportamento della Magistratura locale che per anni insegue false piste e condanna ben 55 innocenti. Molte azioni della Uno Bianca furono rivendicate sempre dalla fantomatica Falange Armata: poi si appurò che i componenti della banda sanguinaria erano cinque poliziotti della questura di Bologna.
La seconda storia riguarda Cosimo Zaccaro, un furbacchione che riuscì a diventare informatore dei Servizi Segreti appartenenti alla Guardia di Finanza e li abbindolò (ovviamente facendosi pagare) passando informazioni sul complotto ordito dalla Falange Armata e gli attentati che avevano in mente di progettare. Arrivò perfino a progettare un finto attentato dinamitardo al Palazzo di Giustizia per far credere che fosse opera della Falange: fu condannato a 9 anni per aver venduto false informazioni all’unità speciale della Guardia di Finanza.
La terza storia riguarda l’ennesima brutta pagina della Giustizia. Carmelo Scalone, un'ex guardia carceraria, aveva passato tre anni della sua vita a difendersi dalle minacce della Falange Armata e, ironia della sorte, a difendersi dal Magistrato Saviotti che per vent'anni lo ha accusato di farne parte: il procedimento in cui era coinvolto l'operatore penitenziario si riferiva al periodo compreso tra il 1990 e il 1993, quando la Falange Armata rivendicò numerosi attentati e rivolse minacce, tra i tanti, all'allora Presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a Silvio Berlusconi, a giornalisti e imprenditori. Nel processo prese parte civile persino l’allora Presidente della Repubblica: Scalone venne condannato in primo grado a tre anni di reclusione, e in secondo grado, poi riconfermato dalla Cassazione, fu prosciolto. Ora è un uomo malato di 75 anni e con l’esistenza dilaniata.
Tre storie che rendono bene l’idea che cosa sia questo finto gruppo terroristico creato ad arte da una parte dei Servizi Segreti che ha uno scopo prettamente eversivo. In momenti storici delicati svolgeva una funzione di depistaggio e nello stesso tempo, attraverso l'opera di terrore che monopolizzava i mass media, otteneva più sicurezza, più repressione e più giustizialismo: esattamente come i famosi "gruppi di salute pubblica” nati in Spagna durante la dittatura “falangista” di Francisco Franco e importati qui in Italia attraverso il golpista Valerio Borghese.
La Falange Armata è riapparsa proprio in questo periodo particolare, e avendo compreso che il suo ruolo sia sempre di depistaggio, la lettera non fa altro che rafforzare l’architettura processuale della Procura di Palermo: i titolari dell’inchiesta forse sono, anche loro, vittime inconsapevoli di questa enorme macchinazione che allontana anni luce la verità e si fa il gioco di chi , all'interno dello Stato, gradirebbe una svolta poliziesca-giudiziaria repressiva di questo Paese.
In tutto questo clima auguro "in bocca al lupo" all'attuale Ministro della Giustizia Andrea Orlando: confido nel coraggio delle sue idee (qualche tempo fa si era espresso per l'abolizione dell'ergastolo e l'alleggerimento del 41Bis) e auspico che non si faccia condizionare da questo clima del sospetto e ferocemente, ancora una volta, giustizialista. Ne vale della nostra fragile democrazia.