lunedì 17 luglio 2023 - Giuseppe Aragno

Lettera a Lucilio dopo un lungo silenzio

Dopo un lungo silenzio, Lucilio, mi giungono, come richieste d’aiuto, dubbi che rendono quasi tremante la tua scrittura. Tanto possono l’incertezza e il dolore che proviamo quando siamo circondati da mille persone, ma ci sentiamo terribilmente soli.

Perché questo accade – mi chiedi – proprio quando sentiamo che da soli siamo deboli e proviamo a metterci insieme, compagne e compagni, temendo la tirannia che incombe? Perché riconosciamo la necessità di unirci, ne discutiamo di continuo, ma non riusciamo a farlo?

Non ho una risposta, Lucilio, eppure persino dalle idee confuse può nascere una riflessione. La situazione, mi dici, è pericolosa ed evolve, ma non c’è alcuna certezza che la minaccia diventi realtà. Ecco un indizio. Forse questa provvisorietà del rischio, questo dubbio che non cancella la speranza di non cadere pesa su tutti noi. E tuttavia, se così fosse, trascureremmo un dato di fatto che a me pare evidente: forse non cadremo, però vacilliamo. E dimmi allora: si può essere tranquilli vacillando?

Questa provvisorietà del rischio, questo dubbio che non cancella la speranza di non cadere è comunque una condanna: vivere vacillando per un tempo indefinito. Non sarebbe meglio sottrarci a questa feroce condizione? Sì, Sarebbe certamente meglio.

Chiediamoci allora perché non lo facciamo. Domandiamoci se per caso, dietro la nostra incertezza, non ci sia una preoccupazione che non ci confessiamo: che fine farebbero le nostre differenti idee della libertà se – metti il caso – conoscendoci meglio, raccontandoci di noi e delle nostre storie, ci riconoscessimo reciprocamente, ci accorgessimo che siamo già uniti per un’affinità, una vicinanza umana prima ancora che politica? Quanti problemi inesistenti si risolverebbero d’incanto? E non sarebbe forse ciò che tutti noi segretamente desideriamo, uomini, donne o cos’altro siamo?

Non lo si fa, mi dici. E a me sorge un dubbio. Non può essere che non lo facciamo perché unirsi è mille volte più complicato, che non spaccare il capello, sospettarsi, volersi sospettare. In definitiva chiudersi nel bozzolo tranquillo delle nostre sicurezze.

Che follia è mai questa? mi dirai. Mettiamo a rischio la nostra libertà, perché non vogliamo rinunciare al nostro individualismo, all’amore che ognuno ha del suo modo di sentirsi libero? Non lo so, ma pensaci. Nonostante voi vi incontriate per cambiare le cose e qualche volta vi sentiate persino rivoluzionari, ciò che prevale è proprio la paura del cambiamento. Le identità ci rassicurano, Lucilio. E la storia ci presenta innumerevoli casi di servitù nate dall’incapacità dei singoli di ragionare per il bene di tutti, che quasi mai coincide perfettamente per il bene di ognuno.

Attenderò le tue riflessioni, Lucilio, ma tienilo a mente: non abbiamo mai davanti un tempo illimitato.

Giuseppe Aragno




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