lunedì 16 settembre 2013 - paolo

Legge Severino: il Pdl, suo malgrado

Nella baraonda di tentativi dilatori spunta la quarta "pregiudiziale" per evitare il voto del 18 settembre che, con ogni probabilità, segnerà la fine istituzionale di Silvio Berlusconi.

Insomma questo gattopardesco paese sembra non poter o non voler uscire dalla sua condizione di paese moralmente ed eticamente infettato dal virus del compromesso, della via di mezzo, della doppiezza. Per la serie non c'è limite alla vergogna, spunta la quarta "pregiudiziale" per "sospetta incostituzionalità” della legge Severino. Come dire che una pregiudiziale al giorno toglie il medico di torno. Siamo al delirio.

Lucio Malan (Pdl), membro della Giunta del Senato, in aggiunta alle tre pregiudiziali introdotte nella relazione del senatore Claudio Augello (Pdl) che verrà complessivamente sottoposta a giudizio il 18 settembre, per la serie le tento tutte, ma proprio tutte, ne confeziona una quarta.

Eccola: "La misura che stabilisce la decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore, ancorché di presunta natura amministrativa, avrebbe tuttavia un chiaro valore penale in quanto misura afflittiva come il carcere”.

Insomma l'arzigogolo puro e semplice per dilazionare i tempi, tirarla per le lunghe e vedere se nel frattempo capita qualcosa che somigli ad una scappatoia per l'illustre delinquente.

Ma facciamo un passo indietro per capire come questi buontemponi del diritto sono potuti cadere su una legge, la Severino appunto, che appare chiara e limpida anche al buon senso dell'uomo della strada. Verso la fine del 2012 Angelino Alfano, protosegretario del Pdl, dichiarò con il sorriso smagliante della sicumera, che "Silvio Berlusconi non poteva essere riconosciuto colpevole da nessun tribunale italiano" , sottintendendo ovviamente in quanto innocente. Sulla base di questa incrollabile convinzione tutto il Pdl si avviò a votare con l'entusiasmo del buon legiferante, per una volta al servizio di tutti i cittadini, la legge Severino (votata praticamente all'unanimità dal Parlamento).

Allora nessuno, dicasi nessuno, sollevò la minima obiezione o dubbi di carattere costituzionale, né tanto meno in merito alla sua applicabilità; non solo ma sulla bocca dei vari Gasparri, Cicchitto, Santanché, Bondi ecc..., venne ribadito il messaggio mediatico, a tutto tondo, che il primo a volere questa legge (inserita nel quadro del dispositivo anticorruzione) era stato proprio l'ex Cavaliere di Arcore. Era ovviamente una balla bella e buona, ma che serviva per le elezioni a venire.

Alla luce dei fatti di oggi si capisce quindi che i pidiellini non ritenevano possibile che nelle more della legge Severino potesse cadere proprio il loro gran capo di Arcore, ritenuto comunque immune od immunizzabile da ogni assalto dei magistrati. I tapini non potevano allora prevedere il terremoto politico che sarebbe scoppiato con le elezioni di febbraio 2013, dove una vittoria di proporzioni inattese come quella del M5S di Beppe Grillo e la contestuale caduta di consensi di Pd e del Pdl, avrebbe rivoluzionato il Parlamento, mettendo Silvio in una probabile e forte minoranza politica.

Ecco quindi perché si sta scatenando il putiferio di questi giorni, sia nella Giunta del Senato chiamata ad applicare la legge, sia sulle sorti del governo Letta, reo, a detta dei pasdaran pidiellini, di non aiutare Silvio ad uscire dal cul de sac in cui si è cacciato.

E le stanno provando tutte, non c'è che dire, proprio davanti ad una opinione pubblica mondiale che assiste sbigottita alle contorsioni del presunto "paese del diritto", ovvero quello che ha la "più bella Costituzione del mondo". Sentite la senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati (Pdl), avvocato (tanto per cambiare) e membro della Commissione Giustizia, nella prima puntata di OTTO E MEZZO (LA 7) , in un vivace scambio serale di opinioni con Marco Travaglio: " … quando si commette un reato bisogna sapere a quali conseguenze si va incontro, è un principio universale di civiltà giuridica".

In sostanza è il nocciolo attorno al quale ruota il principio della pretesa "non retroattività " della legge Severino, in quanto, sentite la signora : "I reati Silvio li avrebbe (?- li ha ) commessi prima dell'entrata in vigore della legge". Questo è l'attuale refrain del Pdl, sulla base del quale ci stanno ridicolizzando davanti a tutto il mondo con amenità che, oltre a spiattellare in casa nostra (e questo non sarebbe una novità) mandano pure in giro per il mondo in cerca di una sponda che, ovviamente, non troveranno mai.

Insomma il meschino Silvio Berlusconi allora non poteva sapere che, se beccato a frodare oltre trecento milioni di euro di imposte, dei quali soltanto 7,3 sfuggiti per una svista al suo "lodo ad personam", ma sufficienti per una condanna penale a 4 anni di carcere, poteva essere ritenuto indegno di continuare a fare il senatore, con l'aspirazione legittima di diventare poi magari anche Presidente della Repubblica. Perché giustamente non ci deve essere limite all'ambizione dell'uomo.

Questo è il paese in cui viviamo, questo è il degrado civile a cui siamo arrivati con una parabola di decadenza etico-morale che ancora, temo, non abbia ancora espresso il suo punto finale di caduta. Non basta la legge ordinaria per dire che un delinquente deve essere allontanato dalle istituzioni, ci vuole una legge ad hoc (Severino), sulla quale poi deve esprimere un parere una Giunta parlamentare, la quale poi verrà sottoposta al giudizio della Camera di appartenenza.

Una follia bella e buona che dà la completa misura di come in questo paese siano stati aperti tutti i paracadute possibili per non fare pulizia nelle istituzioni, per lasciare in Parlamento una schiumaccia di personaggi che, in qualunque altro paese civile, non avrebbero accesso ad un Rotary Club o ad una bocciofila che si rispetti. Provate a spiegarlo ad un cittadino del mondo civile e vediamo se vi credono, almeno fino a quando non rivelate di essere italiani.

Morale: stante lo scontato pollice verso ed improbabile salvataggio da parte del M5S (a meno di disegni diabolici sui quali anch'io mi sono speso), che a regola se potesse lo inchioderebbe sulla croce come Barabba, stante l'inconsapevole fortuna capitata all'inciucesco PD, che trova una sponda insperata a cui appoggiarsi per far fuori il nemico di sempre, con il quale ha dovuto e deve, "obtorto collo", condividere un percorso di "larghe intese" (satirico eufemismo), è evidente che a far fuori "politicamente" Silvio Berlusconi sono stati proprio i suoi affezionati e devoti, nonché riconoscenti, ma storditi ed improvvidi affiliati di partito.

Ecco perché Silvio lo danno caduto in uno stato di profonda depressione, non riesce a capacitarsi di come abbia potuto affidarsi a babbei di tal fatta. Ma chi è causa del suo mal pianga se stesso. Se invece di infilare in Parlamento gente scelta sulla base della supina "fedeltà al capo", si fosse preoccupato della qualità delle persone probabilmente avrebbe evitato la fine che lo attende, non fosse altro perché avrebbe evitato i cattivi consigli della Santanché di turno.

Sia ben chiaro che la storia politica e personale di Silvio Berlusconi, denudato del suo anello di immunità, si chiuderà per via giudiziaria quando arriveranno le altre sentenze che lo attendono, ma è indubbio che a "castrarlo politicamente" è stata proprio la sua pattuglia di fedeli servitori.

Quando si dice ironia della sorte!

Foto: Wikimedia




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